Disney Diary: Alice nel Paese delle Meraviglie #Capitolo 7

Bentornati nella rubrica Disney Diary, cari lettori. A distanza di un mese dall’ultimo capitolo, Cenerentola, e tra un tuffo e un altro in piscina, siamo tornati, pronti più che mai a raccontarvi i retroscena e le curiosità che contraddistinguono ogni lungometraggio firmato Walt Disney. Il film d’animazione protagonista di oggi è in ordine di distribuzione il 13° classico disneyano, la cui trama ha affascinato artisti, produttori cinematografici e registi fin dai primi anni della sua comparsa sui libri: Alice nel Paese delle Meraviglie. Se siete interessati a conoscere la nascita di questa storia e come Walt Disney scelse di estrapolarne i contenuti, allora continuate a leggere.

L’ispirazione e il  sogno come viaggio introspettivo

Come quasi ogni produzione, di tipo scritto, visivo o auditivo, anche la riproposizione Disney di Alice nel Paese delle Meraviglie è stata ispirata dal racconto di uno scrittore del 1862, Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson, vissuto in epoca vittoriana. Il suo libro, intitolato nella sua versione ufficiale “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”, è basato sul racconto di una bambina di nome Alice (che egli conosceva nella realtà e alla quale si ispirò) che, attraverso un viaggio immaginario, si ritrova in un universo popolato da particolari creature e posti incantati e/o stregati. Tutto comincia infatti con un sogno, come è possibile vedere anche dall’incipit del classico d’animazione, che darà inizio ad un percorso non solo fantastico e incredibile, ma anche di crescita e psicologico. Come ben sappiamo, infatti, il celebre cinematografo vuole inviare, attraverso ogni sua opera, un messaggio allo spettatore. Questa volta, però, il messaggio che Alice nel Paese delle Meraviglie nasconde si evince sin dalla sua opera originaria: il libro.

 

L’epoca vittoriana e la sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie

Lo scrittore Lewis Carroll inserisce nel suo racconto i principali aspetti della vita quotidiana del diciannovesimo secolo, durante il regno della Regina Vittoria. Molti personaggi della storia sono infatti la metafora di tali elementi. Per prima cosa, Alice è il simbolo di una bambina alla ricerca della sua identità, e il viaggio che si troverà a compiere sarà il percorso che la libererà da tutti gli impedimenti e le costrizioni imposte dalla società del tempo. Il Brucaliffo e lo Stregatto rappresentano i genitori, di conseguenza le loro parole sono la naturale espressione dell’età del proibizionismo (difatti ogni loro risposta indica la volontà di contraddire la bambina). Ulteriore elemento iconico è la celebre frase della Regina di Cuori, “Tagliatele la testa”, la quale sta ad indicare l’intramontabile potere dei governanti. I dialoghi scambiati tra Alice e il Cappellaio Matto sono inoltre la rielaborazione delle conversazioni realmente avvenute tra lo scrittore e la vera bambina, Alice Liddell. Si dice che la creazione e l’ideazione della moltitudine di stravaganti personaggi, che hanno da sempre contraddistinto e reso unica questa storia, siano il frutto di una malattia di cui lo scrittore soffriva, denominata poi dallo psichiatra Todd “Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie” o “di Todd”.

 

L’amore di Walt Disney

Penserete che ci siamo concentrati più sull’analisi della versione letteraria dell’opera rispetto a quella cinematografica, eppure non è così: Walt Disney si ispirò totalmente, infatti, alla storia originale e ne volle mantenere intatti i contenuti (tranne qualche variazione che però non ne cambia il significato). Fu uno dei primi racconti a cui si affezionò e che portò sempre con sé tra i suoi primi progetti, antecedente perfino a Biancaneve e i sette nani; tanto che il cinematografo, agli inizi della sua carriera, presentò la prima versione del corto d’animazione ispirato alla storia di Alice come episodio pilota da mostrare ai più celebri produttori. Il cartone contiene inoltre elementi del secondo libro dello scrittore: “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”. La sceneggiatura del film, la più fedele al libro fino a quel momento, venne affidata a Huxley, mentre per i disegni, più reali, colorati e moderni rispetto agli originali, fu incaricata l’illustratrice Mary Blair. I lavori per la versione completamente animata dell’opera iniziarono solo nel 1946.

L’immortale modernità di Alice nel Paese delle Meraviglie

Per quanto riguarda il comparto musicale, vennero composte oltre 30 canzoni. Alice nel Paese delle Meraviglie rappresenta infatti il cartone Disney con il maggior numero di musiche (della durata anche di pochi secondi). Il riadattamento “moderno”, seppur fedele, di Walt Disney non venne inizialmente ben accolto dalla critica, soprattutto per il vasto riferimento agli effetti della droga che si possono evincere dal film. Molti sostengono infatti che il viaggio di Alice sia un trip mentale, causato da droghe esistenti. Il classico vide la sua uscita nelle sale cinematografiche nel 1951 e, come accadeva un tempo a quasi tutte le opere Disney, la produzione riscontrò solo in seguito un discreto successo; venne inoltre proposto nelle università americane per diffondere la “cultura sulla droga”, ma venne poi ritirato dall’azienda cinematografica. Fu nominato a un premio Oscar e continua tuttora ad essere uno dei racconti più attuali dell’epoca moderna, proposto in molteplici produzioni cinematografiche, come ad esempio “Alice in Wonderland” di Tim Burton.

Siamo arrivati alla conclusione. Alice nel Paese delle Meraviglie rappresenta forse una delle opere più complesse e variegate nel vasto elenco dei capolavori disneyani. Molto difficile da comprendere, sembra che ognuno possa interpretare i singoli aspetti del mondo di Alice come meglio crede: a partire dalla visione originale dello scrittore che associa ogni personaggio ad un simbolo dell’epoca in cui egli viveva, al parere che forse il viaggio stia realmente ad indicare l’effetto di molteplici droghe, o ancora all’interpretazione che tutto questo sia la rappresentazione della parte nascosta di noi, risiedente nell’inconscio, la parte della “non consapevolezza” ove tutto è possibile, come possiamo ricordare dagli studi del filosofo Sigmund Freud. E voi quale versione credete sia la più fedele? Tutte quante o nessuna? Come sempre, è stato un piacere condividere con voi gli aspetti più misteriosi, e i più sconosciuti, dei capolavori che ci hanno da sempre accompagnato nella nostra vita, dall’infanzia ad oggi, grazie ad un visionario quale era Walt Disney, il quale seppe adattare storie spesso troppo crude e/o complesse a grandi e piccini. A presto, con Le Avventure di Peter Pan.