Recensione Shadow Tactics: Blades of the Shogun (PS4)

Shadow Tactics: Blades of the Shogun esce finalmente anche su console. Si tratta di un videogioco strategico/tattico in tempo reale con elementi stealth, che vi avevamo recensito qualche mese fa, dandovi le nostre impressioni sulla versione PC rilasciata a dicembre dello scorso anno. Questa volta parleremo del porting su PlayStation 4: non entreremo nei dettagli, dal momento che è già stata fatta una recensione su un’altra piattaforma, ma ci concentreremo soprattutto sulla godibilità dell’esperienza, con in mano il controller al posto del mouse e della tastiera.

Il titolo è ambientato nel Giappone del XVII secolo e lo scopo è aiutare lo Shogun, alle prese con una serie di problemi e disordini provocati dai nemici: saremo proprio noi a dover risolvere tutti questi conflitti, combinando i poteri dei personaggi, muovendo e alternando ognuno di essi (in totale sono cinque). All’inizio è possibile muovere solo Hayato, un ninja abituato a lavorare da solo, ma, con l’avanzare del gioco, si potranno vestire i panni di Mugen, Takuma, Yuki e Aiko, rispettivamente competenti nel combattimento, negli attacchi a lunga distanza, nel creare trappole e nei travestimenti. L’utente avrà il compito di combinare tutte queste abilità al meglio per poter superare gli ostacoli che lo separano dall’obiettivo finale di ogni livello.

Senza la giusta prospettiva è difficile seguire il percorso, nascondersi o addirittura vedere i nemici.

La telecamera ortogonale è decisamente fastidiosa e problematica: c’è una visuale di default, ma deve spesso essere cambiata per poter vedere cosa succede dietro un muro o quello che c’è poco dopo. Senza la giusta prospettiva è difficile seguire il percorso, nascondersi o addirittura vedere i nemici. A volte si perde tempo anche solo per trovare l’angolo giusto per poter tenere d’occhio più punti d’interesse. Un’ulteriore noia è che non sempre il protagonista è al centro della schermata ed è necessario seguirlo con la levetta analogica per farlo tornare nell’inquadratura: non sarebbe impegnativo, se non fosse per il gran numero di tasti che dobbiamo alternare per attaccare, usare le abilità o cambiare personaggio. Si possono anche programmare le azioni e fare in modo che, cliccando un tasto, ognuno faccia la propria mossa in contemporanea a tutti gli altri: è la modalità ombra, che dà anche il nome al videogioco.

Un dei livelli presenti in-game: l’inquadratura della telecamera può essere cambiare in qualunque momento.

E parliamo di tasti appunto: praticamente tutti vengono usati, come in molti videogiochi. Il problema, però, è che sono quasi tutti ugualmente importanti e serve una grande coordinazione per non sbagliare: nei momenti più concitati bisogna premerli in successione e un singolo errore può costringerci a ricominciare il livello. Infatti, va tenuto conto di quale personaggio usare, dove farlo andare, cosa fargli fare e, come dicevo nel paragrafo precedente, pensare anche alla telecamera perché basta non accorgersi di una guardia per mandare all’aria tutto il piano. Col il PC è sicuramente più facile gestire le inquadrature e una tastiera è sicuramente più comoda rispetto ad un controller da console: probabilmente questa versione su PlayStation 4 sarebbe stato meglio farla con le angolature preimpostate.

Per un principiante mi sarei aspettato un livello che si finisce senza dover quasi mai ricaricare e senza dover per forza spremere le meningi.

Un altro grande problema che ho trovato è la difficoltà: la più bassa è quella per principianti, seguita da altre due più complicate. Nella prima veniamo notati lentamente dalle guardie, nella seconda un po’ più velocemente e nella terza quasi all’istante. In realtà, ho trovato ostica anche quella più bassa, al punto che il primo stage l’ho finito in 1 ora e 5 minuti quando, per vincere almeno un trofeo, avrei dovuto metterci poco più di 10 minuti. Non che sia impossibile da finire ,perché un gioco come questo ovviamente ha bisogno di tutto ciò: ritengo un po’ sproporzionata la difficoltà effettiva, dal momento che, per un utente che si approccia per la prima volta a questo genere, mi sarei aspettato un livello che si può concludere senza dover per forza spremere (tanto) le meningi per arrivare ad una soluzione.

In linea di massima, il mio giudizio è conforme a quanto scritto in precedenza riguardo la versione PC e la valutazione è (quasi) del tutto confermata. Pesano, in maniera leggermente negativa, i tasti e la telecamera che, almeno all’inizio, quando si cerca di capire le meccaniche, sono quasi un incubo: con mouse e tastiera è sicuramente più semplice gestire le varie interazioni presenti all’interno del videogame. Il salvataggio rapido e il caricamento su PlayStation 4 sono una garanzia e rendono il gameplay molto più scorrevole: basta toccare il pad al centro del Dualshock per salvare istantaneamente i progressi fatti. Probabilmente si tratta di una di quelle tipologie di videogiochi che portati su console sono un po’ più limitate e scomode, che necessiterebbero di dinamiche che possano rendere l’esperienza ugualmente user friendly e piacevole. Come detto precedentemente nel paragrafo, il prodotto merita davvero: bisogna solamente armarsi di tanta pazienza e inventiva.

V MENSILE
Clicca sulla copertina per leggere
V008 Mensile