Donkey Kong Country Returns si prepara a un nuovo, ennesimo, rimpatrio sulle console, un evento che, per quanto mi riguarda, suscita sentimenti contrastanti. Ricordo bene il 2010, l’anno in cui il quarto capitolo della serie Donkey Kong Country fece il suo debutto su Wii: era il periodo in cui Nintendo spingeva molto sul motion control a tutti i costi, scelta che nel caso di Returns si rivelò non del tutto azzeccata, pur non inficiando troppo la qualità del gioco. Poi, nel 2013 arrivò la versione per Nintendo 3DS, Donkey Kong Country Returns 3D, che trapiantò il brillante platform in formato portatile con l’aggiunta dell’effetto 3D stereoscopico e di una manciata di livelli. Ora, nel 2025, a distanza di oltre un decennio dall’esordio, ecco che Nintendo – o meglio, Forever Entertainment, lo studio incaricato del porting al posto di Retro Studios, che lavorò sull’originale – torna a proporre Donkey Kong Country Returns HD per Nintendo Switch. Non si può negare che la casa di Mario abbia sfruttato a fondo questa IP, riproponendola su diverse piattaforme e generando di conseguenza notevoli profitti, una strategia che, se da un lato permette a nuove generazioni di giocatori di scoprire (o riscoprire) un classico del genere, dall’altro lascia un interrogativo persistente: c’era proprio bisogno di un’ulteriore trasposizione? Ma soprattutto, cosa offre di concretamente nuovo questa versione HD rispetto a quelle che l’hanno preceduta?
La domanda che mi pongo, e alla quale ho cercato risposta durante l’analisi che segue, è se Donkey Kong Country Returns HD sia sempre in grado di regalarmi quella scorpacciata di livelli impossibili che tanto mi aveva divertito (e infuriato) all’epoca o se, al contrario, mi sono ritrovato fra le mani una banana un po’ troppo matura, trasformatasi in un’esperienza stantia e priva di reale mordente. Quindi lasciatemi indossare il cravattino rosso, simbolo inconfondibile del re dei Kong, e approfondire questo nuovo adattamento per Nintendo Switch. Cercherò di capire se si tratti di un’operazione nostalgia ben riuscita, capace di riportare in auge le emozioni di un tempo, o di un’occasione mancata per celebrare degnamente un caposaldo della sua generazione, concentrandomi sul comparto tecnico, con un occhio di riguardo alle migliorie grafiche e alla resa su Switch, sul gameplay, sui comandi riveduti e corretti, sull’eventuale presenza di novità e, ultimo ma non per importanza, sul rapporto qualità-prezzo, che per simili operazioni è sempre cruciale. In poche parole, proviamo a vedere se vale davvero la pena tornare nella giungla, ancora una volta, con Donkey e Diddy Kong.
Donkey Kong Country Returns HD: scimmia vede, scimmia fa
Come nelle precedenti incarnazioni, Donkey Kong Country Returns HD si apre con l’iconico furto della scorta di banane di Donkey Kong, perpetrato questa volta dalla Tribù Tiki Tak, un manipolo di maschere tiki senzienti che prendono il posto dei Kremling, i coccodrilli antagonisti storici della serie. La trama, come da tradizione per questo franchise, è ridotta all’osso: DK, furibondo per l’affronto subito, si lancia all’inseguimento dei ladri in compagnia del suo fidato compare Diddy, con l’obiettivo di ristabilire un po’ di sano ordine e di recuperare il maltolto a suon di pugni e barili. Non aspettatevi quindi chissà quale narrazione complessa o colpi di scena sorprendenti; le vicende sono una semplice scusante per dare il via alla concatenazione dei livelli, un fattore che non dovrebbe cogliere di sorpresa chiunque abbia una minima familiarità con il mondo di Donkey Kong. La trama è un pretesto, ma l’azione è il cuore pulsante del gioco. Come suggerito inequivocabilmente dal titolo, la qui presente versione HD si propone di modernizzare l’aspetto visivo del gioco originale, nato in definizione standard per Wii. Il risultato è una resa grafica più nitida e definita, con un contrasto più accentuato che dona maggiore chiarezza agli elementi a schermo. L’Isola di Donkey Kong, pur apparendo gradevole in alta definizione, non riesce a replicare lo stesso effetto “wow” che suscitava quindici anni fa. Questo, a mio avviso, è dovuto a diversi fattori. Sebbene alcuni effetti grafici e dettagli dello sfondo appaiano leggermente “fuori posto” in questa nuova versione, come se fossero stati semplicemente “stiracchiati” per adattarsi alla maggiore risoluzione, la maggior parte delle imperfezioni visive che ho notato sono semplicemente il risultato dell’alta definizione e della maggiore luminosità che mettono impietosamente in luce le limitazioni degli asset originali. In altre parole, la maggiore chiarezza non fa altro che evidenziare la “vecchiaia” di alcuni elementi grafici, che all’epoca passavano inosservati grazie alla minore risoluzione, svelandone impietosamente i limiti.
