Onore e rispetto. La vita dell’agente 47 è sempre stata costellata dal rispetto delle regole e della gerarchia: qualsiasi fosse l’obiettivo da assassinare lui ha seguito le direttive senza fiatare, ma non ha mai mancato al suo onore. Ed è per questo che quando Diana Burnwood, sua amica ed ex contatto all’agenzia, gli chiede un favore estremamente personale, lui non può astenersi. Anche se questo significa farsi nemici molto altolocati ed essere cacciato da Chicago al Sud Dakota.
Un incipit narrativo a cui, a dir la verità, non fa seguito uno sviluppo complesso e particolarmente coinvolgente. La storia non ha mai picchi elevati di sceneggiatura e, come già nei precedenti capitoli, svolge l’unico compito di motivare la presenza del protagonista in questa o in quell’altra parte del mondo collegando gli eventi tra le varie missioni. Sono tanti i personaggi che vengono introdotti, ma nessuno di questi è carismatico o subentra nel gioco permettendo alla narrazione di evolvere. E ci siamo tolti subito il dente, andando a parlare di uno dei pochi difetti di questo Hitman: Absolution. Difetti che non pregiudicano affatto l’esperienza e la qualità globale del gioco, che nell’ottica della serie si presenta come un prodotto fedele a se stesso, che migliora alcune disattenzioni delle scorse iterazioni senza travisare lo spirito di Hitman: stealth, assassinii e varietà.
In particolare, è riguardo quest’ultima caratteristica che abbiamo avuto le sensazioni più positive. A differenze di altri titoli (Deus Ex: Human Revolution, per citare un esempio interno al catalogo Square-Enix), Hitman: Absolution non cambia solamente l’approccio alla missione a seconda dello stile del giocatore, ma ne determina persino l’esito: i “boss” alla fine di alcuni livelli possono anche essere evitati, assassinati tramite metodi alternativi (come qualsiasi altro nemico), senza dover per forza affrontarli direttamente in un’”arena”.
In questo senso, la nostra prova ha permesso di ottenere riscontri sempre totalmente differenti a ogni partita, una peculiarità che, a nostro avviso, è stata ulteriormente definita in questo capitolo rispetto al già ottimo Blood Money. Una volta maneggiate le principali strategie, il gioco finisce per dare il meglio di sé: niente di più soddisfacente di assassinare un bersaglio senza che nessuno se ne accorga, perché abbiamo inscenato un incidente per il malcapitato e ce ne andiamo con nonchalance da dove siamo arrivati.
Questo è ciò che ci è piaciuto di più di Absolution: la sua anima di videogioco, che premia la pazienza, la strategia e l’osservazione con una bella sensazione di appagamento e compiacenza al termine della missione. Gli sviluppatori hanno anche inserito la possibilità di proseguire per ciascun livello ad arma spianata; inutile dire che, oltre a rovinare l’esperienza di gioco, questa strada è altresì la più difficile. Complice una proporzione nemici-protagonista di 20:1, nell’eventualità la situazione sfuggisse di mano non c’è scampo: bisogna nascondersi finché il nemico non desiste.
A proposito di questo, però, va segnalata un’intelligenza artificiale un po’ ballerina: in talune occasioni si è comporta più che bene, grazie al lavoro di affinamento svolto dal team di sviluppo che ha optato per nemici più realistici e acuti; in altri, il comportamento si è rivelato opposto, a causa forse di precise (e discutibili) scelte di design: per fare un esempio, vi capiterà di gettare un cacciavite a pochi metri di distanza dal nemico, che potrebbe tranquillamente accorgersi dell’accaduto rimanendo fermo sulla posizione. Al contrario, questi abbandonerà la propria postazione per raggiungere il cacciavite, dandoci l’opportunità di sgattaiolare via impunemente. Ma si tratta di cose di poco conto.
Una delle novità principali è la barra dell’Istinto, una capacità che affonda le proprie radici nelle abilità dell’agente 47. L’Istinto permetterà, una volta adeguatamente caricato, di ricevere indizi, prevedere i percorsi dei nemici, poter vedere attraverso i muri e utilizzare il “tag and kill” per esecuzioni rapide e silenziose di interi gruppi di nemici.
Talvolta un po’ sgrava, in generale ci sentiamo di premiare questa soluzione, personalizzabile tramite il menù delle opzioni. Passando in generale alla difficoltà, i livelli sono cinque: Facile, Normale, Difficile, Esperto e Purista. Quest’ultima, inutile sottolinearlo, è quella che più rappresenta Hitman: nessuna guida, nessun’interfaccia, solo un mirino al centro dello schermo con l’intelligenza artificiale impostata al livello Esperto e il numero dei nemici sproporzionato. Un’esperienza a 360° dell’assassino, hardcore e pura fino al midollo.
Il Glacier Engine 2 svolge un ottimo lavoro. La grafica rimane qualitativamente stabile nonostante ambientazioni sia esterne che interne la cui transizione è totalmente in tempo reale; i modelli dei nemici si ripetono, ma i personaggi chiave sono realizzati con molta cura. Le cut-scene, nonostante abbiano un tocco “plasticoso”, sono di egregia fattura, grazie anche a un doppiaggio in lingua originale davvero ben fatto (ci è stato assicurato che il gioco sarà totalmente doppiato anche in italiano; la nostra prova del gioco è però avvenuta in inglese).
C’è tanto da imparare da IO Interactive. Riuscire ad avere tra le mani un franchise come Hitman e maneggiarlo con questa cura, fedele al proprio spirito, alle proprie caratteristiche, portarlo avanti negli anni senza screditarne la qualità e anzi introducendo meccaniche moderne (vedasi il sistema di copertura) è impresa non da poco. Absolution è l’Hitman che i giocatori volevano: bello, divertente, moderno e ampio.