Lo psicologo di Stanford: “i videogiochi vi rendono meno uomini”

I videogiochi sono da sempre al centro di numerose polemiche: per molte persone è semplicemente inaccettabile che qualcuno spenda il proprio tempo divertendosi. Vedete voi quindi come prendere le dichiarazioni di Phillip Zimbardo, uno psicologo della Stanford University, che lancia l’allarme: gli uomini stanno affrontando una “crisi della mascolinità”. Il motivo? Porno e videogiochi. Zimbardo ha effettuato uno studio su 20,000 giovani uomini, monitorando le loro abitudini legate al porno e ai videogiochi, concentrandosi soprattutto su coloro che “giocano i videogiochi in eccesso e lo fanno in isolamento”.

Sostiene Zimbardo: “L’eccesso non è il numero di ore, ma è un cambio psicologico nell’impostazione mentale”. Lo psicologo lancia l’allarme: la gratificazione istantanea dei videogiochi e del porno, e l’aspetto dell’isolamento che il loro uso implica, fa sì che gli uomini non riescano a parlare alle donne, e persino essere sessualmente eccitati.

Non è la prima volta che Zimbardo lancia queste pesanti accuse: aveva già presentato la sua tesi in una conferenza del TED, dove sosteneva che le persone hanno una “dipendenza da stimoli”, il che significa che vogliamo qualcosa di diverso tutto il tempo. Credo che ci sia del vero nelle parole di Zimbardo, ma come al solito si parla dei videogiochi con poca cognizione di causa. Già solo l’accostamento al porno è inaccettabile: i videogiochi non sono solo stimoli, ma storie, emozioni, divertimento.

La teoria che vede i videogiochi come un passatempo solitario, poi, è a dir poco antidiluviana: basta pensare a un qualunque torneo, o a eventi come la gamescom, per comprendere che il videogioco è una passione altamente sociale, che unisce le persone e cementa le amicizie. Pensare il contrario significa essere completamente decontestualizzati rispetto a cos’è il videogioco oggi.

Per quanto riguarda il sesso, trovo che anche qui Zimbardo sia fuorviato: i videogiochi non sono la causa di un’ipotetica diminuzione della mascolinità. Anzi, non si può non considerare che il videogioco è diventato negli anni un passatempo più che mai “unisex”, avvicinando ragazze e ragazzi di tutte le età. Credo che la causa della difficoltà dei ragazzi di parlare con le donne andrebbe ricercata altrove, per esempio nei modelli femminili e maschili che ci vengono proposti. Anche da questo punto di vista, peraltro, nei videogiochi lo scandalo Gamergate ha portato gli sviluppatori a ripensare la rappresentazione della donna.

Voi cosa ne pensate? Davvero il nostro passatempo preferito ci rende meno “uomini” o le teorie di Zimbardo sono campate per aria?