Fin dal primo, promettentissimo trailer, The Plucky Squire aveva stuzzicato la fantasia dei giocatori con colori sgargianti, una direzione artistica semplice ma di carattere e meccaniche di gioco promettenti e varie. Su tutte, tra assurdi mini-giochi alla Punch Oute sporadiche lotte a turni in stile RPG, era stata ovviamente la gimmick alla base del progetto ad aver fatto drizzare le antenne ai più. Ovvero il passaggio meta-narrativo del protagonista, il “Plucky Squire”, da un libro illustrato per bambini in 2D a un mondo in 3D, il nostro, ma in miniatura: costruito sulla scrivania di un artista con cartone, lego, blocchetti di legno e accessori da disegno. Anche noi eravamo molto curiosi di scoprire come sarebbe stata gestita nel gioco completo, ebbene, ora possiamo dirlo: funziona bene, è implementata nel gameplay con creatività e pure tecnicamente non batte mai ciglio!
The Plucky Squire: dalle “tavole” alla “tavola”
Il dolcissimo “scudiero” di cui prendiamo il controllo nell’omonimo gioco è protagonista, prima ancora che del titolo dello studio di sviluppo All Possible Futures, di un libro illustrato per bambini. Fin dalle prime tavole animate che raccontano le sue gesta, è chiaro che il tono della narrazione vuole essere spiritoso e fanciullesco, senza però rinunciare a parlare pure con i grandi, principalmente tramite citazioni e rimandi più o meno evidenti. Oltretutto, lo sposalizio tra stile artistico presunto infantile, con colori piatti, linee spesse e tinte pastello, e delle tematiche, un umorismo e un gameplay più strutturati è una “strategia” collaudata e che funziona benissimo per varie ragioni. Prima fra tutte, l’innegabile nostalgia che prima o poi colpisce chiunque specialmente superati i 30 (scusate per lo spoiler).
Ad ogni modo, camminando sulle pagine del suo libro, a mo’ di un novello Link nei primi The Legend of Zelda, il Plucky Squire inizia la sua prima missione: aiutare un Mago DJ (non fate domande per carità) a recuperare della cera per i suoi dischi in vinile. Una battaglia a suon di pugni contro un malvagio tasso del miele dopo, che fra l’altro mette in mostra una fisicità inaspettatamente pronunciata per il giovane protagonista, qualcosa rompe l’equilibrio: un mago malvagio che con la sua magia scatena inquietanti fulmini per tutto il mondo del libro. Normalmente, lo scudiero non avrebbe problemi a buttare giù dalla torre lo stregone, come si fa di solito con i cattivi nelle storie. Stavolta però, qualcosa va storto e l’incantatore rivela il suo piano: defenestrare i suoi oppositori dalla storia, che altrimenti lo vedrebbe sconfitto ogni volta in nome di un “lieto fine” non così lieto per lui.
La magia riesce, e puff! Ecco che veniamo introdotti al mondo 3D! Il gameplay di base diventa action-platform, ma la sostanza non cambia: il personaggio principale è sempre dolcino anche con un modello tridimensionale. Ma guai a sottovalutarlo, perchè è più che intenzionato a salvare il suo mondo, la sua serie di libri e l’autore che l’ha creato, che andrebbe fallito se nelle sue storie il male iniziasse a vincere sempre. Incontrerà personaggi di supporto più o meno strampalati e bizzarri, come un “bookworm”: un epiteto non molto elegante di definire qualcuno parecchio dedito alla lettura, che nel caso di Plucky diventa un vermino onnisciente pluridimensionale, capace di viaggiare tra pagine e fogli ovunque desideri. Anche lo scudiero scopre di esserne divenuto capace, e in seguito alla magia del suo nemico può infatti passare dal 2D al 3D quando vuole e sfruttare questa transizione a suo vantaggio.
Ci abbiamo messo circa 15 ore a finire il gioco, ma avremmo forse potuto impiegarne anche di meno. La trama è diretta ed essenziale, un semplice pretesto per far avanzare di mini-gioco in sezione alla Zelda, di platform 3D in combattimento il protagonista. La vera forza narrativa del gioco tuttavia, risiede nei dialoghi divertenti e sagaci, nella caratterizzazione di comprimari, NPC e di ogni baloon che compare nella storia. Nonché, nelle citazioni evidenti a videogiochi, giochi di carte, giocattoli e marchi dell’intrattenimento conosciuti e non. Tutto a patto, però, di conoscere bene l’inglese, un requisito indispensabile per godere dell’avventura. Non solo perché altrimenti si perdono tutti i carinissimi giochi di parole alla base dell’umorismo del gioco. Soprattutto, perché il gameplay stesso richiede un livello almeno scolastico (e anche qualcosa in più a dire il vero) della lingua.
