Dungeons of Hinterberg Recensione: un RPG per nuove generazioni

Dungeons of Hinterberg

Che un nuovo pubblico si stia affacciando al mondo dei videogiochi è , ormai, un fenomeno da considerare attentamente. Il nostro media preferito infatti non sembra avere sui giovanissimi lo stesso appeal che aveva sulle generazioni precedente. Dungeons of Hinterberg, sviluppato dallo studio indie austriaco Microbird, cerca proprio di interpretare, alla luce delle tendenze odierne, questa esigenza tentando di catturare un pubblico più ampio di quello che possiate immaginare. Si tratta di un titolo che riceve in pieno quella che è l’ondata grafica a tratto e contorno inchiostro che oggi va per la maggiore proponendo però una diversa lettura delle profondità tramite ombre ed effetti dinamici che rende il tutto più godibile e meno piatto. Il design del character, Luisa, è un po’ il nomen omen del gioco, vestita infatti con un completo sportivo da montagna ha come arma principale la tipica spada eredità di Final Fantasy che ormai abbiamo imparato a riconoscere come un’icona. Non prendersi troppo sul serio è il motto che ci accompagnerà tra campi di fiori d’altura e funivie. Particolarmente interessante è il fatto che il gioco è stato realizzato grazie al contributo, oltre che dei soliti acceleratori d’oltralpe, anche del ministero Ministero federale per il digitale e l’economia dell’Austria e che viene presentato attraverso quattro bullet point più comuni al mondo delle start up che a quello dei videogiochi. Il primo ci invita ad esplorare le Alpi, il secondo ad uccidere con stile (Slay in style), il terzo a risolvere i puzzle ed il quarto ad incontrare i locali. Salomonicamente due sul territorio e due sulla giocabilità.

È bello camminare in una valle verde…basta stare attenti ai Krampus!

Dungeons of Hinterberg: rotolando tra le alpi austriache

L’ambientazione del gioco sono le alpi austriache con tutto ciò che potete immaginare: ampissimi panorami, immense aree verdi, picchi, scorciatoie tra le gole e laghi, tanti laghi. I colori e le forme rendono il gioco molto morbido e danno, nel giocare, una sensazione di rilassamento. Il gamplay da parte sua interpreta molto bene l’ambiente in quanto le situazioni, anche quelle di imboscata da parte dei cattivi, sono abbastanza risolvibili. Naturalmente essendoci le montagne ci sono anche i dirupi e qui come in quei livelli terribili quale la cattedrale di Dark souls 3 si muore direttamente anche se il salto non pare irresistibile in quanto ad altezza. Qui probabilmente incontriamo il vero distinguo tra gli open world comunemente intesi ed i titoli come Dungeons of Hinterberg dove il percorso è fortemente guidato e soprattutto all’inizio obbligato. Sebbene questo possa scoraggiare gli avventurieri di lungo corso è sicuramente un espediente fondamentale per evitare che i giochi vengano lasciati a metà, disinstallati e riposti a prendere polvere su di uno scaffale dove ce ne sono già altri cinquanta.

È un cosa non di poco conto perché con l’innanzarsi dell’età media dei giocatori il tempo per giocare è sempre di meno e trovarsi ad esplorare già dall’inizio un mondo vastissimo può rendere frustrante perfino terminare i vari tutorial (Elden Ring batti un colpo) mettendo il titolo da parte per tempi migliori, tempi che chiaramente non arriveranno mai. Da questo punto di vista dobbiamo chiarire anche che lo story-telling, e nella fattispecie i dialoghi, in Dungeons of Hinterberg hanno un peso importantissimo non solo nel decidere cosa farà questo personaggio o quello e se la nostra ultima conoscenza verrà con noi ma anche per arricchire un’esperienza di gioco che sicuramente non usa come perno il combattimento o l’esplorazione bensì la combinazione di tutte quelle che oggi sono le componenti di un videogioco ben bilanciato. Della montagna non ci mancherà nulla dalla fase di arrampicata molto automatizzata ma comunque godibile alle distese di ghiaccio e neve dove andare in snowboard, quest’ultima feature è particolarmente rilassante dopo la quantità enorme di capriole che avremo dovuto fare nel corso dei combattimenti per evitare i colpi dei cattivoni che nonostante non mettano mai seriamente in pericolo la nostra vita sono molto fastidiosi, soprattutto i minion. Un’altra cosa che si nota abbastanza presto è la gestione della telecamera che a volte rende il gioco più caotico di quello che in realtà è.

