Bones and All Recensione | Il film di cui andremo a parlare oggi è una sorta di teen drama con spunti horror tratto da un omonimo romanzo di Maren Yearly. La pellicola in realtà si discosta molto dall’opera originale, sia per alcuni dettagli, ma anche per scelte molto più importanti nella trama dell’opera.
Questo però è un punto che troviamo per lo più positivo, visto che l’opera ha un respiro autonomo e, a volte, meglio riuscito dell’originale. Bones and All è stato inizialmente proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia, quindi alcuni pareri sono già presenti a riguardo. Proseguite per saperne di più sul nostro.
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Teen drama consapevole
Abbiamo definito Bones and All come una sorta di teen drama, ma questo non è del tutto corretto, non perché non siano presenti sufficienti caratteristiche del genere, ma per la maturità dimostrata nell’esposizione. Normalmente i film che trattano relazioni giovanili non toccano minimamente certi argomenti e sopratutto dimostrano una certa incapacità di formulare una buona trama, ma qui abbiamo una delle eccezioni.
Il film parla di una ragazza di nome Maren che vive col padre. L’inizio del film mette subito in chiaro che la protagonista non è una ragazzina qualunque e che soffre della necessità di nutrirsi di carne umana, una necessità che le costerà caro e la costringerà ad abbandonare la propria casa e la propria vita come la conosceva.
Il viaggio di Maren le farà comprendere che, non solo non è l’unica con questa condizione, ma anche le capacità e necessità di chi è come lei. Il film non mette mai in primo piano la ragione per cui vi siano umani con questa problematica, né come siano rimasti nascosti a tutti. Questo è un peccato, ma non danneggia in maniera diretta la narrazione, che più che su queste faccende decide di concentrarsi su personaggi complessi e spesso inquietanti.
Tra questi vi sono il sinistro Sully, interpretato da Mark Rylance, che insegnerà alla protagonista molte cose sulla sua natura, ma sarà anche una presenza piuttosto minacciosa a schermo. Ovviamente non vi sono solo ombre nella strada della ragazza, ed è impossibile non parlare di Lee, interpretato da Timothée Chalamet, un ragazzo con le stesse difficoltà di Maren, ma che svilupperà un rapporto sempre più intimo con la ragazza e che diventerà il fulcro del film.
Sul filo del rasorio
Vivere con la necessità di essere dei cannibali non è facile, sia per i rischi che si compiono nel procurarsi del cibo, sia per l’impatto psicologico che può avere nella psiche. Questo è mostrato molto bene nella pellicola che dona momenti di una certa tensione e non manca di spaventosi jumpscare. Ma la vena horror brilla maggiormente durante le conversazioni di alcuni dei personaggi nel film, le cui intenzioni verso la protagonista rimangono sempre poco chiare o, a volte, chiaramente negative.
Il modo in cui i dialoghi giocano con consapevolezza del senso di pericolo che prova lo spettatore è sicuramente uno dei lati migliori del film, aiutato anche dalla regia. Luca Guadagnino ci immerge in un mondo di fuggiaschi poveri e mette in evidenza la pericolosità delle loro vite, anche a causa di incontri con personaggi come Brad, interpretato da David Gordon Green, che pongono una minaccia ancor più esplicita di quella di Sully.
Ma, tornando alla relazione tra Lee e Maren; questa diventa presto il centro del film, e viene sviluppata piuttosto bene. Il confronto tra i 2 farà emergere i problemi del loro passato, con Maren in cerca della madre perduta e con Lee che si confronta con la figura negativa del padre.
Road trip
Questo viaggio evolutivo dei personaggi è accompagnato parallelamente anche da uno effettivo, fatto nel corso di diversi mesi attraverso gli stati dell’america occidentale. La pellicola è ambientata negli anni 80 ma è lontano dalle estetiche di solito associate con quest’epoca. I paesaggi naturali ed estetiche associate alla povertà sono presenti in tutto il film.
La povertà, per quanto presente, è comunque meno in mostra rispetto ai vasti paesaggi americani, che sopratutto dalla seconda metà in poi saranno protagonisti di molte riprese. Una visione sicuramente pacifica rispetto alle crude immagini di cannibalismo. Queste sono rare nel film, ma quando presenti portano una violenza cruda e difficile da sopportare.
Questi momenti, ben distribuiti nella narrazione, sono un pò un riflesso della sporadica ma necessaria fame dei protagonisti, che può colpire nei momenti più scomodi e porta a compiere azioni il cui peso si rifletterà su Marin e Lee. Mentre il secondo è relativamente abituato alla crudeltà necessaria per sfamarsi, la prima dovrà confrontarsi con la sua coscienza e numerosi sensi di colpa.
Ritmo Interrotto
Concludiamo parlando di quello che secondo noi è uno dei pochi difetti di Bones and All, ovvero il suo finale. Il film si impegnerà a costruire relazioni e build up narrativo verso certe scelte e verso avvenimenti che nel finale vengono sbrigati piuttosto velocemente.
Le ultime scene sono ben realizzate ma il problema è la sensazione di “taglio” piuttosto netta che danno rispetto al resto del lungometraggio. Un peccato, ma nulla che crei problemi retroattivamente o veri buchi di trama, solo un difetto riguardante il ritmo della storia. Passiamo quindi a trarre le nostre conclusioni sull’opera diretta da Luca Guadagnino.
Bones and All è un film crudo e maturo, caratteristiche piuttosto rare da mischiare al genere giovanile del “teen drama” ma che funzionano. L’opera ha anche molte componenti del genere horror che danno il loro meglio durante i dialoghi dei personaggi più sinistri, come Brad, interpretato da David Gordon Green, e da Mark Rylance nei panni di Sully. Il vero fulcro della pellicola è però la relazione tra la protagonista Maren e Lee, che si sviluppa nel corso del film in maniera interessante ed esplorando i problemi di entrambi. Il film si prende il suo tempo in certe passaggi, ma ha comunque un buon ritmo anche se, nel finale, vi è forse troppa fretta nel concludere le cose.
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