Ciao a tutti, che siate appena venuti a conoscenza di questa rubrica o che l’abbiate letta dai primi capitoli. Siamo ancora all’inizio del grande elenco che caratterizza tutta la cinematografia firmata Walt Disney, e, siamo sinceri, sicuramente non abbiamo di certo affrontato, per tanti, le produzioni più attrattive di questa grande icona; è comprensibile visto il periodo a cui esse risalgono, ma ci avvicineremo molto presto ai classici che ci hanno visto crescere. Ciò non toglie che un po’ di sana cultura, (cultura, esatto) disneyana non faccia male, dunque vi riporto al precedente capitolo, Fantasia, capolavoro che merita di essere conosciuto e apprezzato, anche da un target più giovane e decisamente lontano dagli standard del 1941. Quest’oggi parliamo di una pellicola decisamente meno incisiva nel panorama Disney, non perché priva di valore, ma per propria volontà di Walt Disney, vedremo poi il motivo. Prendete i fazzoletti, perché una delle storie d’animazione più commoventi degli anni ’40, nonché quarto classico Disney, sta per essere raccontata: Dumbo.
Da giocattolo a film d’animazione
L’idea di Dumbo non fu opera diretta di Walt Disney, bensì fu ripresa da un racconto per bambini di Helen Aberson, le cui illustrazioni appartenevano ad Harold Pearl, ed era, in principio, il prototipo di un nuovo giocattolo, Roll-e-Book. Tuttavia nel 1939 Disney venne a conoscenza della commovente vicenda dell’elefantino dalle orecchie giganti e ne acquistò i diritti. Di base, e come poi fu messo in atto nella pellicola, quella di Dumbo è una storia, seppur colma di emozioni e di pathos, molto semplice e se vogliamo banale per il modello fino ad allora mantenuto da Walt; e voi vi chiederete, perché egli scelse di produrla e realizzarla? La risposta è fin troppo amara: la guerra causò un numero così elevato di perdite finanziare sui precedenti film di Fantasia e Pinocchio (oltre al fatto che soprattutto il primo fu largamente criticato inizialmente e non riscontrò il minimo successo), che Disney fu costretto a ricorrere ad un lungometraggio essenziale, semplice, che potesse raggiungere risultati soddisfacenti a poco costo. È davvero triste pensare a quanti milioni furono spesi per le opere precedenti e vedere come un nuovo film venisse minimizzato allo stretto necessario, per una firma del calibro di Walt Disney. Tuttavia, Dumbo riuscì comunque a far centro e costituisce difatti un perno nella storia cinematografica della compagnia.
Il valore di credere in sé stessi
Dumbo è un elefantino muto che vive in un circo. Disprezzato dal resto degli animali a causa di due orecchie fuori dal comune (appena nato, con uno starnuto gli crebbero a dismisura), cresce in un ambiente nemico che gli impedisce di avere fiducia in sé stesso, tanto che in ogni spettacolo fallisce. Allontanato dalla mamma, che viene rinchiusa e isolata per averlo difeso durante un’esibizione in cui continuava ad essere deriso, soffre la solitudine finché non trova un nuovo amico in un topolino, Timoteo, che gli da coraggio. La figura di Timoteo è molto importante, poiché egli rappresenta la voce della “coscienza” del direttore del circo, a cui darà dei consigli durante la notte. Il riscatto di Dumbo arriva quando, bevendo da un’acqua “inquinata” da dello champagne, si ritrova insieme al suo amico sulla cima di un albero. Credendo che sia stato l’elefantino a portarli lì su, volando con le sue grani orecchie, vengono aiutati da alcuni corvi che, inizialmente deridendolo e poi commossi dalla sua storia, donano a Dumbo una “piuma magica” con cui egli riesce a volare. Naturalmente la piuma non possiede nessun potere magico, ma l’elefante, trovata ormai la fiducia in sé stesso, riesce ad usare le sua orecchie per volare, diventando così il performer più famoso del circo.
Pellicola per bambini o per adulti?
La storia di Dumbo è la classica storia per bambini, come è all’apparenza ogni film Disney, molto semplice nel contenuto e nei disegni. Nonostante questo, il film tocca temi davvero importanti, impossibili da percepire dai più piccoli. Innanzitutto Disney riesce ad inserire in una produzione così essenziale ogni elemento: comicità, amore materno, solitudine, amicizia, divertimento e riscatto. Alla fine così banale poi non è, non trovate? Inoltre, include aspetti decisamente toccanti, come, primo tra tutti, la diversità, il disprezzo e poi l’accettazione del diverso: argomento che, buffo dirlo, a distanza di quasi 80 anni è ancora attuale e intrinseco nella società odierna. Secondo poi, riesce perfettamente a trasmettere, seppur attraverso un elemento così puro come un piccolo elefantino ingenuo, il percorso di crescita di un individuo, aggravato per di più dalla problematica dell’essere diverso che dicevamo prima. In quest’opera, il protagonista riesce ad affrontare gli ostacoli e la cattiveria che provengono dal mondo esterno, in grado di metterti in ginocchio e di privarti di autostima e coraggio. Alla fine però, egli riesce a riscattarsi raggiungendo la vetta. Adesso a voi la decisione: è una pellicola per bambini o per adulti?
Un po’ di curiosità
Inizialmente Dumbo fu concepito come cortometraggio, ma proprio per necessità finanziare divenne un lungometraggio; tuttavia il film venne comunque scritto a capitoli, proprio come nel libro da cui si trasse ispirazione. Come abbiamo già detto il design è molto semplice rispetto alle altre produzioni, e gli sfondi molto meno dettagliati. Fu realizzato con la pittura ad acquerello, l’unico insieme a Biancaneve, mentre il resto delle opere con le tempere o la pittura ad olio. Nonostante il tutto abbia richiesto il minimo dispendio economico, vennero portati degli elefanti e altri animali negli studi, in modo tale che venissero studiati i loro comportamenti. Il film uscì il 31 Ottobre 1941 per la prima volta, con una durata di 64 minuti, davvero poco rispetto ai precedenti; nonostante ciò, incassò ben 1,6 milioni di dollari, rispetto ai 950.000 che vennero impiegati per la produzione. Fu l’unico classico Disney, insieme a Biancaneve, ad aver portato profitto alla compagni fino a quel momento. Tra le migliori critiche riportiamo quella del New York Times:
Il più geniale, il più simpatico, il più completamente prezioso lungometraggio animato mai emerso dai magici pennelli dei miracolosi artisti di Walt Disney”
Arrivati alla conclusione di questo nuovo capitolo della rubrica, non posso far altro che dirvi: andate a rispolverare questo grandioso film d’animazione, certa che lo guarderete con nuovi occhi. Non vi fermate all’apparenza, evitate di snobbare un’opera dal semplice fatto che risulti “antica” perché non rispetta i vostri canoni estetici. Come dico sempre, cercate di ritrovare la parte più nascosta che è in voi e lasciatevi travolgere dalle emozioni che un semplice elefantino è in grado di trasmettere. Noi ci ritroviamo sempre qui su VMAG con il quinto classico disneyano: Bambi. A presto.
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