Fantasia (ludica) portami via
Il bello del gameplay di The Plucky Square è che riesce a essere più gameplay diversi fusi in uno solo con grande continuità. Senza stridori nemmeno quando propone dal nulla un improbabile mini gioco da affrontare per, ad esempio, acchiappare un pesce che si è arenato sulla riva di un laghetto, premendo il pulsante azione con il giusto tempismo (e concludendo il tutto pure con una mini cut-scene animata, completamente a caso: bellissimo). Esplorazione in 2D “dall’alto ma di lato” come nei primi The Legend of Zelda e con tanto di combattimenti (e moveset aggiornabili tramite schede da acquistare mentre giochiamo!) platform a scorrimento orizzontale, action-platform 3D e risoluzione di puzzle, oltre ai succitati minigiochi che spaziano dal quick time event al picchiederò e che non vi spoileriamo: scovarli e risolverli è parte del divertimento. Tutti questi meccanismi si incastrano benissimo insieme non solo in virtù di un attento bilanciamento ludico, ma anche grazie a un level design leggibile e semplice, ma non semplicistico. Merito anche della direzione artistica, ovviamente, che traduce con efficacia tutti gli elementi a seconda del punto di vista e delle dimensioni coinvolte. È la “teoria della silhouette”: se i personaggi che crei sono riconoscibili anche solo dalla loro silhouette, allora hai fatto Un buon lavoro. Che dire di personaggi riconoscibili non da una, ma da tre differenti silhouette con altrettante telecamere diverse a inquadrarli? In particolare però, ci ha stupito la fluidità del passaggio dal mondo cartaceo a quello reale, non da meno di un certo The Legend of Zelda a Link Between Worlds, che sfruttava una dinamica del tutto simile. E meno male che funziona tutto così bene, perchè che sia per risolvere un puzzle, per superare un’istanza platform o per altre finalità, passerete moltissimo tempo viaggiando tra i due punti di vista 2D e 3D.
A proposito di puzzle: nessuno ci è parso eccessivamente complicato da risolvere, così come non è difficile affrontare i combattimenti proposti o superare i momenti a piattaforme sia schiacciati che tridimensionali. Però, non possiamo che lodare la fantasia dimostrata nella realizzazione di quadri da sciogliere sfruttando a dovere tutte le potenzialità offerte dalla meccanica ludica principale del titolo, e dalla natura di “libro illustrato magico” del mondo che dobbiamo salvare, mantenendo però il tutto estremamente intuitivo e affine ai giochi di riferimento del team. Così, per aprire un cancello sigillato potrebbe bastare eliminare tutti i mob in una zona, oppure premere un pulsante e tenerlo schiacciato con un peso. Ma non è detto che questo peso sia nel mondo cartaceo: magari è fuori, sulla scrivania dove il libro è poggiato e allora dobbiamo uscire dalla pagina, recuperarlo e tornare indietro. Oppure, la chiave per superare un’asperità potrebbe celarsi in tavola precedenti della storia, al che basta uscire dal volume, voltare le pagine all’indietro e trovarla. Infine, ed è il motivo per cui vi dicevamo che sapere l’inglese è imperativo, dato che ci troviamo in un libro anche i testi descrittivi nascondono spesso la soluzione per avanzare. “The gate was closed”, il cancello era chiuso, solo finchè con il nostro scudiero non tagliamo via la parola “closed” e cerchiamo da qualche parte una parola “open” in sostituzione. Ma non è sempre così semplice, e il vocabolario usato per questo tipo di enigmi oltre ad ampliarsi man mano che giochiamo inizia a coinvolgere più frasi in contemporanea, stimolando addirittura possibili risoluzioni multiple in certi casi, e non una sola obbligatoria.
Quando il meno diventa più!
“Less is more”, si dice in certi casi. Ovvero il meno, inteso come semplicità, che diventa il più, cioè è un pregio, non un difetto. Seguendo, evidentemente, questa filosofia con eleganza lo studio All Possible Futures ha confezionato l’ottimo The Plucky Square: senza esagerare con troppe meccaniche o complicanze, ma bensì giocando con pochi, semplici e intuitivi comandi per montarli come mattoncini lego, in una costruzione stimolante e divertente. Non perfetta, e probabilmente non godibile allo stesso modo da tutti. Non solo per via di un livello di sfida non altissimo (anche se progettato per essere tale e accessibile) ma anche perché verso il finale potrebbe risultare un pochino ripetitiva nel suo core principale. Un gameplay di base, che al netto delle molte variazioni di difficoltà, sebbene sia “pitturato” vari temi artistici e tematici rimane comunque identico dall’inizio alla fine.
Quanto alla mancanza della lingua italiana, noi non ci sentiremmo di segnalarla come un difetto, per quanto per alcuni sicuramente può essere uno scoglio o addirittura un limite insormontabile. Quindi, quando leggerete i pro e contro, tenetene conto. A proposito di pro: impossibile non citare come punto a super favore il doppiaggio “da lettura di fiaba” che accompagna il nostro scudiero nel corso di tutte le sue peregrinazioni. E’ un dettaglio, certo, ma che arricchisce la meta narrazione e insieme a tutto il resto del comparto visivo e tecnico ci trasporta con forza nello studiolo del creatore immaginario della serie di libri per bambini “The Plucky Squire”. Certo, caro autore, dovresti mettere qualche trappolina qua e là per ovviare al problema di insetti che ti affligge (e forse anche mettere a posto la stanza ogni tanto…).
The Plucky Square è facile, ma non “facilone”, perché non lascia nulla al caso e non è mai approssimativo. E’ invece immediato, colorato e con una forte identità visiva, tematica e ludica. Riesce a far arrivare ai giocatori tutti i diversi gameplay che propone, nella decina e poco più di ore che richiede per completarlo. Senza per questo cercare di essere “sensazionale” in ciascuno a tutti i costi, usandone alcuni come principali, e altri come secondari di supporto, ma non meno importanti: solo meno presenti. Esteticamente poi, è una gioia per gli occhi, soprattutto quando come per magia riesce ad animare le illustrazioni del libro che fa da sfondo alla vicenda, per poi tradurle di nuovo in un mondo 3D credibile, tecnicamente ben modellato e dall’ottimo level design. Senza contare che tecnicamente funziona sempre e non ha problemi nemmeno su Steam Deck, dove abbiamo condotto numerosi e intensivi test. Insomma, è un videogioco semplice e colorato, adatto a varie età e a sessioni dal brevissimo al lunghissimo, con tutto quello che c’è in mezzo. E’ vario, è ispirato, è adorabile: è proprio impossibile non amarlo almeno un pochino!