New York 2329. Gli esseri umani hanno raggiunto l’immortalità attraverso l’Icorice, una tecnologia che permette il trasferimento della coscienza da un corpo all’altro. Tuttavia, come nota cinicamente un poliziotto, “Alla fine è solo una questione di soldi. Più ne hai, più a lungo vivi”. Il detective James Karra, convalescente da un incidente avvenuto due settimane prima, si trova a bere e guardare un vecchio poliziesco in bianco e nero in un drive-in di Times Square. La sua quiete è interrotta dal capo, che gli assegna un incarico confidenziale. Ad assisterlo, contro la sua volontà, c’è Sara Kai, una poliziotta che gli ricorda la sua reputazione di testa calda a ogni occasione. Ma agli ordini non si discute, e l’improvvisata coppia si mette all’opera…
Nobody Wants to Die: who wants to live forever?
Nobody Wants to Die è un’avventura narrativa ambientata in una distopica New York retrofuturistica, piena di macchine volanti tra grattacieli altissimi ed insegne al neon gargantuesche. Primo progetto dello studio polacco Critical Hit Games, composto da una ventina di persone, questo noir investigativo, della durata di circa sei ore, offre scelte impattanti sulla trama che portano a finali multipli. Nonostante l’ottimizzazione non sia il punto forte, il gioco sfrutta bene l’Unreal Engine 5 per creare panorami mozzafiato. La direzione artistica, più della conta poligonale, con le sue inquadrature cinematografiche è il vero punto di forza, regalando locazioni memorabili dalla straordinaria potenza espressiva. Uno dei numerosi esempi è l’appartamento di James: arredato in stile Decò, al centro del quale c’è una grande e luminosissima finestra che proietta una spiaggia lontana e solitaria. Interrompendo la proiezione olografica, si rivela una scala antincendio e il retro di un’insegna al neon al 537esimo piano, che il detective trasforma immediatamente in un piccolo angolo di paradiso per osservare le macchine volanti sfrecciare, tra una boccata e l’altra di sigaretta, in una scena degna di Blade Runner. A tutto questo si aggiunge la magnifica colonna sonora firmata da Mikolai Stroinski, pluripremiato compositore che divide il suo lavoro tra serie TV e videogiochi, autore, tra le tante opere, della colonna sonora di The Witcher 3. Stroinski ci regala tracce strumentali che fanno largo uso della musica da camera, senza disdegnare qualche incursione nel jazz. La sua musica ci permette quasi di annusare lo sporco, l’odore della pioggia acida e la puzza di sigarette. Una colonna sonora dalle atmosfere riflessive, malinconiche e tormentate, come James Karra. Come la New York che descrive.
I’m afraid of Americans
Il mondo che ci viene mostrato è una splendida illusione: l’interazione è molto limitata e tutte le azioni al di fuori delle indagini sono scriptate. La libertà lasciata al giocatore è decisionale, non di movimento. Il gameplay loop si compone di tre fasi distinte: le scene del crimine; le transizioni, che fanno da collante tra le scene e approfondiscono il mondo di gioco, e i rapporti tra i personaggi; e la bacheca degli indizi, che permette a James e Sara di riepilogare tutti i punti salienti del caso raccolti fino a quel momento. Sulla bacheca appariranno dei misteri che, una volta combinati con gli indizi, permetteranno di collegare tutto, dando senso logico ai singoli eventi fino a una spiegazione soddisfacente. Le scene del crimine, simili a quelle di Detroit: Become Human, permettono di ricostruire gli eventi attraverso i gadget a disposizione. Proprio in questo aspetto, la produzione mi ha lasciato qualche dubbio. Migliorare la libertà di movimento avrebbe richiesto risorse aggiuntive e un team più grande, ma nelle fasi d’indagine sarebbe bastato rendere le sezioni meno guidate e offrire più libertà di errore e sperimentazione al giocatore, invece di istruirlo costantemente su come proseguire. Ad esempio, l’uso della torcia UV per evidenziare tracce di sangue è automatico, e la raccolta delle prove è segnalata da sfere delimitanti l’area di ricerca. Anche il “ricostruttore”, che manipola il tempo per ricostruire i crimini, indica sempre il segmento temporale corretto per proseguire. Il gameplay è subordinato alla narrazione. Ottimo il doppiaggio in inglese e di buon livello i sottotitoli in italiano, con qualche trascurabile svista. Importanti i temi trattati, sia esplicitamente attraverso i numerosi dialoghi, sia grazie ad immagini iconiche dal forte significato: come la baraccopoli di New York, con le case che si arrampicano intorno alle rovine della Statua della Libertà, o la passeggiata a Central Park piena di alberi-ologrammi.
Conclusioni
Sono rimasto colpito dalla qualità di quest’opera. È come la casa degli specchi di un luna park: i riflessi danno l’illusione di spazi infiniti, ma c’è solo uno stretto corridoio da percorrere. Malgrado ciò, l’esperienza è indimenticabile e straordinariamente espressiva. Critical Hit Games, avevate la mia curiosità, ora avete la mia attenzione.
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