CHALLENGERS

Challengers Recensione: La (vera) sfida è nelle relazioni

Luca Guadagnino (regista nostrano oramai celebre, salito alla ribalta grazie a film di successo come Chiamami con il tuo nome e Bones and All (Leone d’Argento per la regia a Venezia ‘79), per la sua ottava, mirabolante regia – dal titolo “Challengers” – riparte dal tennis e apre agli sfidanti in amore sfruttando in primis un cast di grido (su tutti la lanciatissima e super sexy Zendaya Maree Stoermer Coleman, protagonista di Dune), affiancata da due attori magnetici e di talento come Josh O’Connor (The Crown, La Chimera) e Mike Faist (West Side Story), e il tema sempre narrativamente eccellente del triangolo amoroso qui declinato all’ambiente iper-competitivo del tennis agonistico. Un film che avrebbe dovuto aprire la kermesse veneziana 2023 ma che, a causa del prolungarsi dello sciopero dei sindacati degli attori di Hollywood, ha dovuto rinunciare alle luci della ribalta lidensi, e che è invece poi uscito nelle sale italiane solo a 2024 inoltrato (distribuzione Warner Bros.).

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Challengers: Call me by “your game”

Stati Uniti. Art e Patrick, il primo biondo e dallo sguardo limpido, il secondo moro con il ghigno birichino, si conoscono da sempre e condividono una passione sfrenata e un grande talento per il tennis. Caratteri e modi diversi di stare al mondo ma anche di giocare, ordinato e preciso uno scapestrato e potente l’altro, Art e Patrick sono due facce della stessa medaglia che vivono attitudine e competizione con intenso senso della sfida ma anche grande devota amicizia, perfino una certa simbiosi. Almeno fino all’arrivo, travolgente, della sexy e “felina” Tashi Duncan, anche lei mirabolante promessa del tennis mondiale. La festa d’incontro con la ragazza dei loro sogni (ma non solo dei loro – “chi non s’innamorerebbe di te” è il leitmotiv del film) diventa così momento catartico tanto nella loro amicizia quanto per le ramificazioni della loro vita. La sfida, fino a quel momento combattuta alla pari sui campi da gioco, si sposterà prepotente – e a tratti impari – verso le grazie della magnetica Tashi e alla conquista delle sue selettive attenzioni. E da quel momento in poi nulla sarà come prima. Eppure, nel diventare oggetto del desiderio dei due giovani tennisti, Tashi Duncan riuscirà poi a riportare attenzione e focus sui campi da tennis e sul senso ultimo della vittoria, da sempre una sua ossessione, divenuta ancor più pressante all’indomani dell’infortunio che la muterà da promettente giocatrice in volitiva allenatrice. Fuori e dentro ai campi, il triangolo amoroso e sportivo subirà slanci, arresti, cambi di rotta, strategie, e momenti di svolta a dir poco febbrili, facendo emergere la verità speculare (metaforizzata anche negli occhiali a specchio indossati da Tashi sugli spalti e sul manifesto del film) che descrive il tennis, e ogni singola partita, come grande allegoria della vita e delle sue intricate relazioni. Si vince e si perde, ma non bisogna mai smarrire il controllo, e la visione, del proprio individuale senso del gioco.

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Game-set-match

Con questo film Luca Guadagnino mette a segno un’altra vittoria e scala un altro gradino del suo personale ranking cinematografico. Con l’aiuto in scrittura dell’esordiente ma talentuoso sceneggiatore e drammaturgo americano Justin Kuritzkes, un montaggio che denota grande uso e senso del ritmo, e una mirabile colonna sonora elettronica a cura di Reznor e Ross che rende autentica la voce della febbrile tensione che anima il complesso rapporto tra i tre protagonisti, Challengers rapisce lo spettatore nel turbinio di eventi ed emozioni che animano gli intrecci della storia costantemente in bilico tra sport ed eros. Il tennis raccontato e analizzato come relazione interpersonale, da osservare con la stessa complice malizia e da giocare con la medesima mutevole difficoltà, che si intreccia poi con il caos esterno della vita e con le forme di controllo e manipolazione che sempre contraddistinguono (almeno in parte) le relazioni tra persone, l’intimità (fatta di luci e ombre) del complesso dei rapporti. Come un tornado che muove impetuoso attraverso il fuoco e il ghiaccio di Patrick e Art, dribblando e manipolando ambienti competitivi e testosteronici con sorprendente agio, la Tashi di Zendaya è donna magnetica e multiforme, a tratti perfino crudele, che attira su di sé mille sguardi ma poi, infine, impone il dominio del suo sguardo sul prossimo (la sua presenza sugli spalti durante i momenti decisivi sono elemento catalizzante e totalizzante del film). E in questo sottile gioco di potere, Guadagnino gioca une delle sue partite migliori, muovendo con superba e spiccata mano autoriale le fila di un gioco, che gioco non è, ma che s’impone agli occhi come tale. Nel ritmo pulsante e trascinante che governa il film, Challengers esercita tutta l’ossessiva attrattiva che assume la vita quando dominata da un senso ultimo di potere e controllo, di vittoria e supremazia a ogni costo. Abbagliati come i due protagonisti dall’entrata in scena di una Tashi in blu elettrico, allo stesso modo osserviamo ipnotizzati l’esegesi di questo discorso amoroso che proietta il romanticismo erotico di Jules et Jim a un altro livello sensoriale: ben più fisico, psichedelico e ad alto tasso di seduzione di qualsiasi altro triangolo amoroso mai visto sul grande schermo.


Per la sua ottava regia, Luca Guadagnino si cimenta con un film che parla del connubio sport-seduzione, ma che poi apre a uno spettro ben più ampio e variegato di tematiche ed emozioni. Potere, controllo, attrattiva, ambizione, devozione, sono tuti tasselli di un unico gigante caleidoscopio di colori e musiche (sublime il commento sonoro) che Guadagnino mescola per ottenere 130 minuti di puro cinema d’intrattenimento, capace di ipnotizzare lo spettatore a suon di dritti, rovesci, superbi colpi da campione e infimi colpi bassi. Un trio – nonché triangolo – di protagonisti ben assortiti e molto affiatati serve perfettamente uno script che trova la sua vera originalità nella dinamica atletica, corporea e musicale, tutti elementi che confluiscono verso un’unica potentissima scena finale di resa dei conti, match dei match, partita liberatoria dal giogo delle pressioni competitive. Una girandola emotiva davvero seducente che saprà, senza mezzi termini, far parlare di sé, e – ancora una volta – del suo talentuoso regista.


 

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