Recensione La Tartaruga Rossa

Cercheremo il più possibile di avvicinarci all’analisi di un film d’animazione del 2016 prodotto dallo studio Ghibli. Il direttore della pellicola Michael Dudok de Wit, regista e sceneggiatore di vari cortometraggi, come lo straziante Father e Daughter, esordisce con il suo primo lungometraggio al cinema. Bim Distribuzione ha rilasciato La Tartaruga Rossa nelle sale italiane come evento speciale per tre giorni: 27, 28, 29 marzo 2017. Candidata agli oscar, è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma, all’apertura del Lucca Comics & Games e ha vinto il premio speciale, in concorso alla sezione Un Certain Regard, al Festival di Cannes. L’opera è una coproduzione fra tre società situate in: Belgio, Francia e Giappone. Questo miscuglio multiculturale si nota palesemente nel film e lo stesso regista ha sostenuto di essersi ispirato all’animazione orientale. La pellicola è caratterizzata da una palette di colori accesi e a tratti cupi, addirittura il regista osa utilizzando il bianco e nero durante determinate parti. de Wit rischia non utilizzando alcun tipo di dialogo, se ci fossero stati avrebbero trasmesso sensazioni non appartenenti a questa stupefacente opera d’arte. I creatori riescono perfettamente a comunicare ciò che volevano mandare allo spettatore solo con la recitazione. Ci si allontanata dal realismo, per raggiungere uno stile d’animazione disegnato a mano imperfetto e speciale, per poi tornaci con una combinazione magica. La Tartaruga Rossa non è un film d’animazione bensì una sbalorditiva danza fiabesca armoniosa ed onirica.

Onde. Tempesta. Naufragio. Queste sono le premesse. La pellicola si apre in medias res con un misterioso uomo che si ritrova, non si sa perché e come, in mezzo alle forze marine. Fortunatamente riesce a raggiungere un’isola non poco lontana da lui e da lì comincia il suo viaggio onirico o reale che sia. Il nostro protagonista cerca di sopravvivere nell’oasi, cerca riparo, cibo e scopre i luoghi pericolosi dell’atollo deserto. Lui comincia a costruire una zattera per lasciare il luogo in cui si trova e magari per tornare nel suo luogo d’origine, nella sua casa, dalla sua famiglia. Ciò che rende spettacolare il film è l’essenza del protagonista: non sappiamo nulla di lui, il suo passato, non conosciamo nemmeno il nome, potrebbe essere ognuno di noi. L’uomo senza identità desidera ardentemente lasciare il territorio isolato, ci prova e riprova ma per qualche strana ragione la natura è superiore a lui e la zattera viene distrutta: finalmente facciamo la conoscenza della misteriosa e magica Tartaruga Rossa.

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La Tartaruga Rossa è un’opera d’arte introspettiva con una moltitudine di interpretazioni.

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L’uomo comincia ad abbandonarsi a sé stesso ed inizia ad abbracciare ed accettare la natura. Adesso si ritroverà a convivere con un mondo lontano dalla civiltà e da ogni relazione umana. Mentre comincia a dubitare di sé e della propria natura etica, si ritroverà immerso in un viaggio della vita strabiliante e superbo. La Tartaruga Rossa non presenta alcun messaggio, il regista non vuole creare un’opera che spiega il suo contenuto bensì costruire, attraverso il fantastico mondo dell’animazione, una concezione poetica che spetta ad ogni spettatore il modo in cui bisogna interpretarlo. Non conosciamo l’epoca, potremmo essere in qualsiasi momento o periodo storico o magari in un passato o futuro che in realtà esiste solo nella mente dell’autore. La pellicola è un’opera d’arte introspettiva la quale presenta una moltitudine di interpretazioni e metafore, solo pochi riusciranno a percepirne molti. Sono dettagli nei dettagli così minuziosi i quali si potrebbe non entrarci. Il director ha creato una pellicola partendo dall’idea di non dover mandare messaggi, La Tartaruga Rossa è pura arte libera.

I colori e lo stile di disegno minimale riescono a donare grande intensità a piccoli momenti.