Per fortuna, il gioco mantiene una fluidità invidiabile, attestandosi quasi costantemente sui 60 fotogrammi al secondo, con rarissimi e impercettibili cali di frame rate che si contano sulle dita di una mano, qualità che garantisce un’esperienza fluida e reattiva, un aspetto fondamentale per un platform di precisione. Per quanti dovessero avvicinarsi per la prima volta a Donkey Kong Country Returns, è importante sottolineare che le abilità del nostro peloso protagonista sono piuttosto basilari: salto, rimbalzo sui nemici, rotolata, potente colpo a terra e, peculiarità di questo titolo, la possibilità di soffiare su alcuni elementi dello scenario, come fiori e girandole, per attivare meccanismi o rivelare segreti. Non ci sono veri e propri power-up, se non la possibilità di cavalcare occasionalmente Rambi il rinoceronte, che conferisce a DK maggiore potenza e resistenza. Inizialmente, il controllo di Donkey Kong può sembrare un po’ “legnoso” e meno preciso rispetto ad altri platformer contemporanei, come le più recenti iterazioni di Mario, ma ci si abitua piuttosto velocemente alla sua stazza e alla relativa inerzia. Un aspetto che ho apprezzato particolarmente di questa versione HD è l’eliminazione della necessità di agitare il Wiimote per eseguire alcune azioni, come il colpo a terra, che nella versione Wii risultava spesso impreciso e frustrante. Ora, tutte le azioni possono essere eseguite con la semplice pressione di un pulsante, un cambiamento che rende il gioco decisamente più gradevole e accessibile. Tuttavia, il sistema di controllo non è esente da difetti: l’assegnazione del pestone a terra e della rotolata allo stesso pulsante può causare di tanto in tanto delle cadute accidentali nel vuoto, un piccolo inconveniente che, pur non compromettendo nel complesso la giocabilità, può risultare fastidioso in tutti quei passaggi che mettono alla prova l’accuratezza del giocatore. E aspettatevi di doverne affrontare parecchi.
