Seppure P.T, la demo/teaser giocabile del progetto Silent Hills di Hideo Kojima e Guillermo Del Toro non sia mai effettivamente uscita da quella fase di prova e Konami abbia addirittura fatto una damnatio memoriae dell’intero prodotto sia nei server del PS Network che nelle varie piattaforme di ecommerce in cui venivano messe all’asta le console con il gioco pre-caricato, il modello del survival horror in prima persona cinematografico ideato dal creatore di Metal Gear continua a influenzare la creatività di una nuova generazione di sviluppatori del terrore. Karma: The Dark World è l’ultimo figlio del genere “P.T-like”, coinvolgendo il giocatore all’interno di un fanta-trip ambientato in una linea temporale alternativa in cui il muro di Berlino non è mai caduto e la società si è evoluta di conseguenza sia dal punto di vista sociale che politico. Cosa ci aspetterà al varco? Scopriamolo nell’analisi della demo pubblicata qualche settimana fa.
Il Grande Fratello cercherà te!
Daniel McGovern si sveglia confuso e spaventato. Come se fosse appena uscito dal grembo materno, inizia a guardarsi attorno e ad analizzare il mondo circostante: una stanza d’ospedale, il suo corpo pallido e un macchinario attaccato ad esso che gli sta infondendo dentro una sostanza liquida scura e vischiosa come il petrolio. Lo spaesamento è la prima emozione che proviamo, dovuta alla chiara volontà degli sviluppatori di gettarci all’interno di un contesto narrativo di cui non sappiamo nulla. Uscito dalla stanza, il giovane inizia un percorso di “calibrazione” (che nel gameplay coincide con le impostazioni generali audio e video del gioco) molto più simile al processo a cui andrebbe incontro un androide dopo un riavvio, piuttosto che un essere umano. O magari, un essere non del tutto animato, simile alle cataste di fantocci presenti nelle stanze successive, che iniziano a far scendere la mente di Daniel nel vortice della follia. Quale può mai essere la spiegazione per tutto questo? La verità è che Daniel McGovern non è nient’altro che un agente della Leviathan Corporation, una mega corporazione della Germania dell’Est che in questo 1984 alternativo detiene il monopolio di tutti i settori dell’industria, dall’informazione cartacea ai rivoluzionari media come la televisione, la radio e i primi computer per l’ufficio, fino alla sicurezza e all’ordine dei cittadini e alla medicina. Quello in cui Daniel vive è un mondo in cui le persone sono state private del libero arbitrio in nome della produttività , del lavoro e della promessa di un futuro radioso, utopia alla quale tutti ambiscono, ma che realisticamente solo in pochi sono destinati a raggiungere. Lo scopo della sua missione è indagare nella mente dei cosiddetti “accusati”, scandagliando la loro mente con un complesso macchinario che permetterà a Daniel di immergersi nei loro ricordi. Â
Hai paura dei loro ricordi?
Una volta immersi nel primo mondo onirico offerto dalla demo, ci siamo trovati davanti a una sequenza serratissima all’interno della mente di Shawn, un dipendente comune della Leviathan Corporation che ha subito l’amputazione di una gamba, a causa dello scontro con un mostro dalle sembianze orripilanti, non molto diverso dalle creature partorite dalla mente di Guillermo del Toro per Il Labirinto del Fauno, e che tutt’ora continua a tormentare la sua mente. Questo almeno è quanto è successo secondo l’uomo. Il percorso che noi facciamo ripercorrendo i suoi ricordi è un susseguirsi di stanze dal significato criptico, che riflettono perfettamente le paure e le caratteristiche chiave della “distopia ultracapitalista”: dipendenti trasformati in schermi che dalla loro maschera sorridente parlano bene della compagnia e che poi lentamente si corrompono e compongono un tetro scenario, riconducibile alla peggiore delle aziende in termini di cultura del lavoro e diritti umani. Il tutto viene espresso attraverso un mix di linguaggi, tra horror analogico e piccole incursioni nei classici topoi della narrativa cyberpunk, puntando tutto sulla direzione artistica e su un level design che, se si manterrà su questi livelli per tutto il gioco, ha il potenziale per alzare l’asticella del genere survival horror cinematico.Â
Karma trae chiaramente ispirazione dallo storytelling frammentato tipico delle opere di David Lynch e lo mescola in modo creativo alle funzioni Lumen e Nanite di Unreal Engine 5 che gestiscono in modo dinamico luce e ambienti, rendendo il tutto ancora più vicino all’esperienza cinematografica. Non facciamo spoiler, perché, se ne avete la possibilità , vi consigliamo di provare la demo, ma chi arriverà fino in fondo a questo breve ma intenso incubo scoprirà fin da subito di cosa stiamo parlando. E, come noi, non vedrà l’ora di mettere le mani sul prodotto completo.
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