Recensione Coco

Ieri, 28 dicembre, è finalmente uscito in tutte le sale cinematografiche italiane il nuovo film d’animazione distribuito da Walt Disney e prodotto da Pixar Animation Studios: Coco. Noi di VMAG ci siamo recati in uno dei tanti cinema sparsi per Roma, e, con concentrazione e trasporto, abbiamo cercato di assimilare il più possibile dalla pellicola che ci siamo trovati di fronte; adesso è il momento di descrivere a tutti voi, cari lettori, l’essenza del lungometraggio e farlo non sarà di certo facile, ma ci proveremo. Tenteremo di catapultarvi in un quel turbinio di emozioni che ha travolto anche noi: già, perché Coco non è un semplice “cartone”, come in genere l’opinione pubblica potrebbe banalmente definire, bensì un vero e proprio film, che questa volta, come nel caso di Inside Out o Zootropolis, tratta tematiche difficili da comprendere da un target che si limita ad un’età massima di dieci anni, . Con Coco scoprirete il reale valore del termine “famiglia”, così come solo la cultura messicana può intenderla, in cui la musica si trova ad essere il cemento della stessa. Allora, siete pronti a fare il vostro ingresso nella terra dei morti? Se siete curiosi di conoscere 10 curiosità su Coco, non perdetevi il nostro speciale, così da godervi l’opera con occhi diversi.


Il nuovo prodotto targato Disney-Pixar, diretto da Lee Unkrich, tratta le vicende della famiglia messicana Rivera, segnata da anni da un evento che per generazioni ha bandito la musica all’interno del nucleo familiare, imponendo nient’altro che il compito di portare avanti gli interessi dell’azienda di calzature di famiglia. Il paradosso, però, è che a Santa Cecilia, paesino del Messico in cui la storia prende luogo, gli abitanti vivono di musica e ciò non può che attirare l’attenzione di Miguel, il bambino protagonista del film, che sarà pronto a ribellarsi contro le misteriose imposizioni dei suoi parenti; perché al di là dell’amore per i propri cari, Miguel sa che la musica scorre nelle sue vene. Egli sceglierà quindi di seguire il consiglio del proprio idolo, Ernesto de la Cruz, sulla cui statua commemorativa sono riportate le parole: “Cogli l’attimo.”, e di partecipare alla gara per musicisti a Piazza Santa Cecilia, durante il Dia de los Muertos: nel corso di questa serata tutto cambierà, poiché Miguel conoscerà un mondo tutto nuovo, e soprattutto capirà il vero significato di famiglia, scoprendo il segreto che in realtà si cela dietro al rifiuto dei propri consanguinei per la musica.

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Coco ci offre una lettura del giorno dei morti in una chiave che è comunemente poco diffusa.

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Le vicende della pellicola si dipaneranno nel corso della notte del Dia de los Muertos, giorno in cui i defunti tornano a trovare i propri cari: attraversare il ponte che separa il mondo dei vivi dal mondo dei morti non è però così facile. È necessario, infatti, che la foto della persona scomparsa venga esposta sull’apposita ofrendas (altarino commemorativo), in modo tale che i morti possano percorrere la strada di ritorno verso casa. A tal proposito, abbiamo ritenuto davvero intuitiva la scelta di creare dei veri e propri ponti di petali per separare il mondo reale e il mondo dell’aldilà, in quanto il petalo stesso indica la strada che conduce a casa e al tempo stesso l’elemento che impedisce di percorrerla a chi, purtroppo, è stato dimenticato. Coco ci offre una lettura del giorno dei morti in una chiave che nella nostra nazione nello specifico è comunemente poco diffusa. Non a caso la scelta degli autori ricade su una tradizione come quella messicana, la quale mette sotto una luce diversa l’importanza dei legami affettivi, elevandoli in modo decisamente significativo e riuscendo a trasmetterli allo spettatore in sala.

Miguel e il suo simpatico amico Hector nella terra dei morti.

