Immaginatevi questa scena: siete in ufficio, state lavorando con scadenze rigide per raggiungere un obiettivo trascurabile e ricevere una pacca sulla spalla per un lavoro che, tutto sommato, non apprezzate poi così tanto. Dopo aver timbrato il cartellino, tornate a casa e decidete di provare quel titolo che avete appena comprato, spinti dall’entusiasmo di amici e riviste. Però… c’è un però. D’un tratto, sentite una morsa impietosa alla gola, il sangue vi si gela nelle vene e il cuore va in fibrillazione. Cercate di capire cosa stia succedendo ed ecco che la risposta vi colpisce come uno schiaffo in faccia: c’è un nuovo pass battaglia/stagionale/premium a tempo in bella mostra nella schermata principale, un modo che editori e sviluppatori integrano nei loro prodotti per far sì che vengano fruiti con regolarità, ma che spesso e volentieri poggiano su logiche fraudolente e manipolative.
Ricordate quando i giochi multiplayer avevano sistemi di progressione che fornivano sempre nuovi obiettivi da raggiungere per sbloccare quelle scintillanti skin dorate per le armi in Call of Duty 4, o quelle splendide armature speciali in Halo 3? I battle pass sono proprio questo: giochi, guadagni XP e ottieni ricompense interessanti man mano che sali di livello. Il problema è che oggi la maggior parte sono a pagamento e hanno una durata limitata, quindi non solo dobbiamo sborsare un extra per accedere al sistema di progressione di un determinato gioco ma, una volta conclusa la stagione in corso, di solito non possiamo più ottenere tutti quegli sgargianti oggetti cosmetici. È un meccanismo che sfrutta in modo aggressivo la FOMO dei giocatori e alimenta l’idea di aver sprecato soldi se non completiamo il battle pass appena acquistato, quando in realtà dovremmo riflettere sui motivi che spingono le aziende ad arrogarsi il diritto di toglierci i contenuti che, di fatto, abbiamo pagato.
In teoria, i pass dovrebbero essere un ottimo compromesso tra clienti e produttori: aiutano a mantenere i server operativi e forniscono ai programmatori fondi per contenuti e progetti futuri. Con i costi di sviluppo che lievitano ogni giorno che passa, è un buon modo per sostenere le produzioni che ci piacciono e, a onor del vero, esistono anche esempi virtuosi: Helldivers 2, tanto per dire, consente di acquistare i suoi battle pass utilizzando Crediti Super, una valuta premium che può essere comprata oppure guadagnata semplicemente giocando, e procedere poi a sbloccare tutte le ricompense con il ritmo che preferiamo. Chi l’avrebbe mai detto che dare al giocatore la possibilità di grindare per ottenere le cose che vuole quando le vuole si sarebbe rivelata una soluzione vincente, piuttosto che costringerlo a sessioni massacranti e ripetitive entro un esiguo lasso di tempo?
Ma, a parte alcune eccezioni, purtroppo i pass battaglia continuano ad essere implementati con regole estremamente predatorie per tentare di strappare il massimo profitto dai consumatori. Personalmente, tendo a perdere interesse con estrema rapidità quando percepisco che le attività divertenti si tramutano in veri e propri “compiti a casa”, e non so quanto una situazione simile sia sostenibile per il grande pubblico alla lunga: se ogni singolo gioco pretende la nostra attenzione esclusiva ogni giorno, quanti ne potremmo mai gestire in contemporanea prima di avere un esaurimento nervoso e decidere in massa che non ne vale la pena?
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