C’è forse una pandemia in atto, sull’isola di Hong Kong. Le poche auto in strada sono illuminate, male, dai neon di negozi chiusi. Un breve giro su una spiaggia deserta rafforza l’idea di lockdown, tra oziosi sbadigli e fotogrammi perduti nel tempo di un engine inadatto all’open-world. C’è forse una pandemia in atto, sì, ma speriamo che possa terminare in qualche futuro aggiornamento perché, appare evidente tra una disconnessione e l’altra, così com’è Test Drive Unlimited Solar Crown proprio non ce la fa. Non ce la fa a competere con i rivali, che sia il capolavoro Forza Horizon o il sorprendente The Crew Motorfest, e non ce la fa, neppure, a tenere alto il blasone di una serie che si sperava potesse, da capostipite del sottogenere, tornare a dettare i ritmi del racing “aperto” alla vita e alle corse. E siccome no, la pandemia non c’è più e il tempo per i videogiochi è sempre meno, è difficile valutare il lavoro di Kylotonn come un titolo almeno sufficiente, meritevole dei vostri soldi e delle vostre ore.
Test Drive Unlimited Solar Crown: Errore! Errore! Errore!
Eppure, l’idea di base, prima ancora dell’entusiasmo dei fan sin dai tempi dell’annuncio, sembrava ottima. Ovvero, assoldare un team talentuoso e stimato dagli appassionati di racing per riportare in auge non solo un brand noto come Test Drive, ma anche la serie Unlimited che, in epoca Xbox 360, fu pioniera dell’open world in chiave motoristica. Si parla di quel genere che negli anni, avrebbe trovato consacrazione in altri titoli, in altri giochi oggi leader del mercato. Per questo, era essenziale alzare i livelli produttivi per essere pronti a competere con veri e propri mostri sacri sotto tutti gli aspetti. Tecnici, strutturali, contenutistici. La verità, emersa in maniera drastica in fase di prova, è che Solar Crown è una delusione, lontano di almeno una generazione da quei valori diventati in questi anni uno standard, per quanto non alla portata di tutti.
Sfruttando un po’ il Dna del primo Unlimited e tanto la struttura di Forza Horizon, Solar Crown racconta questo evento fatto di auto di lusso e corporazioni dove conta gareggiare, vincere e diventare famosi, convincendo ricconi con la fissa per le auto e i piloti di talento a sborsare crediti e a scucire inviti. Non sarebbe per forza un male, ma il tutto, al netto di un doppiaggio in italiano neppure niente male, è poco accattivante per via di modelli poligonali ed espressioni facciali, quelle in primo piano durante gli intermezzi, che sin da subito fanno capire che qualcosa, durante lo sviluppo, è andato evidentemente storto. E vabbè, si dirà. In fondo è un gioco di corse dove a contare è altro. Giustamente. E così, creato il proprio alter ego attraverso uno striminzito editor, è già ora di scendere in “strada” per una breve introduzione al gameplay. Non abbastanza breve da da non far intuire, però, quello che è il più grande problema del nuovo Test Drive: il comparto tecnico.
Solar Crown: un motore senza cavalli
Non useremo giri di parole e, neppure, cercheremo di zuccherare una pillola davvero troppo amara. Solar Crown non è solo tecnicamente zoppicante in entrambe le modalità grafiche disponibili, ma non è neanche uno spettacolo troppo bello da vedere. Pur prendendo per buona la bugia che Hong Kong quella è, e miracoli non se ne possono fare, a lasciare l’amaro in bocca sono alcune scelte “artistiche” francamente incomprensibili, solo parzialmente giustificate dalle deficienze di un motore grafico evidentemente inadatto a gestire un gioco open world. E infatti, il KT Engine apprezzato nella serie WRC, si mostra, oggi, in evidente difficoltà a gestire la natura stessa del titolo. Innanzitutto, i modelli delle auto sono solo sufficienti, allontanandosi dal concetto di “car-porn” che, specie in questa generazione, è diventato il perno centrale del racing game moderno. Quindi, il rendering generale, anche in modalità qualità, è chiaramente deficitario, restituendo un’immagine piuttosto sporca specie in movimento, ma non solo. E, ancora, il sistema di illuminazione appare banale, piatto, per nulla ispirato. In una parola: vecchio! E non di pochi anni, ma di almeno una generazione fa, quando le prime produzioni per PS4 e Xbox Xbox One lasciavano solo intravedere i traguardi che sarebbero stati raggiunti un lustro e più tardi. Chiariamoci: non siamo certo ultras sfegatati della squadra “la grafica è tutto”, ma avremmo voluto che le criticità elencate fossero giustificate dalla volontà del team di raggiungere una fluidità totale e costante in ogni frangente.
