Non aprite quella porta Recensione, 50 anni di puro terrore

Il capolavoro di Tobe Hooper compie cinquant'anni e torna al cinema in 4K grazie a Midnight Factory!

Non aprite quella porta torna al cinema e successivamente in home video restaurato nello splendore del formato 4K grazie a Midnight Factory per festeggiare un primato decisamente invidiabile, ovvero i cinquanta anni dall’uscita originale nei cinema statunitensi. Non si tratta di un film qualunque, ma di un’opera seminale da conoscere a tutti i costi se si ama il genere Horror, una vera pietra miliare ormai senza tempo, citata da generazioni di cineasti successivi, iconica, immortale ed unica. E sapete la cosa più importante di tutte? La pellicola è terrorizzante, viscerale e spaventosa oggi come ieri. Preparatevi a rivivere uno dei più grandi incubi della vostra intera vita e a non dormire la notte, il primo ed inimitabile The Texas Chainsaw Massacre è tornato! Una motosega è per sempre.

Non aprite quella porta
Gli scenari soffocanti, caldissimi ed assolati del Texas negli anni settanta sono palpabili ed estranianti….

Facevano oltre quaranta gradi, in quella lontana e torrida estate texana del 1974…

Dalle geniali menti visionarie di Tobe Hooper e Kim Henkel nascono, ben cinquanta anni fa, il soggetto e la sceneggiatura di un film apparentemente sgangherato e lanciato senza alcuna pubblicità per il circuito dei drive-in all’aperto statunitensi, dove, tra quintali di salatissimi pop-corn, fumo libero e litri di coca Cola, si andava alla ricerca di brividi facili, tra vecchi e nuovi film thriller, sci-fi e soprattutto horror. Pellicole spesso strane e bizzarre, proiettate al chiaro di Luna per un pubblico principalmente di giovanissimi, bramosi di emozioni forti, che avrebbero acceso l’adrenalina durante la proiezione. The Texas Chainsaw Massacre però è diverso, fin dall’incipit che cerca di farlo passare per una storia vera, con tanto di primi minuti girati quasi in maniera documentaristica. In Italia la geniale localizzazione del nome nell’impressionante, quanto efficace titolo Non aprite quella porta ha contribuito a consacrarne il mito, che dai piccoli cinema di periferia degli States ha pian piano conquistato il mondo intero, diventando uno dei film simbolo del genere stesso.

Si tratta, del resto, quasi di un debutto dei due autori, che dopo la cocente delusione di un precedente ed incompreso film drammatico del 1969, intitolato Eggshells, diretto da Hooper e prodotto dal suo socio storico, hanno ben pensato di cavalcare l’onda del successo di un genere che, proprio negli anni settanta, stava conoscendo una vera e propria rinascita, ovvero l’Horror più sperimentale. Il pubblico, infatti, ormai stufo dei “Classic Monsters” in stile Universal Movies, ovvero Dracula, La Mummia, L’Uomo Lupo e degni compari, che dagli anni trenta monopolizzavano gli schermi cinematografici, voleva qualcosa di nuovo. La paura, in quel decennio, ha protagonisti nuovi, non più tratti dall’immaginario fantasy, ma più spesso da quello della miseria umana, psicopatici, serial killer, malati di mente, semplici uomini (o donne) che mostri lo sono nella mente, e nelle sue derive più terrorizzanti. Potremmo chiamarli, per contrapposizione, “New Monsters”.

Non aprite quella porta
Dentro quella casa isolata nella campagna texana si cela un pericolo inimmaginabile, la pazzia ha preso il sopravvento….

