Nel corso di una giornata nuvolosa, decidiamo di dirigerci al cinema per osservare l’ultima fatica di Martin Scorsese. La sala era vuota, la pioggia batteva fragorosamente sul tetto del cinema, rovinando i momenti di silenzio che costellavano il film, eppure ricreava la stessa ambientazione tra gli spettatori quando era presente la medesima condizione atmosferica, dando un senso di maggiore immersione. Malgrado questa piccola sventura, siamo stati ricompensati da un’opera sorprendente che ci ha lasciato ammaliati e dubbiosi sul finale, caratteristica tipica del regista newyorkese. Silence è un film storico drammatico basato sul romanzo storico omonimo di Shusaku Endo del 1966, che il regista ha saputo trasporre in maniera egregia, cambiando il ritmo narrativo e lasciando invariato il suo stile. La pellicola è ambientata durante le persecuzioni avvenute in Giappone nel 17° secolo, e per mostrare la crudeltà utilizzata dal popolo asiatico, Scorsese presenta scene intense sature di violenza e brutalità.
Schermo nero. Grilli. Il suono del silenzio. La pellicola si apre con un Giappone avvolto da una fitta nebbia e la presentazione di Padre Ferreira, l’ultimo dei gesuiti supersiti nella terra del Sol Levante, che osserva i Kirishitan (termine giapponese per indicare i cristiani) venire torturati in maniera inumana, a causa della loro ostinata fede in Dio. Ferreira scrive un’ultima lettera al prete Gesuita Valignano in cui annuncia di aver compiuto apostasia a causa dei sevizi a lui inflitti. Padre Rodrigues e Padre Garupe decidono di andare in missione per investigare sul loro mentore, spinti dall’incredulità della sua abiura. Insistendo, riescono ad ottenere il permesso dal prete, il quale li avverte che saranno gli ultimi gesuiti ad andare in missione in Giappone. Arrivando a Macao, incontrano Kichijiro, un uomo giapponese che li guiderà lungo il loro viaggio. Gli eroi raggiungono un villaggio sulla costa, popolato da cristiani, che vedono nei preti la loro unica fonte di salvezza.
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Ognuno sceglie le sue croci, non importa la dimensione, ma in questo film anche una piccola collanina diventa un gigantesco fardello autoimposto per i perseguitati
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Rodrigues e Garupe aiutano i fedeli nelle preghiere e li confessano dai peccati e questa sosta farà perdere loro lo scopo principale del percorso intrapreso. I praticanti giapponesi sono ossessionati dalla cristianità e vedono anche in un simbolo o in un oggetto la loro unica via di scampo. Ognuno sceglie le sue croci, non importa la dimensione, ma in questo film anche una piccola collanina diventa un gigantesco fardello autoimposto per i perseguitati. Per raggiungere altre popolazioni di Kirishitan, i preti arriveranno al punto di dividersi e verrà mostrato principalmente il reale protagonista della storia. Malauguratamente, il villaggio vede l’approdo di un Samurai, il quale cerca di scovare i credenti dandogli la scelta di abiurare o perire. Coloro che rimangono devoti al cristianesimo vengono massacrati per mezzo di una lenta agonia. Rodrigues si ritroverà da solo, arriverà al punto di dubitare del suo credo ed affronterà se stesso. I nostri protagonisti diventano vittime delle persecuzioni applicate ai religiosi ed il regista utilizza un metodo di narrazione sublime.
Alla fine del lungometraggio ci ritroviamo con differenti messaggi, alcuni palesi ed altri da interpretare, che ci lasciano qualcosa dentro e ci fanno riflettere. Il tema portante della pellicola è il silenzio: inteso in diverse maniere e attraverso più metafore, può essere visto come quello cristiano, di un Dio che c’è ma è silente. Il tacere della divinità rappresenta la perdita di contatto con il Creatore per i Kirishitan, che ne hanno bisogno, e per il prete che lo chiama nei momenti di difficoltà. Il silenzio è l’elemento principale di Silence: le musiche sono quasi del tutto inesistenti, si sentono sprazzi di varie melodie, come sottofondo, in rare occasioni. Ciò che vuole creare il regista, è un’atmosfera di silenzio per far immergere lo spettatore in quello che vede, creando qualcosa di più realistico possibile e generare il suono del silenzio. In sala si riusciva ad udire il respiro delle persone accanto, i sussurri della gente e, nel film, l’assenza di rumore mette in risalto i suoni della natura: imponente, maestosa, taciturna e la disperazione create dalle urla umane che danno un senso di macabro e turbamento nell’animo dell’astante.
