Intelligenza artificiale nello sviluppo dei videogame

“Hot topic” dei nostri tempi, criticata, dibattuta e già da qualche anno utilizzata: stiamo parlando dell’AI, acronimo inglese di “Intelligenza artificiale”.

Il machine learning, un sottoinsieme se vogliamo, dell’Intelligenza Artificiale, è già di gran lunga utilizzato ed è proprio su questo che si concentrano gli ultimi esperimenti che hanno allarmato molti ricercatori.

“E se un indomani le macchine diventassero talmente intelligenti da spodestare la razza umana?”

È questa la domanda che in molti si pongono. È questa la paura dietro l’allarmismo di alcuni eminenti scienziati. Lo stesso Steven Hawking nel 2014, dichiarò alla BBC News: “:”The development of full artificial intelligence could spell the end of the human race.

Eppure le ricerche vanno avanti, in un turbinio di progresso, difficile da arrestare, non solo per la volontà di scoperta, che da sempre muove il mondo degli scienziati, ma anche per i grandi interessi strategici (ed economici) che ogni nazione ed ogni multinazionale, ripone nell’applicazione dell’Intelligenza artificiale.

Parlando di applicazione di questa, non possiamo non citare l’ambito dei videogame, forse il pioniere dello sviluppo tecnologico che nel corso di un ventennio ha rivoluzionato completamente il suo scenario. Il primo impatto é avvenuto ovviamente sui titolo console, ma in alcuni casi anche nei giochi di nicchia, esclusi per il momento quelli su portali come quelli Casino di Betway e portali simili, forse in futuro vedremo l’arrivo dell’intelligenza artificiale che al momento non sembra essere presente.

L’utilizzo degli algoritmi di Intelligenza Artificiale applicati al contesto videoludico è già quindi una realtà e tocca soprattutto i cosiddetti “NPC” (Non Playable Charatcter) ossia “Personaggi non Giocanti”, ma vediamo in che modo nello specifico.

Come viene utilizzata l’intelligenza artificiale nel settore videoludico

Nei videogame, l’Intelligenza Artificiale viene utilizzata come accennato, per quei personaggi della trama che in realtà non sono giocatori, ma bensì hanno ruoli funzionali nell’aiuto al protagonista-giocatore, o ancora per lo sviluppo della trama.

Ma in che modo gli algoritmi vengono in aiuto degli sviluppatori di videogiochi per questo tipo di applicazione?

Gli algoritmi di AI migliorano siano l’intelligenza del personaggio non giocante, sia l’interazione fra questo ed il giocatore reale. Questo perché tramite il machine Learning, i Personaggi Non Giocanti impareranno automaticamente dal contesto e dalle interazioni precedenti.

Il tutto ovviamente migliorerà espressioni facciali, dialoghi, interazione ed in generale quindi, il realismo del videogioco. Mettiamo caso, ad esempio, che vengano predisposti tramite programmazione informatica, dei cosiddetti “Dataset”, ovvero, set di informazioni, di dati strutturati e questi inseriti dentro un computer che si occuperà in autonomia di gestirli, abbinarli e muoverli come vuole, a seconda degli scenari possibili di gioco. Questo fa si che si possano creare infinite possibilità, infiniti mondi. Quindi un videogame dotato di questa tecnologia, avrà sviluppi diversi, trame leggermente differenti e restituirà feedback diversi a seconda del videogiocatore.

Quando parliamo di realismo di personaggi non giocanti, ci riferiamo soprattutto al modo che questi hanno di interagire con i giocatori reali, tanto da sembrare anch’essi giocatori “veri”. Le espressioni del viso potranno ad esempio, cambiare a seconda del contesto permettendo al giocatore di cogliere molte più sfumature emotive degli stessi.

Questa tecnologia basata sull ’autoapprendimento del computer, permetterebbe quindi di inserire un ampio repertorio di dati, i quali in autonomia dalla macchina, verranno “aggiustati” a seconda degli input, tagliando ad esempio, la fase di “Motion Capture” spesso utilizzata per la realizzazione di film e videogame.

Si tratta di quella tecnica di animazione dei contenuti, basata sul collegamento di sensori, posizionati sul viso e sulla tuta di un attore, il quale presterà la sua recitazione, per poter poi essere trasferiti al computer che trasformerà e trasporrà in “grafica digitale” espressioni e movimenti compiuti, abbinandole al personaggio virtuale. È così che molti personaggi celebri di mostri o personaggi immaginari, hanno preso vita tanto da sembrare reali. Pensiamo al celebre “Gollum” de “Il Signore degli Anelli”.

Ancora, l’Intelligenza Artificiale viene utilizzata per abbinare due giocatori in match mozzafiato, in base alle loro abilità di gioco. Il computer semplicemente apprende gli stili di gioco di un utente e lo confronta con quello di un altro. Il risultato è l’abbinamento di due giocatori di uguale livello. La stessa azione può essere svolta da un computer per la creazione di “supercattivi” che una volta appresi stile di gioco e debolezze del videogiocatore, regaleranno sfide avvincenti. Il rischio è ovviamente quello di “esuberare” con la difficoltà da parte degli sviluppatori e far perdere il gusto dell’esperienza di gioco.

L’IA nei videogame: cosa ci riserva il futuro?

In futuro siamo sicuri che l’AI sarà presente con certezza nello scenario videogame, ma anche nella nostra vita quotidiana. Questa sarà così ben integrata che spodesterà le più comuni mansioni quotidiane.

Nemmeno in salvo gli sviluppatori delle Software house stesse, le quali si avvalgono già ora dell’Intelligenza Artificiale: in futuro questa potrebbe autogenerare da sola un gioco senza alcun bisogno di aiuto umano.

Durante la Game Developers Conference, tenutasi a San Francisco, a marzo di quest’anno, si è già parlato di algoritmi in grado di generare da soli nuovi contenuti sulla base di quelli “già visti”.

Ovviamente le grafiche saranno pazzesche, poiché sempre migliorate dagli algoritmi, ma ci potrebbe addirittura essere l’ipotesi di “giocare con la mente” in un’esperienza unica, connettendoci direttamente al videogame ed interagendo con esso. In fondo proprio su questo vertono gli esperimenti di Elon Musk che con il suo “Neuralink” ha ottenuto il lasciapassare dall’ Fda per l’impianto dei chip sul cervello umano.