Non aprite quella porta, pietra miliare del genere Horror Slasher

Non aprite quella porta, di fatto, pur concepito come produzione a basso costo, diventa una vera pietra miliare, come abbiamo detto, e contribuisce anche a spingere il sottogenere degli slasher movie, che come sanno gli amanti del terrore, è uno dei sottogeneri più estremi dell’Horror. Il film è girato nell’economico formato dei  16 millimetri con un budget iniziale di soli sessantamila dollari e la piccola fattoria semi abbandonata nei pressi di Round Rock, Austin apparteneva ad un amico del regista che l’ha fornita gratuitamente. Questa costruzione, per anni, è stata meta di culto per gli appassionati del genere horror! Lo slasher, storicamente, nasce sotto la spinta di intuizioni di registi come Mario Bava, che gatta i primi semi in alcune sue opere come Reazione a Catena del 1971, e Dario Argento nel primo periodo d’oro. Gli autori pionieri iniziano a creare il canovaccio base del genere stesso, che prevede un serial killer efferato, con armi spesso improprie, possibilmente con una maschera inquietante ed a volte una ragazza che, pur ferita, sanguinante, vituperata e traumatizzata, spesso si salva diventando la cosiddetta “Final Girl”. Si, esattamente come il nostro caro Letherface e la sua vittima finale, protagonisti di Non Aprite quella porta. Il genere sarebbe poi esploso grazie a successive opere importantissime del genere come Le colline hanno gli occhi del 1977 di Wes Craven, l’indimenticabile Halloween di John Carpenter del 1978, e la sanguinosa saga Venerdì 13 di Steve Miner del 1980. Michael Myers e Jason, senza Faccia di Cuoio, forse non sarebbero esistiti, o perlomeno sarebbero stati diversi.

Tobe Hooper nella sua carriera in seguito ha realizzato quasi sempre pellicole horror, specializzandosi nel genere e portando sullo schermo anche alcuni romanzi di Stephen King, ma la sua opera più terrificante e disturbante resta proprio The Texas Chainsaw Massacre, diventato presto una quadrilogia tra gli anni 80 e 90, a cui si uniscono ben cinque film moderni che ne celebrano il mito. La sorpresa dei fan nel visionare il primo sequel datato 1986, lo ammettiamo, è stata forte, perché per Non aprite quella porta – Parte 2 il regista Tobe Hooper, coadiuvato dallo sceneggiatore Lewis Minor Carson, ha scelto l’inaspettata via della commedia horror, in cui la famiglia di pazzi cannibali del primo film viene di fatto parodiata con assurde trovate comiche “stile anni 80”, e diventando presto uno dei pezzi da novanta del catalogo Cannon Films. Il successivo Non aprite quella porta – Parte 3, scritto da Tobe Hooper ma diretto da Jeff Burr, torna sui suoi passi ed appare quasi come un remake moderno del capostipite, come del resto Non aprite quella porta IV del 1995, ultimo dei film classici, curato completamente da Kim Henker, lo sceneggiatore originale, che narra una storia simile, di ambientazione contemporanea e con qualche tocco ironico non eccessivo, che celebra il trentennale. Un film all’epoca molto difficile da trovare in VHS, ed il cui ritrovamento nello scantinato tetro tra i cestoni in una videoteca di periferia, in “bundle” col primo film, è stato, per chi scrive, un vero evento prezioso. La prima motosega non si scorda mai, del resto. 

Non aprite quella porta
La locandina ufficiale di Non aprite quella porta, un nostalgico ritorno al cinema per un film iconico e disturbante, oggi come ieri!

Midnight Factory è orgogliosa di presentare The Texas Chainsaw Massacre 50th!

In seguito all’uscita originale al cinema, con tanto di proiezioni proibite in diversi stati del mondo, la pellicola ha debuttato presto in formato home video, con spasmodica ricerca delle introvabili videocassette in VHS da parte degli appassionati nei primi anni ottanta, seguita dalle moderne riedizioni in DVD e Blu-Ray, e attuale consacrazione della pellicola, oggi rinata nello splendore del formato 4K, grazie alla cura della casa specializzata nel genere Midnight Factory, il cui catalogo di opere, per noi appassionati del genere, lo dobbiamo riconoscere è un vero “Santo Graal” del terrore. Oggi, grazie a questo editore, che trovate al seguente LINK, abbiamo edizioni molto curate e rare di pellicole iconiche del passato, spesso disponibili anche in edizioni da collezione. Non vediamo l’ora, quindi, di mettere le mani sulla ghiotta Limited Edition del catalogo Midnight Classics in formato Blu Ray 4K Ultra HD – Edizione 50mo Anniversario! Trovate la riedizione celebrativa di ben tre dischi con oltre cinque ore di contenuti speciali, due diversi doppiaggi, quello originale ed uno inedito nuovo di zecca e tantissimi extra in questa pagina.