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Vengono mostrate le debolezze umane e i sentimenti sono messi in risalto in continuazione
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Gli argomenti affrontati sono vari, l’ossessione è uno dei principali: intesa come quella per i gesuiti di dover diffondere la loro religione e cercarla ovunque. Sono così tormentati dal loro credo tanto da arrivare al sacrificio di altre persone pur di non abbandonare la fede. L’ossessione è presente anche nei Kirishitan che vedono il cristianesimo come la loro fonte unica di salvezza e la liberazione dai peccati diventa assillante, soprattutto da parte di Kichijiro, il quale rappresenta un perfetto esemplare di mutaforma. Il governo Giapponese è interessato unicamente al proprio credo e non vuole essere influenzato da altri popoli e, pur di non far praticare liberamente il cristianesimo, applica la pena di morte e perseguita senza sosta i fedeli e li tortura, non più per una vera causa ma per puro sollazzo personale. Vengono mostrate le debolezze umane e i sentimenti sono messi in risalto in continuazione: l’uomo comincia a dubitare di se stesso e in ciò in cui crede. Durante i momenti di difficoltà i giapponesi riescono a fidarsi del loro Dio ed a non dubitare del loro credo, mentre i portoghesi sono disposti, inizialmente, a non lasciarsi condizionare di fronte a varie peripezie, tuttavia mostreranno la loro vera natura nell’incontro con la morte. Cosa saranno disposti ad intraprendere pur di non compiere apostasia?
Padre Rodrigues è interpretato da Andrew Garfield, che si toglie la maschera da ragno ed indossa la tunica da prete. L’attore riesce a tenere alto il livello e, diventando l’unico protagonista, sostiene l’intero film senza perdere colpi. La sua bravura nell’interpretare un personaggio dubbioso e fedele arriva a trasmettere empatia nello spettatore che soffre insieme a lui, poiché non possiamo, entrambi, fare nulla nelle situazioni di pericolo. Adam Driver, Kylo Ren in Star Wars: Il Risveglio della Forza, si ritroverà a recitare un padre gesuita. Liam Nesoon, che interpreta Padre Ferreira, purtroppo è poco presente nella pellicola. Lo vediamo in poche scene e riesce ad ottenere un’eccelsa interpretazione che infonde la sua emotività agli spettatori, anche grazie allo splendido doppiaggio di Alessandro Rossi. I dialoghi in giapponese sono sottotitolati mentre quando provano a parlare nella stessa lingua dei gesuiti, possono risultare irritanti.
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Silence ricorda a tratti Shutter Island e le opere di Fellini
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La regia offre diverse inquadrature suggestive che donano un surplus alla pellicola. Troviamo riprese dall’alto, dialoghi dei personaggi con l’utilizzo della regola dei terzi per ottenere una ripresa più dinamica e carrellate dell’ambiente circostante. Gli attori guardano in camera nei momenti in cui parlano con loro stessi. Nella prima parte, le scene sono girate di notte e nella seconda abbiamo riprese per lo più diurne. La fotografia presenta colori freddi e tonalità smorzate: le poche fonti di luce vengono rappresentate dal fuoco. Il Giappone del 17° secolo è ricostruito in maniera magistrale, la grotta iniziale ricorda la stessa isola presente in Shutter Island. Scrutiamo i paesaggi naturali, i villaggi nella costa, alcune città giapponesi e vedute montuose. L’ambientazione offre spunti suggestivi che danno una carica emotiva alla pellicola. Il paese è cosparso dalla costante presenza della nebbia, a tratti ricorda vagamente le opere di Fellini. La foschia può essere intesa come una metafora del film che risulta offuscato nella conclusione.
La durata della pellicola è di 161 minuti e la narrazione è lenta, in contrasto con il film precedente: The Wolf of Wall Street, il quale presenta uno svolgimento degli eventi frenetico e senza sosta per tutta la sua durata. Il ritmo è incalzante, la prima parte tiene lo spettatore incollato allo schermo. La sezione successiva vuole ponderare sul concetto di ossessione, far vedere che il protagonista non può nulla contro la persecuzione, nondimeno perde un po’ di tono ed ha una cadenza troppo lenta. Durante il secondo atto, vengono utilizzati colori caldi in contrasto con la precedente. Nel terzo è più svelto e il finale risulta un po’ troppo frettoloso, in conflitto con il modo in cui il regista ha voluto raccontare la storia. Altra pecca è la CGI, utilizzata raramente, mostra degli alti e bassi: le ricostruzioni del Portogallo sono sensazionali, ma si perde quando viene utilizzata per il mare ed il fuoco. Silence non sarà un capolavoro, ciononostante rimane un film memorabile, da consigliare a chi vuole assistere ad un’opera gloriosa ed a chi è abituato ad un tipo di narrazione più calma che si prende i propri tempi. Questo è ciò che penso dell’opera di Scorsese, se siete rimasti incuriositi e vorreste sentire il suono del silenzio, filate in sala per visionare il film e fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate.
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