NBA 2K16: la recensione di VMAG

Ci eravamo lasciati con le magie di Steph Curry che illuminavano il parquet e King James che a denti stretti e muscoli tesi provava in tutti i modi a trascinare i Cavaliers verso il titolo, ma senza successo. Golden State è campione dell’NBA e porta l’Anello ad Oakland, ma una nuova stagione sta per iniziare. LeBron è più determinato che mai, Aldrige è passato agli Spurs, Kobe vuole ancora stupire e Wiggins sta crescendo. In tutto questo, nulla è cambiato: NBA 2K domina da anni come simulazione cestistica per eccellenza e anche con l’avvicinarsi della prossima Regular Season il trono non vacilla neanche un po’. Se con NBA 2K14 la rivoluzione era iniziata e con 2K15 c’è stata la conferma, NBA 2K16 è l’incoronazione definitiva.

Ormai possiamo parlare di Dinastia. L’edizione di due anni fa aveva infatti il compito di portare sull’attuale generazione, mentre la successiva ha introdotto i cambiamenti necessari per svecchiare la serie. NBA 2k16 non va a stravolgere nulla stavolta e mantiene i capisaldi a cui siamo abituati, potenziandoli forse al massimo possibile attualmente. Il myPark, GM, Career, 2KTV e tutto il comparto Online sono ancora al loro posto e ho avuto subito la sensazione che ad ogni selezione mi addentrassi dentro una modalità ancora più profonda, con più parametri da tenere d’occhio e maggiore personalizzazione. Rendere personale l’esperienza è ancora uno dei principali obiettivi della serie e quest’anno l’asticella si alza ancora. Oltre a vivere la stagione classica del campionato di basket più bello del mondo potremo gestire il nostro giocatore, il nostro team e il nostro campo come mai prima d’ora.

https://www.youtube.com/watch?v=ZKcHuHmfMeE

Si sa, gli americani sono dei maestri nel rendere qualsiasi evento un grande show per il pubblico, e l’NBA non fa eccezione: cheerleaders, effetti sonori e visivi, presentazioni in grande stile per i giocatori di casa e chi più ne ha, più ne metta. In NBA 2K16 c’è tutto e anche di più. Il simbolo indiscusso di questo aspetto è sicuramente la trasmissione “televisiva” che ha luogo prima, nel mezzo e a fine partita, che vede i leggendari Shaquille O’Neal, Ernie Johnson e Kenny Smith discuterne animatamente con la solita verve comica. E’ incredibile come 2K sia riuscita a rendere estremamente credibili tutte queste scene, così come le interviste in campo e fuori, sempre varie, con frasi che raramente si ripeteranno e animazioni del corpo ed espressioni facciali iper realistiche. Di sicuro è la vetta più alta mai raggiunta da un videogioco sportivo nel simulare l’aspetto televisivo e non possiamo che applaudire a quanto possiamo vedere e sentire.

Eccoli in tutto il loro splendore, pronti a fare battute di dubbio gusto su di voi e gli altri giocatori!
Eccoli in tutto il loro splendore, pronti a fare battute di dubbio gusto su di voi e gli altri giocatori!

“Si sa, gli americani sono dei maestri nel rendere qualsiasi evento un grande show per il pubblico, e l’NBA non fa eccezione: cheerleaders, effetti sonori e visivi, presentazioni in grande stile per i giocatori di casa e chi più ne ha, più ne metta. In NBA 2K16 c’è tutto e anche di più.”

Dopo qualche coreografia e l’annuncio dei giocatori, è il momento di palleggiare e buttarla dentro il canestro. Non avevamo dubbi, NBA 2K rimane la migliore esperienza di pallacanestro sul mercato, ed è riuscita a migliorarsi ancora. La quantità di poligoni è aumentata e le texture che rivestono i giocatori sono quasi perfette, è davvero difficile scorgere difetti negli atleti e nei modelli dell’arena. Le animazioni hanno beneficiato di molteplici sessioni di motion capture realizzate dagli stessi atleti, la precisione e la fedeltà sono elevatissime: i fan riconosceranno immediatamente le movenze uniche nel palleggio e nel tiro degli atleti più famosi, per un realismo che non ha eguali. Mi hanno stupito particolarmente i nuovi movimenti sotto canestro, sia quando si parte all’attacco del ferro, sia quando si va in post basso, è passato tanto di tempo prima di rivederne due o tre uguali. L’impatto di gioco è lo stesso degli anni scorsi, NBA 2K non fa sconti ai giocatori novizi, sarà necessario ben più di qualche tutorial per apprendere la via giusta per arrivare alla vittoria, e probabilmente decine di partite disputate, ma una volta raggiunta la qualità di gioco necessaria la soddisfazione sarà ovviamente grande. Non ci sono particolari novità a livello di gameplay, a parte il sistema di passaggi che è stato affidato stavolta alla pressione dei diversi tasti del pad per scegliere la tipologia adatta a servire i compagni, in modo da essere più immediato e adatto anche allo stile di gioco a cui puntare. Un playmaker esperto non si farà problemi ad utilizzare il passaggio con rimbalzo, mentre un Centro di oltre due metri preferirà il passaggio alto a scavalcare. Apprezziamo la scelta, aggiunge profondità e si impara in poco tempo. Altre migliorie sono un po’ ovunque, ad esempio nelle direttive dell’allenatore attraverso le zone d’enfasi o nella selezione ora più rapida degli schemi, affidata alla levetta analogica destra. In ogni caso anche stavolta possiamo dirci soddisfatti da tutte le fasi simulate, in cui il realismo è sempre di prim’ordine e in pochissimi casi l’IA non reagirà a dovere a seconda della situazione.

