Si è da poco concluso l’incontro con Manuel Maximilian Riolo, filosofo laureatosi all’Universita della Sapienza di Roma. Dopo un dottorato in estetica del videogioco, è al Gamerome per parlare della sua visione del media con il libro Play Ergo Sum. Un riferimento non casuale a Cartesio, con un’analisi approfondita di come il giocatore, e quindi la persona, si immedesima all’interno del videogioco e diventa conscio di essere una persona giocante. Il compito che si pone Riolo è quello di diffondere la cultura del videogioco, come lo è un film, come lo è un libro.
Il suo libro, appunto, che si basa su quattro punti fondamentali: 1. Analizzare il gioco come riferimento culturale. 2. Confrontarlo con i giochi del passato 3. Analizzare il gioco per quello che è e 4. confrontare queste analisi con i videogiocatori. Il riferimento di partenza è Kendall Lewis Walton e la sua idea di cosa le opere artistiche sono in grado di offrirci, qualunque esse siano. Di come l’uomo cerca, nelle opere, di immedesimarsi in altri ruoli. Un make believe che parte dai bambini, ma che si ripercuote anche in età adulta.
Successivamente Riolo spiega, con spunti anche di difficile comprensione (l’idea di stare seduti in un aula universitaria c’era), le realtà fittizie e di come gli oggetti sollecitino la fantasia del fruitore. Su come anche il mondo di finzione sia in realtà un mondo integro, determinato da precise regole. La parte, per il sottoscritto, più interessante, riguardava la visione dell’autore sulla moralità nel videogioco. L’esempio fatto è quello della famosa missione di modern warfare 2 nell’aeroporto russo. Per Riolo non è immorale il dover uccidere decine di civili in aeroporto (quante altre persone sono state uccise nello stesso gioco?), ma il fatto di non aver avuto la scelta di farlo o non farlo. Per Riolo infatti è più morale un GTA 5, dove l’uccidere gli indifesi pedoni è a descrezione dei giocatori.
Il confronto tra i “vecchi” media e il videogioco è costante nello studio di Riolo. E secondo lui una critica che spesso viene mossa al videogioco in modo sbagliato ha più del cinematografico che del videoludico. Generalmente viene detto che la narrativa di ad un gioco, se il gioco è un open world, si perde inevitabilmente. Oppure che i giochi sandbox non siano altro che appunto, scatole di sabbia in cui divertirsi solamente. Per l’autore di Play Ergo Sum invece è proprio con il gioco di ruolo (prende come esempio principe Skyrim) ci sia l’apice videoludico a livello di narrativa.
Nella parte conclusiva Riolo descrive come in ogni gioco ci siano 4 modi di impersonare il personaggio giocante: Sostituzione – Trasferimento – Cooperazione – Assenza. Si parte quindi da una completa personalizzazione di un personaggio sostanzialmente senz’anima come in Skyrim, passando ad uno con un backround completo come Lara Croft in Tomb Raider, fino a gestire una singola forza in Tetris. Interessanti riflessioni anche su alcuni sondaggi fatti a dei videogiocatori. Più del 70% di loro tende a compiere azioni moralmente buone durante la prima run, confermando sostanzialmente che farebbe lo stesso se quella situazione fosse propria e reale. Alla faccia di chi pensa che i videogiochi, ancora, portano verso la via della perdizione.