Dialoghi e personaggi decisamente d’oltralpe

Giocabilità semplificata o esperienza di gioco migliore?

Il sistema di combattimento è davvero semplice e ci si può permettere anche qualche distrazione in quanto è basato praticamente per itero su due tasti, il solito attacco veloce ed il solito attacco forte. Probabilmente alcuni dei nemici andavano forniti di meno energia perché anche se molto deboli vogliono diversi colpi per essere abbattuti soprattutto all’inizio; vederli lì alla nostra mercè senza possibilità di colpirci seriamente fa sì che il combattimento piano piano perda interesse e si concentri soltanto nelle boss fight dove ci toccherà correre in lungo ed in largo, scansare proiettili e colpire determinati punti che alla fine abbatteranno il cattivone e ci faranno rifiatare perché sebbene non difficilissimi i combattimenti con gli ultra cattivoni saranno comunque lunghi. Inoltre eccetto rare occasioni l’area di combattimento sarà sempre ben definita e non potremo portarci a spasso i cattivi in quanto le scaramucce sono trattate come delle boss-fight isolate anche quando l’avversario è tipicamente un mid-boss. Si può non essere d’accordo su quest’ultima dinamica ma sicuramente molte cose anche a livello di programmazione ed evita di dover impostare un’intelligenza artificiale per i cattivi che come ben sappiamo mostra tutte le sue falle appena iniziamo a giocare ad una certa velocità.

Quest’ultima è basata essenzialmente sul cercare il giocatore per cui i cattivi non tenteranno di sfuggire nemmeno quando sono allo stremo delle forze continuando ad attaccarci, la tattica migliore è pensare al solo boss evitando i minion, questi infatti hanno quasi sempre un respaw infinito. C’è anche spazio per la magia che ci verrà insegnata come nei vari capitoli di Zelda, serie a cui il gioco manda richiami quasi continui e che sarà fondamentale non sono per cavarcela nei combattimenti ma anche per superare gli ostacoli naturali che ci si pareranno davanti e che negli RPG sono i naturali baluardi per i giocatori. La componente cittadina del gioco poi ci permetterà di differenziare l’esperienza lasciandoci tempo per approfondire le tematiche prima di gettarci nel dungeon successivo. Infine, per non farci mancare davvero nulla la promessa della presenza di puzzle è stata mantenuta, ce ne sono diversi e non semplicissimi da risolvere, di alcuni si può venire a capo soltanto con l’abilità speciale relativa che comunque ci verrà sicuramente consigliata da qualcuno dei personaggi nelle vicinanze.


Dungeons of Hinterberg è un titolo più che discreto che gode di un’ambientazione veramente ben fatta sia in termini di spazio che di situazioni. Si tratta di un gioco con un target molto ampio ma che punta principalmente ad un pubblico giovane ed amante dello storytelling, sia di quello automatico del gioco ma anche di quello di approfondimento che può essere cercato dal giocatore più o meno in qualsiasi momento. I numerosi richiami alla cultura woke lo proiettano sicuramente in un filone estremamente contemporaneo e le dinamiche di gioco, molto lontane dall’hardcore, rafforzano la decisione di prendere una strada di gameplay definita e precisa. Già dalla grafica è possibile capire se l’immaginario risuona nel giocatore, in quel caso sarà uno spasso completo perché nel filone Dungeons of Hinterberg ha davvero pochi avversari, anzi, con l’ambientazione e molte delle dinamiche addirittura nessuno.


 

 

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