Se nel corso della prima parte il film risulterà lento e apparirà restio dal prendere il via, non vi allarmate, poiché il meglio dovrà ancora arrivare. Di certo, nonostante una buona fetta iniziale dello spettacolo sia necessaria per permettere al pubblico di comprendere i retroscena e le vicissitudini della famiglia Rivera, ciò non toglie che un ritmo più sostenuto del lungometraggio sarebbe stato ben più apprezzato. Ciò nonostante, il prodotto Pixar racconta una storia diversa (da anni ormai si è abbandonato l’arcaico tema dedicato a principi e principesse), ricca di emozioni e, come inusuale nelle opere cinematografiche disneyane, di colpi di scena. Difatti, una volta entrati nel mondo dei morti gli eventi prenderanno una piega del tutto diversa da ciò che ci si era aspettati, concedendo alla platea di abbandonarsi a un crescendo di curiosità e di coinvolgimento, per lo più emotivo, che metteranno a dura prova la vostra compostezza e la vostra capacità di trattenere le lacrime. Preparatevi, infatti, a rimanere catturati e a ritrovarvi immersi in questa storia prima che ve ne rendiate conto, grazie ai temi che vengono trattati, familiari ad ognuno di noi, e alla semplicità, ma allo stesso tempo grande maturità, con cui ci vengono presentati, e soprattutto alla dolcezza di Mama Coco, personaggio che sarete ben felici di scoprire. Naturalmente non mancheranno risate e leggerezza, come è giusto che sia per una produzione che abbraccerà un pubblico di diverse età.

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Prima che ve ne rendiate conto vi ritroverete immersi in questa storia.

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Ad accompagnarvi per tutta la durata del film vi saranno canzoni dalla musicalità tipica messicana, caratterizzate dal classico “strimpellamento” di chitarra; questa volta, però, la scelta dell’inserimento di tali musiche è stata molto più ponderata rispetto ad altre pellicole (Frozen, ad esempio, più vicina ad un musical), in quanto avranno la funzione di trasmettere l’amore per la musica di Miguel e arricchire alcune scene, come sempre accade nei prodotti Disney. Rimarrà sicuramente impresso il brano “Ricordami”, scritto dagli stessi autori di “Let it Go”, il quale, seppur breve, sarà un piacere da ascoltare (nella sua versione estesa è cantata da Michele Bravi). Per quanto riguarda l’aspetto grafico della pellicola, non ci saremmo potuti aspettare di meglio da due colossi quali Disney e Pixar: dalla rappresentazione del mondo dei vivi, realistica, caratterizzata da colori caldi per le terre del Messico, a quella del mondo dei morti, colma di dettagli e di panorami mozzafiato che da soli fanno fede al duro lavoro dei sette lunghi anni di sviluppo della produzione. Ciò che più colpisce l’occhio è la vividezza dei toni, delle tinte, delle nuance che danno vita ad ogni petalo, vestito o luogo presente all’interno dell’opera cinematografica. Davvero incredibile, inoltre, la personificazione dei morti, presentati naturalmente con l’aspetto di scheletri, le cui espressioni e movenze ci faranno dimenticare che sono differenti dai personaggi in carne ed ossa.

In conclusione, Coco è un lungometraggio che presenta il giusto equilibrio tra semplicità e profondità, per quanto riguarda le tematiche trattate. Nonostante in un primo momento farete fatica a rimanere completamente catturati dal film, in seguito vi renderete conto che qualcosa dentro vi lascerà. La resa grafica e le musiche coinvolgenti vi conquisteranno, senza contare che la presenza di colpi di scena cambierà totalmente l’entità del prodotto, i cui contenuti acquisteranno nuovo e inaspettato valore: imparerete a conoscere i personaggi, affezionandovi ad essi e scoprirete anche voi il vero significato degli affetti familiari. Il tutto, grazie ad un parallelismo e una costante connessione tra vivi e morti, tra ciò che c’è e ciò che è andato, che trova il suo collante in un elemento tanto potente quanto comune, come la musica.

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