Qualche giorno fa la scena più o meno è stata questa: una giornata di lavoro stressante, le console che non volevano farmi giocare perché qualsiasi disco inserivo avevano mille giga di aggiornamento, la voglia di vivere sotto zero e quella di scrivere articoli che avevo in sospeso ancora meno, finché non apro una mail: “È arrivato il codice di Lantern”. All’inizio la reazione è stata “Perfetto, come se non avessi già abbastanza cose da fare”, ma una volta avviato il gioco… la pace. Avevo già sentito parlare molto di Lantern e l’avevo anche visto al GameRome della settimana scorsa, ma senza provarlo personalmente. I pareri che ho sentito tuttavia erano piuttosto contrastanti, ma tutti erano concordi su un aspetto: il relax che si prova giocando. E avevano ragione.
Ma cosa è esattamente Lantern? Potremmo definirlo come una “esperienza” esattamente come Journey o Flower, titoli che in passato (ma non solo loro) hanno acceso discussioni interessanti: possiamo parlare per giorni se sia giusto o meno definirli dei veri e propri videogiochi, e sia i sostenitori che i detrattori avrebbero entrambi delle valide argomentazioni, ma nessuna prevale sull’altra. Vi anticipo quindi subito che Lantern è un titolo che si ama o si odia, non esistono vie di mezzo… e personalmente l’ho amato. Ma partiamo dal principio, ovvero la storia: in una terra orientale, una principessa triste rende tutto il suo regno grigio e spento con le sue lacrime, finché un pescatore non libera una lanterna con il kanji AI (“amore” in giapponese) in volo. Noi impersoniamo proprio quella lanterna, e la nostra missione è quella di diffondere l’amore e la vita nel regno e rendere nuovamente felice la principessa.
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Non ci sono nemici con cui combattere, ostacoli da superare o enigmi da risolvere.
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L’incipit narrativo è molto fiabesco e semplice, esattamente come il gioco stesso. Una volta preso il controllo della lanterna il nostro unico scopo sarà volare ed esplorare lo scenario, che al nostro passaggio ritroverà i colori rianimandosi. Non ci sono nemici con cui combattere, ostacoli da superare o enigmi da risolvere, l’unica “sfida” è ricolorare completamente l’area accendendo tutte le altre lanterne sparse nei centri abitati, oppure scoprire delle particolari pietre grazie alle quali potremo tradurre dei messaggi scritti in una lingua sconosciuta in alcuni templi. Fine. Oltre al normale movimento tramite la pressione dei due grilletti del pad possiamo o accelerare per alcuni secondi oppure effettuare una “esplosione” che colora una vasta sezione intorno a noi.
Sono presenti quattro scenari ambientati nelle quattro stagioni dell’anno (Primavera, Estate, Autunno e Inverno), ognuna con colori tipici resi alla perfezione dalla direzione artistica. Come accennato Lantern è un titolo che fa della semplicità il suo punto forte, e questa si riflette anche sul comparto tecnico. Il gioco presenta infatti una grafica low poly estremamente minimale, ma riesce comunque a generare un colpo d’occhio sempre gradevole e suggestivo. Anche i brevi filmati sono realizzati con disegni con solo un accenno di animazione, e sono completamente assenti testi o dialoghi. Lantern riesce tuttavia a trasmettere il suo messaggio ed emozioni solo grazie alla poesia visiva e soprattutto uditiva: una menzione d’onore va fatta al comparto audio, con musiche calme, rilassate e dai toni tipicamente orientali che fanno immediatamente pensare alla filosofia zen.
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Lasciarsi trasportare dalle emozioni della musica esattamente come la lanterna si fa trasportare dal vento è il picco massimo che raggiunge il gioco, che con la realtà virtuale sblocca il suo pieno potenziale.
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Lantern inoltre è compatibile con i visori VR, e indossando il mio Oculus Rift la situazione è cambiata non poco: volare per gli scenari e vedere il mondo colorarsi e riprendere vita intorno a me è un’esperienza unica. Immergersi completamente in questo mondo quasi onirico e lasciarsi trasportare dalle emozioni della musica esattamente come la lanterna si fa trasportare dal vento è il picco massimo che raggiunge il gioco, che con la realtà virtuale sblocca il suo pieno potenziale. Trattandosi di un titolo in terza persona inoltre non ho avuto grandi problemi con la motion sickness, anche se ogni tanto quando si accelera o si cambia bruscamente direzione la telecamera fatica a tenere il passo, causandomi qualche giramento di testa… ma in linea generale nulla di insopportabile.
In conclusione Lantern è un titolo piuttosto atipico e che sicuramente dividerà la critica e il pubblico. Inutile girarci intorno, da “giocare” nel senso stretto del termine c’è ben poco, sia il gameplay che la narrazione sono ridotte all’osso. Merita quindi la bocciatura? Assolutamente no, semplicemente perché Lantern è pensato appositamente per far rilassare e provare un’esperienza diversa, e ci riesce maledettamente bene. Il team italiano di Storm in a Teacup dopo il successo di N.E.R.O. ci regala un’altra piccola perla, e anche se siamo sicuri delle critiche che i “puristi” del gameplay muoveranno verso il titolo noi non possiamo che fare i complimenti agli sviluppatori per il lavoro svolto. Consiglio quindi a tutti di provarlo, specialmente se possedete un visore di realtà virtuale: in un mercato dove ogni gioco cerca sempre l’azione sfrenata, esplosioni e adrenalina (che per carità sono il primo a cui piacciono) Lantern si pone come un’alternativa per spezzare il ritmo e ritrovare qualche attimo di pace… inoltre il costo è veramente irrisorio (6,99 euro su Steam), per cui non avete davvero scuse per non dargli un’occasione.