Sembra incredibile, ma sono trascorsi più di 10 anni da quando Brothers A Tale of Two Sons ha fatto il suo debutto, regalandoci un viaggio indimenticabile di due fratelli che tentano di compiere un’impresa impossibile e attraversano cielo e terra (letteralmente) per salvare la vita del padre malato. Al tempo Josef Fares, lo stesso artefice di It Takes Two, è riuscito a confezionare una piccola opera d’arte che Avantgarden e 505 Games hanno rielaborato in maniera straordinariamente fedele con questo remake. Se vi state chiedendo quanto sia realmente all’altezza del suo predecessore, sappiate che non toccavo l’originale da molto tempo e confesso che questa rilettura mi ha lasciato molti dubbi di primo acchito. Dopodiché, mentre i ricordi si facevano largo nella mia testa, ho iniziato a comprendere il modo in cui il team italiano, che in guisa di Ovosonico ci aveva già regalato Murasaki Baby e Last Day of June, ha scelto di approcciare il compito di cui si è fatto carico… e ho finito per innamorarmene di nuovo.
Brothers A Tale of Two Sons Remake: il dolore non ti cambia, ma ti rivela
Brothers ha debuttato il 7 agosto 2013 come esclusiva Xbox 360 ed è riuscito a vendere oltre 800000 copie nei due anni successivi, grazie anche alle conversioni per PC e PS3. Nel 2015, gli asset sono passati in mano all’editore italiano 505 Games che, negli anni successivi, lo ha trasposto su molte altre piattaforme tra cui PS4, Xbox One, iOS, Android, Nintendo Switch e Luna, il servizio di cloud gaming di Amazon. Oggi infine, questo piccolo grande classico torna sulla scena sotto forma di remake graficamente potenziato per PlayStation 5, Xbox Series e PC, senza apportare alcuna modifica sostanziale alla storia che ci aveva già narrato: ancora una volta, Naia e Naiee lasciano il villaggio in cui sono nati e cresciuti per salvare il padre morente, spinti dal guaritore locale che suggerisce loro di cercare un leggendario albero della vita. L’alchimista consegna loro una mappa con le indicazioni e l’insolita avventura prende il via. Ma cos’è di preciso che rende il remake di Brothers A Tale of Two Sons tanto peculiare ancora oggi? Anzitutto, i comandi: proprio come allora, nella riedizione indossiamo i panni di entrambi i personaggi contemporaneamente, con l’analogico di sinistra delegato a guidare i movimenti del fratello maggiore, vestito di blu, mentre quello di destra è responsabile del fratellino in abiti color arancio e le interazioni con l’ambiente si effettuano con i corrispondenti grilletti.
Anche se gli ambienti sono disseminati di piattaforme, non c’è un tasto specifico per saltare: qualora ci trovassimo dinanzi a un baratro, basterà prendere una rincorsa sufficiente e i personaggi lo scavalcheranno in automatico. Avrete capito quanto sono insoliti i controlli, ma è proprio questo aspetto a rendere l’esperienza così interessante e farvi sentire legati ai fratelli in modo speciale. Inoltre, anche se di fatto interagiamo regolarmente con il gioco soltanto con due stick e due pulsanti, gli sviluppatori hanno ricavato il massimo da questa configurazione e la utilizzano come base per diversi passaggi entusiasmanti. All’inizio delle vicende, ad esempio, bisogna superare un cane aggressivo distraendolo con un eroe mentre l’altro si arrampica sul pagliaio più vicino per cercare riparo, e viceversa. Altrove, bisogna premere degli interruttori in sincrono per mettere in moto alcuni antichi meccanismi, oppure dondolare alternandosi da una sporgenza all’altra legati con una corda, o ancora spostarsi lungo la barra di pilotaggio di una macchina volante sperimentale per mantenere la rotta ed evitare gli ostacoli.
Diversi enigmi richiedono di tenere in considerazione i punti di forza dei due: Naia, il più grande, dispone anche di una maggiore forza fisica e si ritrova spesso a fungere da supporto affinché Naiee, il minore, possa raggiungere dei punti sopraelevati. La sua prestanza è necessaria anche per attivare leve e interruttori, nonché per superare a nuoto i corsi d’acqua portando sulle spalle il fratellino, perché quest’ultimo non riesce a farlo a causa di un trauma legato al suo passato. Il fisico snello di Naiee torna comunque utile per attraversare spazi angusti e spostarsi con maggiore agilità, dunque avrà modo di brillare a modo suo. Non dimentichiamoci poi dei tasti dorsali, che servono a ruotare la visuale per osservare meglio ciò che ci circonda: in realtà, si tratta di un’azione poco utile nell’economia complessiva e di rado ne sentiremo l’esigenza se non per ammirare il panorama, ma a volte serve per individuare qualche segreto supplementare o attività secondaria al di fuori del sentiero tracciato, perciò i cacciatori di trofei virtuali si considerino avvertiti.
