Recensione Assassinio sull’Orient Express

La scrittrice e drammaturga Agatha Christie, con i suoi celebri gialli, ha da sempre ispirato il mondo della settima arte. Ne sono degli esempi Dieci piccoli indiani (1945) e Assassinio sul Nilo (1978), due pellicole molto valide tratte dai suoi libri. Uno dei più noti romanzi con soggetto Hercule Poirot è proprio Assassinio sull’Orient Express, che ad ora conta tre trasposizioni (un film di Sidney Lumet del 1974 e due serie televisive). Il celebre attore e regista Kenneth Branagh ha accettato la sfida e si è cimentato in questa ultima versione, reclutando un cast di tutto rispetto e affidando la sceneggiatura a Michael Green, showrunner del recente American Gods in onda su Amazon Prime. Il sipario si apre con un breve prologo che funge da introduzione al protagonista e si aggancia al plot vero e proprio. La trama ruota intorno ad un gruppo di persone, tutte casualmente presenti su un lussuosissimo treno durante un crimine che sarà un rompicapo risolvibile solamente dal detective belga più bravo dell’universo.

Quello che salta subito all’occhio fin dalla prima inquadratura, è la fotografia molto intensa e vivida, che potrebbe risultare artificiosa ai più esigenti cineficili, ma che regala degli interessanti cromatismi, soprattutto nell’alternanza giorno/notte delle scene. Tutta la costruzione narrativa dà molta importanza ai personaggi: realistici e con delle sfumature peculiari, che li rendono alquanto diversificati tra loro. Appare intrigante la complessità degli atteggiamenti dei vari teatranti, che spesso nascondono abilmente un passato lontano. In questo emerge prepotentemente il talento degli attori, tutti nomi conosciuti di Hollywood, come Johnny Depp nei panni del gangster Ratchett, l’autore Branagh che interpreta l’investigatore baffuto, Michelle Pleiffer nel ruolo della fascinosa Caroline Hubbard e molti altri ancora.
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A supporto di questi bravissimi interpreti c’è una regia dinamica e mai banale, che, nonostante la staticità dell’ambientazione, offre più di un momento memorabile.

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Le origini teatrali del cineasta sono evidenti e si notano non solo in alcune riprese, ma anche nella presentazione dei soggetti dell’opera. Una menzione d’onore inoltre va al copione, che riesce a tenere alto il ritmo della vicenda, senza mai subire delle ricadute. Nonostante la durata di quasi due ore, lo spettatore è sempre piacevolmente intrattenuto e la pellicola scorrerà rapida e fluida. In particolar modo la gestione della suspense è sublime e in molti momenti il pubblico rimane appeso ad un filo, in attesa della conclusione, che è forse uno dei finali più brillanti e inaspettati della letteratura poliziesca. Tra le tematiche di maggiore rilievo c’è sicuramente la giustizia, incarnata dal severo, ma giusto Poirot, che sarà pressato e colpito in maniera indelebile dal misterioso delitto. Difatti, dietro un apparente ed esuberante stravaganza, si nasconde un uomo profondamente devoto alla rettitudine e all’onestà, che prende molto seriamente il suo impiego e non rinuncia a rintracciare il colpevole.

E’ lui il killer?

Il concetto fondamentale che permea l’intera avventura è il dolore, che lacera nell’anima gli esseri umani e li porta a compiere atti violenti. Una sottotrama essenziale riguarda infatti un omicidio irrisolto di una bambina, che ha portato alla morte prima la madre, poi il padre, che non hanno retto per lo shock improvviso. Questa storia, narrata attraverso l’uso di flashback, si intreccia con le vicende su schermo e sarà importante per gli sviluppi dell’indagine. L’aspetto singolare è che progressivamente i legami tra i sospettati e l’infanticidio sono sempre più espliciti e portano ad una svolta inaspettata degli eventi, in un crescendo di colpi di scena davvero ben pensati.  In conclusione, questo lungometraggio è interessante e brillante, con una struttura sia recitativa che registica molto lontana dai blockbuster attuali e più vicina ad un cinema più riflessivo e dialogato.
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Questa è una caratteristica che purtroppo potrebbe non piacere a tutti, in quanto la platea è oramai abituata a scene d’azione frequenti e ad un ritmo molto più frenetico, con meno battute e più fatti.

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Ciò non rende affatto Assassinio sull’Orient Express lento, ma un prodotto di nicchia che potrà essere apprezzato dagli amanti delle grandi narrazioni. Un altro aspetto rischioso di questa opera cinematografica è il fatto che si tratta di un remake di un romanzo conosciutissimo e rappresentato più volte: la gente potrebbe essere satura e stufa dell’ennesima replica dell’originale libro. Questi due elementi non sono dei veri e propri difetti, ma dei limiti oggettivi che potrebbero scoraggiare alcuni, ma che non influenzano la qualità del risultato: di ottima fattura. Consigliamo quindi la visione agli appassionati delle storie crime, con gusto retrò, ma anche ai sognatori che non hanno mai dimenticato un’epoca in cui si respirava un’aria diversa, caratterizzata dalle buone prove recitative e dagli incredibili racconti.