Cinque è il numero magico! Il 5 novembre 2015 è il tanto atteso giorno in cui potremo finalmente giocare a Need for Speed, una sorta di reboot (anche se personalmente non lo definirei in questo modo) per una serie che tra tante varianti, sperimentazioni, cambi di direzione e di stile aveva perso la bussola presentandosi con titoli che mai ci hanno divertito tanto da diventare pietre miliari ed essere amati come una volta.
Come il mai dimenticato Underground 2, ad esempio. Ho nominato quello giusto, vero?
Ad eccezion fatta per i due Shift, che con gli Slightly Mad Studios avevano garantito un’esperienza simulativa solida e divertente, gli altri (sotto)titoli come Carbon, Rivals, Most Wanted, The Run e anche il tanto acclamato Hot Pursuit si erano sempre persi in sbavature di design che ne limitavano la profondità in uno degli aspetti cruciali per noi fan, ovvero personalizzazione, sensazione di velocità e sfida offerta. Siamo però alla svolta. Electronic Arts ha cambiato le carte in tavola sin dalla radice dello sviluppo, dirottando gran parte di Criterion verso i nuovi Ghost Games con l’intenzione, così ci hanno detto gli sviluppatori alla Gamescom, di analizzare le vecchie produzioni e capire cosa fosse andato storto e cosa invece per il verso giusto. Il risultato è il numero magico suddetto: cinque anime racchiuse in un solo racing game.
Da grande appassionato della serie sono rimasto davvero soddisfatto della direzione intrapresa dai Ghost, che hanno posto la domanda giusta all’inizio dei lavori, ovvero che tipo di gioco di corse sia Need for Speed. Le cinque anime riproporranno infatti ciò che ha rappresentato la serie per noi in passato: un gioco aggressivo dove il tuning, la sfida su strada, il rispetto guadagnato e il bisogno di velocità valgono tutto. Cinque sono quindi le figure reali che incarneranno tutto ciò: Ken Block, il folle della Gymkhana, Moroshi-san, pilota fuorilegge, Akira Nakai, re del tuning, i Risky Devil, crew underground di Chicago e Magnus Walker, capace di trasformare qualsiasi trabiccolo in un bolide da competizione. Come in una grossa produzione cinematografica americana, i cinque giocheranno la parte di idoli e mentori a Ventura Bay, la Los Angeles di fantasia dove avrà luogo il nostro ingresso nelle corse clandestine per dominare la strada e vincere contro tutti. La città è grande e ci vorranno circa 25 minuti per attraversarla tutta da un estremo all’altro, mi hanno confermato gli sviluppatori. Ogni zona della città avrà ovviamente diverse caratteristiche, tra i ricchi palazzi centrali fino alle fabbriche della periferia, il tutto realizzato magnificentemente grazie al Frostbite 3, ormai davvero diffuso in quasi tutte le produzioni EA. Torna il free roaming e le sfide di diverso tipo dislocate in giro per le strade da cercare e affrontare per guadagnare soldi e reputazione, i due valori fondamentali per accedere a auto e parti sempre più potenti e sfide di livello sempre più alto. Come Underground? Decisamente.
Come un film ho detto, ed infatti le scene di intermezzo giocheranno un ruolo fondamentale per vivere la storia di Need for Speed, realizzate in un misto di Live Action e Computer Grafica e di grande impatto, capaci di fomentarci al punto giusto per affrontare la prossima sfida con il giusto livello di adrenalina e tensione.
Devo dire che dopo quanto visto alla presentazione da parte degli sviluppatori, che hanno mostrato una gara di derapate giù per le Hills, la parte alta e ricca di Ventura Bay, sono uscito con gli occhi sgranati e con viva speranza che la serie avrà un nuovo punto di riferimento per il futuro. La città è ben realizzata tecnicamente, vedremo in recensione se i tanti kilometri percorribili siano stati ben progettati per le corse o sprecati. Interessante anche l’online, ancora non approfondito, utile per creare una nostra crew (ma nessun dettaglio è stato svelato), e in cui anche gli screenshot avranno valore e saranno utili per acquisire soldi e reputazione attraverso i voti degli altri piloti. Il tuning delle vetture mi ha davvero ben impressionato, con praticamente ogni aspetto della vettura può essere modificato e in molteplici sotto-dettagli, e diversi approcci alla personalizzazione, da quella pezzo per pezzo a interi bodykit applicabili per un risultato più veloce. Quello che mi spaventa è il modello di guida, e neanche provandolo sono riuscito a dissipare i dubbi.
La modalità che provo è un multiplayer a cinque giocatori, tutti presenti nella stessa area di Ventura Bay della demo, ma che non posso affrontare nella stessa gara. Dopo aver personalizzato la mia Mustang, ma solo a livello estetico e con molti parametri bloccati, scendo in pista dove posso scegliere se girare liberamente e guadagnare reputazione con eventi “casuali” come alzare il record della massima velocità raggiunta o partecipare a una gara organizzata, fermandomi sul segnale luminoso che la indica. Dopo un paio di giri per apprezzare la grafica e i dettagli delle vetture, ottimi ma ancora grezzi essendo in versione alpha, entro in una gara da punto a punto. Il modello di guida mi lascia ancora perplesso. La pesantezza dell’auto è avvertibile ma non quanto vorrei, e la reattività in curva è alta, in una sensazione “arcade” forse eccessiva. Ci sta, penso, essendo ispirato ad Underground, ma la derapata proprio no. Usando il freno a mano si entra in una sorta di powerslide più che in una sgommata vera e propria, con un movimento di lato troppo irrealistico per un automobile, neanche fossimo in Mario Kart. Senza giri di parole è questo il principale problema di gameplay da risolvere per Need for Speed, e spero proprio che i ragazzi di Ghost siano già all’opera. Ottima invece la sensazione di velocità , che probabilmente migliorerà ancora fino a novembre, e l’utilizzo del NOS, che mi è parso equilibrato in gara.
Il resto c’è tutto, dalla modellazione perfetta delle auto, al tuning, all’atmosfera di Ventura Bay, al grande impatto delle scene recitate. Se gli sviluppatori saranno in grado di portare un modello di guida capace di rendere divertente tutto questo, avremo di fronte un vero Need for Speed, di quelli che ci tengono incollati all’asfalto fino all’uscita di un capitolo successivo, com’era un tempo. Incrociamo le dita.