Purtroppo, anche sotto il profilo meramente prestazionale, Solar Crown non riesce ad offrire un’esperienza in linea con il mercato odierno visto che le due modalità video disponibili, con i canonici 30 e 60 fps sparati a risoluzioni diverse, sono a titolo diverso sempre claudicanti, cedendo alle lusinghe di un fastidioso stuttering. Insomma, Solar Crown non sembra un gioco di questa epoca gareggiando, almeno sul fronte visivo, con prodotti pensati per il mercato mobile. Un peccato capitale, ma anche produttivo, segno evidente di uno sviluppo faticoso, ma anche di un lancio affrettato o, quanto meno, poco meditato.
Rombo di tuono, tremendo frastuono
Test Drive Unlimited se la cava meglio, decisamente meglio, sul fronte audio. I “rombi” sono giusti, potenti, realistici. E anche le “musiche”, con brani di vario genere disseminati attraverso l’etere delle stazioni radio selezionabili attraverso il “solito” menu radiale, fanno il loro dovere, senza infamia e persino con qualche lode, specie in chiave indie rock. Ciò non basta, chiaramente, a risollevare la situazione che, anzi, non trova particolari sbocchi neppure negli altri comparti. Intendiamoci, il gameplay e, più in generale, la struttura del gioco, un bel calderone ricco di cose da fare sul fronte della personalizzazione del personaggio e di gare da disputare attraverso una progressione tutto sommato costante e ben ritmata, hanno anche il loro perché, quasi a voler dimostrare che, appunto, l’idea c’era e le intenzioni pure. Pad alla mano, la guida riesce comunque a regalare qualche tiepida emozione, specie quando l’asfalto si bagna o, al contrario, si scalda, sottolineando la cura riposta su superfici, condizioni e temperature. Anche utilizzando un volante e una pedaliera, da affiancare comunque al controller tradizionale nelle fasi da vivere fuori dall’abitacolo, si può apprezzare un feeling arcade onesto per quanto castrato da un comportamento del volante a schermo ormai obsoleto. Epperò, la sensazione di guidare in un “mondo” poco affascinante e “povero” di traffico, vita e suggestioni, la location lo avrebbe permesso, intacca l’intera esperienza. Si tratta, in questo caso, di difetti ereditati dai limiti tecnici di una produzione che, almeno sulla carta, almeno dalle promesse, lasciava sperare in un rilancio della serie di tutt’altro tipo.
D’altro canto, a cosa serve una mappa così grande, da un punto di vista chilometrico la riproduzione di Hong-Kong è degna di nota, se poi l’esplorazione non è piacevole? E, soprattutto, a cosa serve la struttura da MMO always online se i server non sono all’altezza delle ambizioni? Durante la fase di “Test Drive” sono state decine le disconnessioni e, ancora di più, le ore buttare ad attendere, impotenti, davanti alla schermata iniziale. Perché a Solar Crown, sia chiaro, non si gioca senza connessione attiva. E poco conta che i problemi siano della linea di casa quanto, piuttosto, dell’infrastruttura messa in piedi dal team. La situazione, dopo i primi e drammatici giorni condivisi da recensori e early-adopter, è comunque migliorata, offrendo alcune gioie in un multiplayer che, anche in prospettiva, sembra ben implementato.
Ed è forse per questo che, nonostante il voto che rasenta la sufficienza risicata, riponiamo ancora speranza in Test Drive Unlimited Solar Crown. Un progetto ambizioso, forse troppo, che in idea, forte di numeri importanti sul fronte di auto, mappa ed eventi, godeva di quelle suggestioni proprie di una serie a suo modo storica, capace di insegnare a tanti le gioie e pure i dolori del racing open world. Chissà, insomma, che il tempo, fino ad ora tiranno, non possa restituire con aggiornamenti e lavoro continuo una futura rinascita ad un gioco che al momento appare acerbo e piatto, problematico e zoppicante. La base, in effetti, c’è, ma non può bastare ad una produzione chiamata a gareggiare in un campionato dove i favoriti, con merito, sono ben altri. Torneremo ad abbracciarci, Hong Kong. Magari, una volta terminata questa nostalgica sensazione di pandemia.