Quella degli Assassin’s Creed è sempre stata una saga blockbuster, di titoli pensati per un pubblico ben più ampio di una limitata cerchia di fan di lungo corso. Quest’anno però, la serie principale si prenderà una “pausa di riflessione” per tornare nel 2017 rivoluzionata (si spera) nel concept e nelle meccaniche, che ormai da un po’ iniziavano a sentire il peso degli anni. L’intenzione di Ubisoft è quella di lasciare spazio al film con Michael Fassbender in uscita il prossimo Dicembre che sarà la vera star del 2016, eppure anche in questi dodici mesi c’è stato qualcuno che ha tenuto alto il nome della saga nei videogiochi: stiamo parlando dei Climax Studio e dei loro Assassin’s Creed Chronicles. Non esattamente titoli di primo piano, questo è bene chiarirlo da subito: si tratta di produzioni a basso budget e senza chissà quale pretesa o ambizione, tre stealth game in “due dimensioni e mezzo” (se siete confusi, beh, tranquilli, ci torneremo) con elementi platform e puzzle, ognuno ambientato in un’epoca e in una location differente. Russia, inserito nei negozi digitali lo scorso 9 Febbraio, si caratterizza per essere il titolo più recente dell’intera saga degli Assassini, essendo ambientato nel 1918, nel periodo della rivoluzione bolscevica.
La vicenda, che si divide tra Leningrado (l’attuale San Pietroburgo), Kazan e Mosca, ha come protagonista Nikolai Orelov, assassino già noto a chi ha letto la serie di romanzi e fumetti ispirati ad Assassin’s Creed. Nikolai è un uomo demotivato e disilluso, al quale ormai non interessa più seguire gli ideali del Credo degli Assassini: il suo unico scopo è ottenere il denaro necessario a fuggire dalla Confraternita e vivere una vita tranquilla con la sua famiglia. Per questo accetta un’ultima missione, che lo vede cercare di recuperare un prezioso artefatto custodito dalla famiglia imperiale, sulle cui tracce sono ovviamente anche i Templari. Come già accennato, l’evento storico che fa da sfondo alla trama del gioco è la guerra civile russa, riproposta, come da tradizione della serie, in chiave piuttosto fedele alla realtà e con la presenza di diversi personaggi storici come Lev Trockij.
“Nikolai è un uomo demotivato e disilluso, al quale ormai non interessa più seguire gli ideali del Credo degli Assassini”
La storia si snoda attraverso nove livelli, interamente congegnati intorno alla meccanica delle due dimensioni e mezzo: Russia, come i suoi predecessori, è un titolo bidimensionale in cui la terza dimensione viene utilizzata per cambi di profondità o di visuale e, sempre come gli altri due Chronicles, non fa mistero di ispirarsi neanche troppo velatamente a Mark of the Ninja, titolo indipendente pubblicato nel 2012, riproponendone talvolta pedissequamente diverse meccaniche. Ciò non è affatto un male se consideriamo quanto di buono c’era in quel titolo, ai tempi osannato da critica e pubblico; purtroppo, però, i tre titoli di Climax non raggiungono, se non solo a tratti, i picchi di eccellenza nel level design e nel gameplay dell’opera di Klei Entertainment.
Ogni area del gioco è piena zeppa di diverse tipologie di guardie, tutte dalla visuale limitata e “conica” nel caso si stiano muovendo o circolare se si guardano intorno stazionando in un punto preciso; avvicinandosi al finale, inoltre, è presente un particolare tipo di nemico che può tendere agguati se non si usa la dovuta accortezza. Sebbene Nikolai possa utilizzare un fucile ed affrontare i livelli in maniera aggressiva, i Chronicles rimangono pur sempre degli stealth game, forse incarnando questa filosofia di gioco ancor più degli Assassin’s Creed “canonici”, ed il vostro obiettivo di fondo sarà quasi sempre quello di superare ogni livello cercando di non farvi notare. In tal senso, il nostro assassino avrà a disposizione diversi strumenti, come un verricello, novità di questo capitolo, utile per disabilitare gli impianti elettrici di determinati edifici e lasciare le guardie al buio, limitando quindi il loro campo visivo. Le sempreverdi bombe fumogene sono utili in più di un’occasione per togliersi d’impiccio da situazioni complicate, forse parodizzando l’eccessivo abuso che ne veniva fatto nei capitoli principali. Infine, il caro vecchio fischio, utile soprattutto per distrarre le guardie e creare diversivi.
“I Chronicles rimangono pur sempre degli stealth game, forse incarnando questa filosofia di gioco ancor più degli Assassin’s Creed canonici”
Fortunatamente, rispetto agli altri due capitoli della trilogia tutto in Russia diventa più ostico, tanto che alcune sequenze, specie verso la conclusione del gioco, vanno calcolate quasi al millimetro per essere portate a termine. Climax Studio ha deciso di operare una scelta molto saggia per “legare” in qualche modo i tre Chronicles ed invogliare il giocatore a seguire un ideale “percorso ludico” di difficoltà crescente: China è il più semplice, India ne rappresenta un’evoluzione e Russia è il più arduo da portare a termine. Il fil rouge che lo lega alle altre due produzioni è dunque quasi esclusivamente “giocato”, se si eccettua qualche riferimento piuttosto importante a China che ovviamente non vogliamo spoilerarvi. Purtroppo però, il sistema di controllo non aiuta, e, in perfetto stile Assassin’s Creed, non è sempre puntualissimo nel rispondere ai nostri input.