Ogni campione ha le sue movenze, particolarità, punti forti e deboli.
Ogni campione ha le sue movenze, particolarità, punti forti e deboli.

Un’altra delle novità più interessanti di quest’anno è la collaborazione con il regista Spike Lee, icona del cinema della cultura nera tra gli anni ottanta e novanta e tifoso sfegatato dei New York Knicks, che ha curato la trama e le cutscene nella modalità myCareer, realizzate in motion capture sotto la sua direzione. Ci ha messo molto del suo, visto che il nostro personaggio proviene da Harlem ed è una promessa del basket dell’High School, da dove partirà stavolta la carriera, supportato dal suo amico Vic e sua sorella Cee Cee. Togliamoci subito il sassolino dalla scarpa: l’idea è innovativa e apprezziamo moltissimo che 2K cerchi di dare nuova linfa vitale a modalità del genere che altrimenti ristagnerebbero anno dopo anno nella ripetitività (ci siete, PES e Fifa?), ma la realizzazione è stata più un esperimento che una produzione mirata vera e propria, come ci conferma lo stesso regista newyorkese in uno dei filmati finali. Creare una storia con paletti precisi limita l’immedesimazione (è una regola dei videogiochi), e qui i paletti imposti sono alti: il nostro giocatore è il figlio in una famiglia di colore e per chi realizza se stesso in gioco ed è bianco la cosa è continuamente grottesca. Le scene poi hanno un’anima decisamente americana e da stereotipo delle comunità nere, con una ripetizione avvilente di gesti con le mani, soprannomi e frasi fatte, che le rende banali e le fa scadere nel trash. Anche la spinta emotiva a cui assistiamo nelle ultime scene non prende il giocatore, visto che i tempi per affezionarsi ai personaggi (sempre tralasciando il suddetto trash) sono troppo brevi e le prestazioni nelle prime partite giocate sono solo un siparietto tra una cutscene e l’altra, indipendentemente dai veri risultati. Non ce ne voglia il buon Spike, ma avremmo preferito una carriera con una personalizzazione intatta fin dall’inizio ma con qualche colpo di scena durante i vari anni di gioco, magari nei trasferimenti di mercato o nelle relazioni con i compagni  di squadra. Tuttavia si tratta solamente dell’introduzione alla modalità che tutti conosciamo e una volta terminata, insieme al primo anno da matricola, torneremo a giocare come abbiamo sempre fatto, dovendo conquistare minuti in campo e crescendo nelle statistiche. Molto bella e funzionale la nuova interfaccia che ci permette di scegliere i nostri contatti e come sfruttare il tempo libero, con il cellulare sempre a portata di mano per tenere d’occhio i messaggi dei nostri partner e i social. Frequentare i contatti, come altri giocatori della lega o responsabili di marchi e franchigie, ci permetterà di avere diversi vantaggi o sbloccare elementi personalizzabili e collezionabili, mentre trascurandoli potrebbero anche evitare di tenerci in rubrica in seguito. Bisognerà poi allenarsi, e anche qui abbiamo novità come i mini giochi per migliorare la reattività o i classici allenamenti di squadra, realizzati davvero realisticamente. Sarà una lunga strada per diventare delle vere star dell’NBA sia dentro che fuori dal campo. Non sappiamo se Spike Lee o altri interverranno nei prossimi anni per creare una nuova esperienza ma di sicuro mi è piaciuto che si parta dall’High School, passando poi per il College e poi si venga draftati in NBA (finalmente in modo rapido!) e spero che anche in futuro sarà così.

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Andiamo Spike, oltre a frasi fatte e gesti da rapper si poteva fare molto di più!

