C’è un po’ di timore reverenziale nel parlare di uno dei più grandi giochi dell’era GameCube, esponente di punta di una delle saghe più apprezzate di sempre e, pensate un po’, uno dei propri videogame preferiti di tutti i tempi. Che poi, a dirla tutta, all’epoca della sua prima uscita The Legend of Zelda: The Wind Waker spaccò in due i giudizi, non tanto della critica quanto dei fan. Si parla di un titolo controverso perché, stringi stringi, quel toon shading in molti non lo hanno digerito. Così come controtendenza è la scelta di Nintendo di riproporre oggi, a distanza di dieci anni, quello che è semplicemente un remake HD e non uno Zelda tutto nuovo. Fortuna che The Wind Waker HD un gioco tutto nuovo quantomeno lo sembri. Il timore reverenziale si trasforma in giubilo e contemplazione: siamo davanti a un remake nel vero senso della parola, un “rifacimento” che dà nuova vita a un vecchio capolavoro, che porta una ventata (mai termine fu più appropriato) di freschezza in un’opera dai toni fiabeschi e malinconici, capace di incantare oggi come dieci anni fa.
Mai l’alta definizione era stata capace di trasformare l’essenza di un gioco in maniera così profonda. Quella fatta da Nintendo non è la semplice operazione low cost vista e rivista negli ultimi anni, non è una sbrigativa riverniciata alle texture, ma il tentativo (riuscito) di emozionare il videogiocatore mentre accompagna ancora una volta il piccolo Link nel suo grande cammino di formazione. Il senso di viaggio e avventura sognato da Miyamoto nel lontano 1986 finalmente giunge a sublimazione. Chi non avesse avuto la fortuna di giocare The Wind Waker alla sua prima apparizione ora non ha più scuse. Complice anche il taglio del prezzo di Wii U, questo diventa un acquisto quasi obbligato. Peccato solo che, per chi invece il gioco lo avesse già giocato e rigiocato, le novità siano sì tante, ma tutte di poco conto: la modalità eroe è semplicemente più frustrante, l’inevitabile sostituzione del Tingle Tuner con i messaggi in bottiglia è una trovata simpatica e nulla più, il gioco sul solo GamePad utile nei momenti di distacco forzato dalla TV.
Intelligente, invece, la rivisitazione della fase che anticipa il finale del gioco, notoriamente la più fiacca all’interno del titolo originale. L’aver velocizzato i viaggi in mare contribuisce sicuramente a sostenere il ritmo di gioco ma attenua leggermente il brivido restituito dall’esperienza esplorativa. Sarebbe bastata la presenza di uno o due dungeon inediti e staremmo parlando di un titolo imprescindibile anche per i veterani. Così, è “solo” uno dei migliori episodi di Zelda al suo stato dell’arte.
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