Il film unisce la tecnica 2D  con quella 3D. Solo poche parti, come la Tartaruga Rossa, sono create in computer grafica. L’animazione a mano è molto più artigianale ripetto a quella artificiale, grazie anche alla presenza di imperfezioni generate, riesce a costituire una vena più artistica ed originale. Lo stile di disegno è minimale e consente ineccepibilmente a comunicare ciò che si vuole esprimere. Paesaggi mozzafiato che grazie all’uso di poche linee sembrano iperrealistici. Le animazioni sono estremamente fluide e donano un senso pragmatico. L’assenza di dialoghi deve essere compensata con le espressioni facciali, la recitazione e con l’uso di linee essenziali e si riesce perfettamente a concepire la comunicazione gestuale e facciale. La palette di colori è accesa nei momenti più soleggiati e quando si vuole ottenere una determinata emozione che è presente nel protagonista. Dal verde fitto della foresta si passa al blu marino intenso, percependo qualcosa di indescrivibile. Ciò che potrebbe sembrare non reale, o magari lo è, viene mostrato con l’assenza di colori e le scene si presentano con un prodigioso bianco e nero.

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Qual è la realtà?

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Una direzione artistica unica e delle luci mozzafiato rendono il tutto incredibile. Le inquadrature sono fortemente ispirate alla cultura giapponese, sono realizzate utilizzando una specifica composizione visiva. Ai nostri occhi anche le scene più strazianti risulteranno ordinate e ben composte, grazie all’influenza del maestro Kurosawa. Il rapporto con gli esseri umani, la vita stessa, il distacco, la nostalgia di casa, la forza della natura, la distruzione del proprio mondo, l’egoismo, l’ambizione, l’ossessione e molto altro ancora è magistralmente condensato in sole due ore. I suoni costituiscono un punto focale del film poiché sono perfettamente riusciti a creare ciò che l’assenza di dialoghi dovrebbe tramettere e l’impatto immersivo donato dall’acustica è sovrumano. Sentirete la pioggia sopra la vostra testa e i gabbiani volarvi accanto. L’intensità distruttiva e creatrice della natura viene resa in maniera incredibile e struggente. Le musiche vanno al di là del miracolistico, il compositore Laurent Perez ha svolto un lavoro magistrale. La colonna sonora si unisce perfettamente a quel pezzetto di puzzle composito dell’immagine riuscendo a creare un dipinto composto da pigmenti completamente viventi. La magnificenza che appresta questa opera d’arte è significativa e  l’animazione è adulta.

Scoprirete un rapporto incredibile fra la vera natura della Tartaruga Rossa e l’uomo senza nome.

La bobina purtroppo rimane nelle sale solo per tre giorni, l’animazione, sopratutto quella di un certo livello come questa, andrebbe sempre sostenuta ed il pubblico dovrebbe finanziare queste opere d’arte per usufruire di pellicole sempre più sperimentali. Il film può essere visto a qualsiasi età, per comprendere tutte le emozioni che trasmette bisogna aver raggiunto un certo grado di maturità ma le lacrime affioreranno immediatamente negli occhi di ogni singolo spettatore. Il regista ha voluto creare una favola onirica ma allo stesso tempo reale che afferra lo spettatore dall’interno del petto e lo porta giù negli abissi più profondi, della sua anima o della sua essenza più intima. Ogni persona cui verrà somministrata questa poesia fantastica, riuscirà a comprendere maggiormente ciò che è in quanto essere. Questa opera d’arte è perfetta, è l’esperimento più riuscito della poesia animata. Il mondo fiabesco dei sogni qui viene ribaltato portandolo ad un piano quasi reale ma pur sempre metaforico. La Tartaruga Rossa è un film che va oltre, rischia, osa e ottiene il risultato sperato, riuscendo a commuovere lo spettatore che rimane soddisfatto da una visione idilliacala quale potrebbe rappresentare tutto ciò che ha sempre desiderato. Una pellicola da brividi. Una tartaruga rossa che torna lì dove è sempre stata.