Anche in myGM la musica è cambiata, e di molto. Una volta scelta la franchigia da rappresentare, sarà nostro compito portarla al successo non solo sul campo da gioco ma anche sul piano finanziario e dell’immagine, venendo incontro alle richieste del proprietario e, nel caso lo riteneste necessario… smantellarla. Quest’anno infatti potete decidere di vendere la franchigia e spostarla in un’altra città, cambiando tutte le caratteristiche del caso, dal campo alle divise, con grandi possibilità di personalizzazione grazie ad un editor potente in cui potrete caricare anche le vostre immagini personali. Anche se il gioco è disponibile da poco i capolavori creati sono già tanti, così come gli obbrobri. Il sistema dei cartellini, potenziamenti speciali che permettono di avere vantaggi a lungo o breve termine ha effetti anche sul nostro GM, che può godere ad esempio di spettatori aumentati per un certo numero di partite, potenziamenti alle statistiche dei giocatori e così via, e sono ottenibili salendo di livello acquisendo punti esperienza. Gli aspetti da gestire e la varietà di situazioni in cui ci troveremo sono tantissime, tutto è dannatamente divertente e realistico anche dopo anni di gioco simulati, per un’avventura sempre diversa ad ogni partita. Resta la modalità più profonda nell’aspetto gestionale e quest’anno c’è davvero tanta nuova carne al fuoco, alla faccia di chi afferma che gli sportivi anno dopo anno non cambiano mai.

Riparte la sfida per il titolo...
Riparte la sfida per il titolo…

A completare il quadro delle modalità giocabili c’è il myPark, giunto al secondo anno di competizione tra le tre fazioni, Ballers, Rough Riders e Flyers, con i primi a difendere il titolo di campioni. Sta ancora a noi la scelta di quale far parte per portare avanti la bandiera e, anche senza nessuna innovazione di sorta, è sempre divertente fare una partita insieme ad altri giocatori in giro per il mondo con il proprio personaggio, così come in 2K Pro Am, dove si può entrare a far parte di una squadra e tentare la scalata alla classifica. Infine un’altra modalità che ha spopolato da qualche anno a questa parte, il myTeam, che per intenderci è l’Ultimate Team di FIFA in versione 2K, in cui creare la squadra e l’arena dei propri sogni comprando “pacchetti” di giocatori e potenziamenti tramite i crediti in gioco. Ci sarà da sudare per vincere tutti i tornei con accesso ristretto e per battere gli altri giocatori, fidatevi, le sfide da completare sono tantissime e grazie alle tante licenze è sempre un piacere.

In myPark potete guadagnare reputazione giocando e diventare i re del campetto!
In myPark potete guadagnare reputazione giocando e diventare i re del campetto!

Ovviamente, anche con tutta questa sostanza, NBA 2K16 non è il gioco di basket perfetto. Certo, dobbiamo addentrarci nei piccolissimi dettagli per trovare dei difetti, ma non possiamo negare che ci siano. Sul piano tecnico possiamo notare imperfezioni nella realizzazione dei giocatori meno famosi, alcuni davvero un po’ strani, mentre alcuni effetti grafici come il sudore o i riflessi delle luci tendono ad essere un po’ troppo evidenti. Torna qualche problema che la serie si porta dietro da anni, di cui il più grave è sicuramente quello di alcune collisioni sballate dove vediamo spostamenti laterali senza animazioni o strane cadute sotto canestro o sul perimetro. Si tratta di episodi rari ma che dopo anni preferiremmo non vedere. Sarebbe anche ora di svecchiare l’editor dei giocatori, troppo tendente alla fisionomia degli atleti di colore e con opzioni decisamente limitate e riciclate. La realizzazione dei capelli lisci è ancora grezza e non sono assolutamente realistici, date uno sguardo a quelli delle cheerleader (hey, l’avevo detto che c’è da lamentarsi di cose marginali!). Senza uno scan del viso è difficile arrivare ad un livello soddisfacente nella creazione. Un altro dubbio si può insinuare nella nostra mente mentre giochiamo: siamo già arrivati al limite simulativo dell’attuale generazione? Difficile dirlo, ma sicuramente l’anno prossimo serviranno novità di rilievo per stupirci ancora. Confidiamo in 2K.

Ah quel simpatico di Z-Bo...
Ah quel simpatico di Z-Bo…

In conclusione, ormai l’avrete capito, anche quest’anno NBA 2K si conferma il miglior titolo sportivo di sempre. Il livello di simulazione e realismo sono i più alti mai raggiunti, i difetti minimi, la cura dentro e fuori dal campo eccezionale e i contenuti sono corposi e adatti a tutti i gusti e le preferenze di gioco. C’è tanto da fare e vedere, e si lotterà duro su ogni pallone, almeno per un altro anno ancora. Indossate quindi pantaloncini e canotta, scarpe firmate e qualche accessorio, il parquet vi aspetta ed è caldo come mai prima d’ora.

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