Il titolo si diverte spesso a giocare con la prospettiva: in alcune sezioni in apposite postazioni di tiro, ad esempio, la visuale passerà in prima persona, per poter utilizzare un fucile di precisione che servirà a far fuori diversi nemici in modo da spianarvi la strada o in alternativa coprire la vostra compagna. Si, perché la novità più grande di Assassin’s Creed Chronicles: Russia sta nella presenza di una coprotagonista, avente un ruolo fondamentale nella storia ed utilizzabile in alcuni livelli: stiamo parlando di Anastasia Romanova, la quartogenita dei cinque figli dello Zar. La ragazza, che assumeremo sotto la nostra protezione quasi subito dopo l’inizio del gioco, è dotata di poteri misteriosi e molto particolari, conferiti dal sistema Helix e, sembra, dall’effetto osmosi con un altro personaggio ben conosciuto a chi ha giocato China.
“In un mondo prevalentemente in bianco e nero spicca il rosso degli elementi chiave del gioco, scelta ovviamente motivata, essendo il colore simbolo della rivoluzione”
Ella, pur non disponendo dell’imponente armamentario di Nikolai, può infatti rendersi invisibile alle guardie in qualunque momento oppure far sparire istantaneamente i corpi dei nemici assassinati. L’unica cosa che accomuna i due è l’estrema facilità con cui possono finire all’altro mondo, dal momento che in Russia la gran parte dei nemici potrà spararvi, o in alternativa uccidervi con un solo attacco (due, se siete fortunati) negli scontri corpo a corpo. Questo a meno di sbloccare potenziamenti, cosa che, va detto, è comunque non proprio semplice da fare alla prima run. È presente una specie di sistema di counter per parare o schivare e quindi contrattaccare, ma è decisamente più semplice non farsi vedere: se scatterà l’allarme, nella maggior parte dei casi sarete morti. Se riuscirete a sfuggire ai nemici, questi continueranno a cercarvi per una decina di secondi, dopodiché torneranno ai loro compiti abituali: avremmo preferito, da questo punto di vista, un’IA decisamente più incalzante.
Poco si può rimproverare al comparto grafico del titolo: sebbene il motore di gioco non sia certo di rilievo e non faccia gridare al miracolo, è la direzione artistica che rende davvero speciale questo Chronicles Russia, così come i suoi due predecessori. Anche qui, ad esempio, la storia è raccontata tramite sequenze d’intermezzo non interattive che ricordano un fumetto, ed il periodo storico della rivoluzione è reso in maniera fedele ed attendibile: se China era probabilmente il più “bello” dei tre e India il più ispirato dal punto di vista artistico, Russia è sicuramente il più realistico e fedele all’epoca in cui è ambientato. In un mondo prevalentemente in bianco e nero spicca il rosso degli elementi chiave del gioco, scelta ovviamente motivata, essendo il colore simbolo della rivoluzione. Peccato per il comparto sonoro, dove si sarebbe sicuramente potuto osare di più, considerato che quegli anni sono rimasti fortemente caratterizzati, nell’immaginario collettivo, anche dalle musiche patriottiche sovietiche. Inoltre, alcuni personaggi avrebbero forse potuto avere un accento più marcato, ma sono piccole debolezze che un titolo senza particolari ambizioni può anche concedersi. Per quanto riguarda la longevità , le nove sequenze principali possono essere completate in un tempo che varia dalle 3 alle 6 ore (molto influisce l’aver giocato i due predecessori), ma l’introduzione di punteggi per i singoli livelli, una modalità “nuova partita +” e alcune sfide a tempo aumentano di molto la rigiocabilità .
“Russia, come India e China, è un riuscito quanto curioso abbinamento tra gli stealth game come Mark of the Ninja e la serie di Assassin’s Creed”
Tirando le somme, Assassin’s Creed Chronicles: Russia rappresenta la degna conclusione della trilogia cui appartiene, anzi, innalza ulteriormente il livello di gioco grazie a una maggiore e più riuscita stratificazione del gameplay e ad alcune novità  ben inserite nell’ecosistema di gioco, come la presenza di due protagonisti con capacità uniche, che consente di diversificare l’azione oltre ad essere ampiamente esplorata a livello narrativo. Russia, come India e China, è un riuscito quanto curioso abbinamento tra gli stealth game come Mark of the Ninja e la serie di Assassin’s Creed. Fa comunque impressione notare come siano tre titoli non di primo piano a dare nuovo vigore a quella che dovrebbe essere la caratteristica principale della serie ideata da Ubisoft, lo stealth, appunto, per giunta inserita in una tipologia di gioco totalmente differente da ciò a cui i suoi fan sono solitamente abituati.