Un ritorno sull’investimento
Oltre alle abilità di base, a volte Donkey Kong ha la possibilità di liberare Diddy dalle caratteristiche botti il quale, saltandogli in groppa, non solo raddoppia la sua barra della salute, ma gli fornisce anche una preziosa spinta a razzo, utile per superare ampi burroni e raggiungere piattaforme altrimenti inaccessibili. Devo ammettere che le abilità di Diddy rappresentano un notevole valore aggiunto al gameplay di DK, offrendo nuove possibilità di movimento e di esplorazione. Tuttavia, ho trovato la disponibilità delle botti in cui viene imprigionato fin troppo limitata e, a volte, posizionata in maniera un po’ irritante: anche se tecnicamente non sia indispensabile avere la piccola scimmietta al proprio fianco per completare i livelli, alcuni degli stage più avanzati, caratterizzati da una difficoltà decisamente elevata, mi sono sembrati quasi insormontabili senza il suo prezioso aiuto. La presenza di Diddy, quindi, pur non essendo obbligatoria, diventa spesso cruciale per superare le sfide più ardue. Il gioco presenta anche una modalità cooperativa locale che permette a due giocatori di condividere l’avventura, con un giocatore che controlla Donkey Kong e l’altro Diddy. Sulla carta, l’idea è interessante e promette momenti di divertimento condiviso. Tuttavia, alla prova dei fatti, devo ammettere che non offre alcun reale vantaggio in termini di gameplay, anzi in talune circostanze si rivela addirittura controproducente. Ad esempio, se entrambi i giocatori muoiono contemporaneamente, cosa che accade fin troppo spesso durante le sequenze più concitate, il gioco sottrae ben due vite invece di una sola, aumentando inutilmente il grado di frustrazione. La cooperativa quindi, malgrado lasci trapelare qualche sprazzo di divertimento, si rivela spesso più problematica che utile, occasione sprecata per implementare una modalità profonda e coinvolgente, magari con enigmi ambientali da risolvere in sinergia o con sfide pensate appositamente per il gioco di squadra. Per quanto riguarda il level design, Donkey Kong Country Returns si pone come un ideale seguito della trilogia originale per Super Nintendo, sviluppata da Rare: i livelli presentano una struttura semplice ma al contempo impegnativa, che spinge costantemente il giocatore ad avanzare a un ritmo sostenuto, alternando sezioni platform tradizionali ad altre che richiedono salti precari, l’utilizzo di liane per oscillare, il lancio con i consueti Barili DK e, ovviamente, le immancabili e adrenaliniche sequenze a bordo dei carrelli minerari. Si tratta insomma di un mix ben calibrato di elementi che contribuiscono a creare un’avventura variegata ed entusiasmante.
Grazie all’utilizzo di una grafica completamente poligonale, che sostituisce i modelli pre-renderizzati e a volte un po’ statici dei primi Donkey Kong Country, tanto le movenze quanto le animazioni risultano più fluide e naturali. Di contro, non tutto scorre sempre in maniera impeccabile e, a volte, ho notato qualche piccola incertezza. Ripensandoci, sembra proprio che Retro Studios fosse ancora alla ricerca di una propria identità con questo titolo: quantunque Donkey Kong Country Returns contenga un buon assortimento di situazioni ludiche, con livelli che propongono sfide uniche come affrontare un polpo gigante, fuggire da orde di insetti, evitare onde anomale e molto altro, ci sono alcuni momenti in cui veniamo catapultati in una sorta di routine, e costretti ad affrontare diversi livelli con dinamiche fin troppo simili uno dopo l’altro. Tale risvolto si palesa in modo particolarmente fulgido una volta raggiunto il Mondo 4 che, a mio avviso, rappresenta il punto più debole dell’intera avventura: Retro Studios aveva infatti deciso di dedicare interamente questo mondo alle corse sui carrelli e sui barili razzo ma, a differenza del successivo capitolo della serie, Tropical Freeze, nei livelli di Returns basta un solo errore, un singolo ostacolo mancato, e si perde una vita. La necessità di imparare praticamente a memoria i percorsi ottimali per superare indenni queste sezioni rende il Mondo 4 particolarmente ostico e, a mio avviso, potrebbe rappresentare un vero e proprio “punto di rottura”: il focus eccessivo dedicato a queste meccaniche, che richiedono poca destrezza e molta abilità mnemonica, rischia di compromettere l’intera esperienza, soprattutto per chi si appresta alla stessa da completo neofita.