Inoltre, proprio come la versione Switch del 2019, il remake per PC e console della generazione attuale dispone anche di una modalità cooperativa, peraltro attivabile e disattivabile a volontà, che funziona esattamente come ci aspetteremmo: ciascun giocatore viene posto al comando di uno dei due fratelli e può agire in maniera autonoma. Tuttavia, gli stessi sviluppatori sottolineano deliberatamente che il titolo resta in primis un’esperienza per giocatore singolo, concetto rafforzato dall’impossibilità per il secondo partecipante di sbloccare qualsivoglia obiettivo o trofeo, e mi permetto di aggiungere che vivere il gioco in compagnia di un amico affievolisce un po’ il suo impatto emotivo. Se volete comprendere davvero a fondo Brothers, il mio consiglio spassionato è quello di sperimentarlo per la prima volta in solitaria.
Tutto ciò che perdi, torna sempre con altre sembianze
Ma dedichiamoci di nuovo all’avventura vera e propria, destinata a lasciare dentro di voi una traccia indelebile non solo in termini di meccaniche, bensì anche e soprattutto per il modo in cui la narrazione viene veicolata attraverso queste ultime. Mentre nella prima parte della storia attraverseremo scenari bucolici, soleggiati e relativamente tranquilli, con il prosieguo assisteremo ad una loro graduale, inquietante trasformazione. Foreste oscure brulicanti di lupi famelici dagli occhi fiammeggianti, torri abbandonate che celano tormentati segreti, campi di battaglia lastricati di cadaveri giganteschi, sono solo alcuni dei momenti che si insinueranno dentro di voi, sotto la pelle, per non lasciarvi mai più. In tal senso, il remake svolge un ottimo lavoro di rinnovamento, approfittando delle nuove peculiarità tecnologiche dell’Unreal Engine 5 per migliorare la qualità visiva di fondali, volti e personaggi, come pure del sistema di illuminazione che ora è stato finalmente portato al passo con i tempi e di tanti altri dettagli grandi e piccoli, comprese alcune raffinatezze visive che erano per forza di cose assenti nell’originale.
Niente da dire nemmeno per quanto riguarda le prestazioni del gioco, con una sfavillante modalità grafica e un’altra più orientata alle performance che inchioda i frame al secondo sui 60 fissi. Peccato per la mancanza di un photo mode, anche fosse stato ridotto soltanto a una manciata di filtri, caratteristica divenuta ormai lo standard in molti remake moderni: quantomeno, le numerose panchine che si affacciano sugli angoli più suggestivi del mondo di Naia e Naiee regalano ancora degli scorci incantevoli, da catturare con gli strumenti nativi delle rispettive piattaforme. In termini acustici, la colonna sonora vanta adesso brani suonati dall’orchestra sinfonica di Bratislava, che infondono una passionalità inedita (in certi casi forse un po’ eccessiva) ai passaggi più emozionanti del gioco. Purtroppo, non è possibile ascoltarla al di fuori dello stesso, poiché gli extra includono solamente una galleria di immagini e un commento di Josef Fares montato sul video della precedente versione di Brothers. Cosa resta, dunque? Resta un’opera imprescindibile che tutti dovrebbero giocare almeno una volta nella vita, estremamente innovativa all’epoca, e che oggi rivive grazie alla passione riversata dal team italiano di Avantgarden nel racconto senza parole del regista svedese, un racconto che riesce ancora a trasmettere alla perfezione il messaggio e le emozioni di cui è pervaso, malgrado la lingua incomprensibile, ispirata invero ai dialetti libanesi, parlata dai suoi protagonisti.
Con un’ottima varietà di enigmi e una storia incredibile, Brothers A Tale of Two Sons Remake è una dimostrazione esemplare di come riportare in vita un classico con gli opportuni ritocchi, ma senza stravolgerne lo spirito. Con un comparto audiovisivo straordinario, un gameplay semplice ma senza annoiare, la giusta durata e qualche piccolo bug da sistemare, Brothers rimane uno dei miei videogame preferiti di sempre, e la sua nuova incarnazione non fa altro che ribadire tale concetto. Che si giochi da soli o in compagnia, vi renderete ben presto conto di non essere soltanto di fronte a un remake con una grafica più curata, ma alla versione superbamente perfezionata di uno dei migliori titoli indie di tutti i tempi.
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