Ma The Texas Chainsaw Massacre meritava di più, per festeggiare il suo cinquantennale, ed ecco che, nei giorni 23, 24, 25 Settembre 2024, l’iconica pellicola torna anche nel suo formato originale, ovvero sugli schermi cinematografici, con tanto di audio originale e sottotitolato. Un vero evento mediatico che nessun vero fan del genere può assolutamente perdere! Abbiamo visto in anteprima stampa la pellicola e, lo dobbiamo ammettere, siamo davvero rimasti terrorizzati. Pur conoscendo praticamente a memoria il film, vederlo nello splendore del moderno 4K, con un lavoro di ripulitura digitale fatta fotogramma per fotogramma, lo rende ancora più spaventoso. Tutte le trovate audiovisive di Tobe Hooper, la regia nervosa e quasi con piglio documentaristico, inclusi i primi piani, le sequenze distorte, la realistica mimica facciale degli attori, che da sola reggerebbe il film, unite rendono Non aprite quella porta unico ed indimenticabile, e rivederlo in questa eccezionale riedizione filologica fa scattare una lacrimuccia negli appassionati.

Non aprite quella porta
Le espressioni di puro terrore della protagonista del film, con ferite profonde, canottiera strappata, ricoperta di sangue ed ormai ridotta a “Final Girl” sono rimaste nell’immaginario collettivo…

Non aprite quella porta, vi aspetta il vero terrore, ovvero la realtà di tutti i giorni

Ma perché Non aprite quella porta fa così paura e, soprattutto, è davvero una storia vera? In questi cinque decenni di permanenza nei cataloghi dell’orrore il film ha sempre avuto un posto speciale, e, in molti, tra i fan hardcore, dicono che quando ci si appassiona al genere, esista un punto preciso di svolta, ovvero l’approccio all’orrore prima di averlo visto e dopo… sono stati scritti fiumi di parole sul film (come direbbero i Jalisse), centinaia di analisi, trattati, recensioni e libri, per capire il motivo del successo e perché sia così disturbante. Ebbene, i geniali autori Tobe Hooper e Kim Henkel hanno unito sapientemente fantasia e realtà, traferendo una storia reale di cronaca nel setting texano ed unendolo alla realtà di uno stato in cui, nei primi anni settanta, a parte l’estrazione del petrolio e l’allevamento degli animali per l’industria della carne, c’è davvero poco altro. La trama del film parte da un crimine necrofilo, ovvero la profanazione del cimitero della tranquilla città provinciale di Newt, nel Texas, (città di fantasia, situata nella reale Contea di Childress) in cui qualcuno ha profanato i resti dei cadaveri sepolti, amputando loro tutti gli arti e la testa. La polizia locale brancola nel buio, cercando il colpevole. Nello stesso momento uno sfortunato gruppo di moderni hippie a bordo di un furgone decide di andare a passare un fine settimana nella casa in campagna di un parente, abbandonata da un po’ di tempo, inoltrandosi nel territorio poco abitato della zona rurale. L’improvviso apparire di un autostoppista, che li aggredisce, e l’esaurirsi della benzina, li farà venire a contatto con una bizzarra famiglia di ex macellai, che a quanto pare sono adesso diventati pazzi cannibali, e stanno uccidendo chiunque capiti loro a tiro, per mangiarlo, visto che il mattatoio dove hanno lavorato per anni ha chiuso i battenti. Uno di loro, detto Letherface, indossa maschere fatte di pelle umana con le facce strappate alle vittime!

“Non è solo un film! Non è solo un film! Non è solo un film! E’ realmente accaduto!”

(Tagline del Flyer originale del 1974)

Nello strillo della locandina del film, dipinta a mano, la cui riproduzione è stata regalata in sala da Midnight Factory, nel 1974 appare una scritta inequivocabile, che recita: “Non è solo un film! E’ realmente accaduto!”. In realtà questa affermazione, come anticipato, è vera solo in parte, poiché il personaggio di Leatherface è ispirato al reale serial killer statunitense Ed Gein, che non era un macellaio, ma un droghiere, che ha operato nello stato del Wisconsin negli anni cinquanta, e che ha ucciso nella sua lunga carriera decine di persone, soprattutto donne, oltre ad aver profanato tante tombe. Nella sua casa sono stati ritrovati oggetti decorativi realizzati con resti umani, teste usate come portalampade, sedie ornate da scheletri e tanto altro, similmente alla casa di Leatheface. Peraltro il criminale seriale ha ispirato ben sei diverse pellicole, tra cui spiccano Psycho di Alfred Hitchcock del 1960 ed Il silenzio degli Innocenti del 1991, incluse due monografiche a lui dedicate. Tra le tante chiavi di lettura del film spicca, ovviamente, anche quella animalista, poiché la pellicola è anche una forte critica all’industria della carne, e veicola il messaggio che, lavorare in una simile industria, possa portare alla pazzia, oltre al fatto che uno dei personaggi si schieri apertamente contro il consumo di derivati animali, cosa che, per gli anni settanta, era anche molto in anticipo sui tempi. Da poco la stampa statunitense aveva svelato la composizione dell’epoca della “deliziosa” gelatina, usata nell’industria dolciaria, fatta in realtà con resti di animali morti come corna e zoccoli liquefatti, per esempio, cosa citata prontamente all’inizio del film. Il vero mostro di Non aprite quella porta, del resto, non è una creatura soprannaturale, ma la semplice pazzia umana derivata da influenze esterne ed ambienti malsani.