Il tempo vola come una freccia, la frutta come una banana
La difficoltà di Donkey Kong Country Returns è un aspetto che potrebbe mettere a dura prova i giocatori odierni, abituati a standard di sfida differenti. Parlo con cognizione di causa, avendo affrontato innumerevoli platform nel corso degli anni, inclusa l’incarnazione del qui presente ai tempi della Wii. Di base non siamo dinanzi a un titolo semplice, anzi tutt’altro, ma rigiocandolo ho notato diversi passaggi che avrebbero beneficiato di un bilanciamento migliore, con trappole mortali che compaiono appositamente all’improvviso per non darci possibilità di reagire in tempo, e con una disposizione delle piattaforme che definirei quasi ingannevole, pensata appositamente per cogliere di sorpresa e punire anche il minimo errore. Donkey Kong Country Tropical Freeze, suo sequel diretto, aveva calibrato decisamente meglio il livello di sfida, proponendo sezioni intense e impegnative ma sempre eque e mai frustranti. In Returns, invece, questa sensazione di “ingiustizia” è palpabile in diverse occasioni, per quanto siano disponibili alcuni strumenti per mitigarne la brutalità: visitando il negozio di Cranky Kong, ad esempio, è possibile acquistare vite extra, un potenziamento temporaneo della barra della salute e altri oggetti utili spendendo le Monete Banana che si raccolgono durante i livelli. Un’altra opzione, pensata per aiutare i giocatori in difficoltà, è la funzione Super Kong, che si attiva dopo aver perso un certo numero di vite in un determinato livello: Super Kong gioca automaticamente il livello al nostro posto, lasciandoci la facoltà di riprendere il controllo in qualsiasi momento. Un’idea interessante, ma che in definitiva risulta poco soddisfacente, soprattutto considerando che gli oggetti collezionabili ottenuti con Super Kong attivo non vengono conteggiati per il completamento del gioco. Si tratta, in sostanza, di una soluzione tampone che non risolve il problema di fondo, perché solo una taratura a monte di ciascun livello avrebbe potuto.
Possiamo anche scegliere di iniziare la partita in “Modalità Moderna”, che di fatto è una riproposizione della “Modalità Nuova” presente nella versione per 3DS, grazie alla quale inizieremo con un numero maggiore di cuori e la possibilità di acquistare oggetti più potenti nel negozio di Cranky, rendendo il viaggio leggermente più abbordabile. Questo banale ritocco al livello di difficoltà è praticamente l’unica novità contenutistica inclusa in Donkey Kong Country Returns HD, dotato altresì dei medesimi extra presenti nella versione per 3DS senza alcuna aggiunta o modifica significativa, scelta che indebolisce notevolmente il valore dell’intera operazione. Detto ciò, non si può negare che il gioco comprenda già un quantitativo sostanzioso di cose da fare: la campagna principale richiede una dozzina di ore per essere completata, e chi desidera raccogliere tutte le diaboliche lettere K-O-N-G, i pezzi di puzzle e superare gli impegnativi livelli segreti dovrà dedicargli almeno il doppio del tempo. La longevità quindi non è un vero problema, ma non posso esimermi dal pensare che Nintendo e Forever Entertainment avrebbero potuto fare molto di più per rendere questo ritorno di Donkey Kong davvero memorabile. Donkey Kong Country Returns era un platform 2D all’avanguardia nel 2010, ma da allora è stato superato da molti altri titoli del genere, in primis Donkey Kong Country Tropical Freeze, considerato da molti il capitolo migliore della serie, che rappresenta il confronto più ovvio e impietoso. Con qualche rifinitura al gameplay, una compensazione più oculata della difficoltà e l’aggiunta di contenuti inediti degni di essere chiamati tali, Returns avrebbe potuto raggiungere gli standard di molte altre produzioni moderne. Così com’è, invece, la peluria canuta sulla schiena del nostro gorillone preferito inizia a mostrare i segni del tempo, e questo restyling così essenziale non basta a coprirli del tutto.
Donkey Kong Country Returns HD contiene ancora degli scampoli di puro divertimento con le sue corse sui carrelli, i salti precisi e il ritmo incalzante. Ciò nonostante, al di là di una rinfrescata grafica non rivoluzionaria e per certi versi manchevole, non riesce a competere con tutti i platform che gli sono succeduti, incluso Tropical Freeze. Resta da consigliare ai completisti di DK e ai novizi in cerca di una sfida in stile vecchia scuola Nintendo, difficile ma appagante. Viceversa, la totale assenza di novità, unita a un prezzo di lancio inusitato, rende questa riedizione poco appetibile. Il ri-ri-ritorno di Donkey Kong basa tutto sul fattore nostalgia senza avere molto altro da dire: il gioco originale resta un’avventura assolutamente meritevole, ma la scialba conversione che gli è stata riservata potrebbe non bastare a giustificare l’acquisto per chi l’ha già vissuta.
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