Samsung Gear VR: in USA è già tempo di realtà virtuale?

Samsung aveva alzato il nostro hype oltre ogni ragionevole livello quando a sorpresa, durante l’IFA 2014 di Berlino, presentò il frutto di una sua lungimirante collaborazione con Oculus VR: un futuristico accessorio portatile per la realtà virtuale, Samsung Gear VR. Agganciate al suo interno un Galaxy Note 4 e, ovunque voi siate, vi ritroverete tra le mani un casco VR cotto e mangiato. Nei fatti, un vero e proprio Oculus Rift portatile. E a soli 199 dollari americani (a cui vanno però sommati quelli di un Note 4, ma tant’è). E nonostante il CV1 (Consumer Version 1) di Oculus VR sia destinato a un lancio imprecisato nel corso del 2015, il Gear VR del colosso coreano è già sugli scaffali dei negozi.

Chi in quella occasione ebbe il piacere di provare il nuovo gioiellino coreano ci raccontò di una tecnologia capace di far immergere gli utenti in un ambiente del tutto nuovo, in grado di offrire un modo innovativo di vivere e consumare contenuti mobile.

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Ma se state già correndo giù per le strade della vostra città con i soldi in pugno, fermatevi e fate un profondo respiro: l’Europa (come l’Asia) al momento è rimasta a guardare perché la distribuzione al momento al circoscritta al solo continente americano. Buuu-uhhh per noi, insomma.

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Il verdetto? In rete si parla già di colpo di fulmine.

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Detto questo, il Samsung Gear VR ha comunque compiuto il suo trionfale ingresso sul mercato, sebbene unicamente a stelle e strisce, portandosi sotto gli occhi dell’esigente utenza americana e facendo impazzire la prima forma primordiale di realtà virtuale: il Web… ora inondato di commenti, opinioni, twitter, video recensioni e ogni altro contenuto mediatico esista sotto il tag “share”.

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Il Samsung Gear VR è facile da utilizzare, per chiunque.

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Il verdetto? In rete si parla già di colpo di fulmine. Il pubblico statunitense ha accolto a braccia aperte il Gear VR, che sembrerebbe essere in grado di arrivare dritto agli interessi di chiunque: dagli amanti dell’hi-tech, alle “fidanzate ostili”, agli scettici e gli analisti di mercato.

Il segreto del suo successo è presto detto: la semplicità. Il Samsung Gear VR è facile da utilizzare, per chiunque. Tutti, indifferentemente da skill ed età, possono indossarlo e farlo funzionare in pochi istanti. Niente lunghe installazioni, fastidiosi cavi e tediosi processi di inizializzazione: basta infilarlo ed il gioco è fatto. Dopotutto la semplicità è e deve essere il biglietto da visita delle nuove tecnologie, che da sempre s’impongono l’arduo compito di unire e collegare il mondo e i suoi abitanti: conoscete metodo più efficace di quello di schiacciare un singolo tasto per ottenere il risultato voluto?

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La seconda parola chiave che salta agli occhi scorrendo e ascoltando i commenti dei fortunati cittadini americani è sorella della prima: la comodità. Samsung Gear risulta essere più pesante dell’Oculus Rift DK2, ma risolve il problema con delle cinghie così confortevoli che, a detta dei commenti dei possessori, riescono a garantire un’esperienza più duratura e meno “stancante”.

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Quindi tutto tace nell’arena flame del web? Possibile che proprio in USA, dove lamentarsi è un diritto fondamentale e indissolubile, nessuno abbia da ridire? Non proprio. Anzi: per niente. Tanto per cominciare la maggior parte degli utenti si lamenta della sua compatibilità limitata al solo Galaxy Note 4, senza garantire la funzionalità con futuri dispositivi Samsung. In pratica, quello che si legge tra il fiume in piena della rete è che rischia di essere un prodotto nato già vecchio, da rivendere o rimettere nella scatola nei prossimi mesi. Ovviamente non mancano post a cascata sulla “gabola” del prezzo: 199 dollari si, ma a cui aggiungere altri 700 per il phablet coreano. Quindi, per molti si tratta di un casco virtuale limitato in quanto portatile… ma che sfiora quasi il migliaio di dollari. La terza più grande lamentela che è possibile ascoltare dal megafono del web americano è forse anche la più preoccupante: il Gear VR sarebbe accusato di decimare, letteralmente, batteria del Note 4 stesso, in circa due ore o meno.

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Nei fatti quindi, “unendo i tag” il risultato che ne esce fuori non è poi così roseo quanto ci aspettavamo in un primo momento. Perché unendo i puntini ci ritroviamo di fronte a qualcosa del tipo:

comodo, funzionale, semplice, innovativo, ma al momento inutile.

Anche perché il malus più grande del Samsung Gear è forse la grande povertà dei contenuti disponibili al momento del lancio, che costringono l’utente a dover spegnere il dispositivo dopo qualche piacevole quarto d’ora proprio a causa della mancanza di “cose da fare”.

Potete guardare un concerto, giocare tramite qualche app a semplici mini-game, ma è la pesante assenza di un qualcosa che conquisti e inviti a continuare a tenere il visore sulla testa a far storcere il naso ai più impazienti. Sotto un occhio critico potremmo quasi arrivare a pensare che il Gear VR sia un esperimento sociale atto ad introdurre gradualmente la VR nelle nostre vite, piuttosto che un reale prodotto per il mercato globale.

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Detto questo, possiamo affermare che il neo Oculus Rift portatile, ha tutte le carte in regola per diventare un oggetto indispensabile per tutti i possessori di Galaxy Note 4 interessati alla rivoluzione della realtà virtuale.

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Strumenti come il Gear VR sono necessari e indispensabili per preparare il grande pubblico a un salto in avanti così grande.

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Grazie a collaborazioni come quelle tra Oculus Rift e Samsung l’esperienza della VR diventa essere sempre più vicina e concreta, ormai a pochissimi passi da noi: se soltanto qualche anno fa ci stupivamo di poter giocare a tennis con un controller, muovendolo come una racchetta, ora dovremmo abituarci all’idea (e alla speranza) di poter provare la sensazione di una rilassante camminata su una spiaggia dalla sabbia bianca o di un’immersione tra le acque cristalline di qualche incredibile lago… stando semplicemente seduti sul nostro divano di casa. E strumenti come il Gear VR sono necessari e indispensabili per preparare il grande pubblico a un salto in avanti così grande. Che poi, come tutti i salti, potrebbe spaventare la maggior parte della gente lì fuori.