L’oppressione dei dipendenti Konami

Qualche mese fa, il caso “P.T.” ha aperto una vivace discussione riguardante il colosso nipponico che è la Konami, una discussione che nel tempo si è gonfiata fino a tracimare in feroce polemica. Quello che sembrava essere un semplice screzio con il più rinomato purosangue della scuderia Konami, Hideo Kojima, si è dimostrato essere solamente la punta di un iceberg molto profondo che si è allargato dietro le quinte della grande casa di produzione videoludica sin a partire dal’anno 2010. La rottura con la Kojima Productions e la sua susseguente damnatio memoriae ha acceso la curiosità dei giornalisti di tutto il mondo, i quali si sono ritrovati a dover affrontare un’omertà ostile degna di una setta neo-pagana: ai reporter veniva proibito tassativamente di domandare di Kojima durante le interviste, i video di YouTube che esploravano da vicino la faccenda venivano attaccati e frattanto venivano a galla sedicenti fatti inquietanti che, ovviamente, non sempre sono stati considerati attendibili.

Una delle missioni di MGS: Ground Zeroes richiede di cancellare la storia di Kojima... una premonizione?
Una delle missioni di MGS: Ground Zeroes richiede di cancellare la storia di Kojima… una premonizione?

Konami ha creato una cortina di ferro per arginare al meglio delle sue possibilità ogni indiscrezione, ancora oggi non sappiamo con certezza le cause dell’attrito creatosi, anche se l’annuncio di voler riformare l’organico per garantire “una chiara distinzione tra i ruoli manageriali e creativi” ci lascerebbe ipotizzare un paio di scenari possibili. Quello che sembra sempre più consolidato, tuttavia, è che lo staff Konami sia soggetto a trattamenti da incubo degni di una dittatura che non rispetta i diritti umani. Nikkei è stata l’ultima in ordine di tempo a denunciare una situazione che sembra nascere dal desiderio della ditta di concentrarsi su pachinko e giochi mobile e che l’ha portata alla decisione di fagocitare e annichilire i classici gruppi di sviluppatori per concentrarsi su titoli di economica lavorazione e di sicuri incassi. I dati riportati confermerebbero quanto avevano sussurrato timidamente degli ex-dipendenti e sono riassumibili nei seguenti punti:

  • La Kojima Productions, attualmente impegnata nella lavorazione di Metal Gear Solid V, è stata ribattezzata con l’anonimo appellativo “Dipartimento di produzione numero 8”. I computer di questa sezione, inoltre, sono stati privati dell’accesso a internet e possono inviare esclusivamente messaggi interni.
  • I dipendenti che lasciano l’edificio durante la pausa pranzo vengono monitorati attraverso il cartellino, chi registra ritardi subisce una gogna pubblica avendo il proprio nome annunciato pubblicamente via altoparlanti.
  • Sono state installate telecamere nei corridoi per poter sorvegliare meglio lo staff.
  • La maggior parte dei dipendenti Konami è sprovvista di e-mail personali. I contatti vengono generati casualmente con una serie alfanumerica che scade nel giro di pochi mesi.
  • Gli sviluppatori Konami che non vengono reputati utili finiscono con l’essere riassegnati ad altre mansioni quali guardie di sicurezza, servizio di pulizia in una delle palestre della compagnia o operai nelle fabbriche di pachinko. Questa soluzione non riguarda esclusivamente i neo-assunti, ma anche veterani che si sono fregiati della produzione di titoli famosi.
  • Quando un ex-dipendente ha annunciato su Facebook di essersi dimesso per potersi unire a un’altra azienda, il suo post è stato monitorato da Konami. Tutti i vecchi colleghi che hanno osato mettere il “like” al breve sfogo sono stati rimescolati nell’organico dell’azienda.

Questa condotta, severa anche per i canoni orientali, sta preoccupando i videogiocatori di tutto il mondo che, anche superando la questione umana, si stanno rassegnando a vedere l’industria videoludica succube di meri calcoli e di crudeli equazioni.

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