Abbiamo già parlato degli autori principali del film, ovvero regista e sceneggiatore, ma dobbiamo anche soffermarci, brevemente, sul cast attoriale. Certo, il genere Slasher, lo sappiamo, mette in scena solitamente giovani e spensierati gruppetti di giovani in vacanza, che a volte fanno il bagno nudi a Crystal Lake, altre volte esplorano le caldissime campagne texane, con abbigliamento hippie ed un furgone super accessoriato. La bravura degli attorie la loro mimica facciale, pur debuttanti, ha contribuito parecchio al successo del film, e dobbiamo ricordarli, sia i carnefici che le vittime. Primo tra tutti, ovviamente il caratterista Gunnar Hansen, sotto la maschera di Leatherface, che grazie ai suoi movimenti barcollanti e nervosi ed alla sua danza finale sotto al sole, con tanto di motosega puntata verso il cielo ha contribuito a creare una vera icona horror senza tempo. Non da meno la sua famiglia, in cui Edwin Neal, nel ruolo iconico dell’autostoppista, oltre che Jim Siedow e John Dugan, interpretano alla perfezione il ruolo di squilibrati mentali. Non sono da meno, ovviamente, i ragazzi e le ragazze, su cui spiccano Teri McMinn e Marilyn Burns, nei panni di Pam e Sally Hardesty, che di fatto rappresenta la prima vera Final Girl del cinema horror! La sua lunga ed indimenticabile scena di fuga ed inseguimento verrà citata da decine di film horror successivi, fino ad oggi. Un film, questo Non aprite quella porta, che merita un posto speciale nel cuore di ogni appassionato di horror che si rispetti. Cuore pulsante e grondante sangue, ovviamente, poiché appena fatto a pezzi da un serial killer che brandisce una motosega. Signori e Signore, il terrore è servito, si chiude il sipario.


Il capolavoro di Tobe Hooper e Kim Henkel festeggia in questi giorni il suo cinquantesimo compleanno, essendo stato rilasciato per la prima volta nel 1974, fissando una importante pietra miliare del genere, seminale per le generazioni successive di autori ed amanti del genere. Non aprite quella porta è andato ben oltre lo status di film cult, diventando leggenda cinematografica, al pari di altri pochi eletti, come Nosferatu del 1932 del visionario Friedrich Wilhelm Murnau oppure il sanguinario Blood Feast del 1963, un film splatter avanti di un paio di decenni, del folle Herschell Gordon Lewis, regista di Pittsburgh, cittadina statunitense dove non ci si annoia mai e da cui proviene anche il suo collega George Romero, che nel 1968 rilascia l’eccezionale La Notte dei Morti Viventi. In pochi film possono definirsi “iconici” di un genere. Questa leggenda viene oggi celebrata, oltre che da una riedizione da collezione firmata dall’infaticabile Midnight Factory per l’home video, anche da un eccezionale ritorno al cinema! Una motosega insanguinata vi aspetta per tre giorni nel buio della sala, il 23, 24 e 25 Settembre. Non mancate!


 

Appassionato e storico del videogioco, Fabio D'Anna scrive di opere videoludiche, film e serie tv dal 2008. Tra le tante realtà del settore ha collaborato con Art of Games e siti come Retrogaming History, Games Collection, Games Replay, Games Village e riviste come PS Mania, PSM, Game Republic, Retrogame Magazine, Game Pro, oltre che col Museo VIGAMUS. Ha anche organizzato due edizioni della Mostra Archeoludica ed ha scritto due libri dedicati a PAC-MAN e Star Trek. Nella vita colleziona console PONG based ed alleva cagnoline, tra cui spicca Zelda.