Alla Camera dei Deputati si parla di Videogiochi

Il primo ottobre 2015 è una data che in futuro potrebbe entrare nella storia del videogioco italiano. Certo, niente è stato ancora concretizzato e la situazione nel nostro paese è come potete immaginare in uno stato quantomeno acerbo se si parla di videogiochi, ma forse si è acceso un barlume di speranza per chi da tempo si impegna affinché le istituzioni si accorgano del loro grande potenziale. Con un convegno chiamato “A proposito di videogiochi”, la VII Commissione Cultura, scienza e istruzione in collaborazione con AESVI, ha voluto discutere del tema in modo approfondito e trasversale, analizzandolo sui tre temi principali che possono interessare il cittadino consumatore: dalla produzione del prodotto, al giusto modo di usufruirne e tutelarsi, e come viene (o per meglio dire verrà) regolamentato dalle istituzioni. Noi di VMAG abbiamo fortemente voluto essere presenti e non lasciarci sfuggire l’occasione di capire in che modo la nostra passione viene percepita da chi dovrebbe promuoverla, proteggerla e proteggerci.

Dopo l’apertura di Flavia Piccoli Nardelli, presidente della Commissione,  il tema è stato diviso in tre sessioni con la prima individuata in quelle entità che ci forniscono il prodotto: gli sviluppatori e il mercato in cui operano. Quello italiano, come tutti noi appassionati già sappiamo, non è certo il panorama migliore per operare in questo senso, vista l’attenzione praticamente nulla che fin’ora è stata data al settore. A snocciolare la questione erano presenti personalità assolutamente di spicco nella scena nostrana:

  • Andrea Persegati, AESVI
  • Giovanni Bazzoni, CEO Digital Tales
  • Pier Luigi Dal Pino, Government Affairs Director Microsoft
  • Massimo Guarini, CEO Ovosonico
  • Marco Saletta, General Manager Sony Computer Enterteinment
  • MODERATORE: Jaime D’Alessandro, La Repubblica

Ognuno ha avuto la possibilità di esprimersi, con D’Alessandro a porre alcune domande. Per primi i due più vicino all’ambito Marketing dell’industria, gli esponenti di Microsoft e Sony. Entrambi hanno evidenziato come il mercato sia ormai di grandi dimensioni e in continua crescita, e non possa più continuare l’andamento positivo senza essere preso in considerazione: in Italia i videogiocatori hanno raggiunto il notevole numero di 29 milioni, praticamente un italiano su due ne usufruisce, a prescindere dalla piattaforma utilizzata. Il trend segue quello mondiale, in un mercato globale che vale ormai oltre i 75 miliardi di dollari con, appunto, una domanda sempre maggiore, ma che in Italia non produce più di 20 milioni di euro. Altro dato fondamentale è il target di riferimento a cui le aziende si rivolgono: i giocatori italiani, al contrario di quanto sia diffuso nell’opinione comune, si dividono equamente tra donne e uomini, al 50% e 50%, e le età principali variano dai 14 ai 44 anni circa per le giocatrici e dai 30 ai 54 anni circa per i giocatori. Non desta stupore invece che il genere preferito siano le simulazioni calcistiche. L’ampio utilizzo si riflette poi sulle richieste di una migliore connessione a Internet, e la necessità di passare alla banda larga per chi ancora non è connesso e alla fibra ottica per chi lo è già, si è fatta pressante negli ultimi cinque anni. Dal Pino conferma i dati e aggiunge che grazie alle nuove possibilità di interazione Uomo-Macchina l’utente vuole che l’esperienza non si interrompa una volta abbandonato il luogo di gioco, ma che lo segua su tutti i dispositivi che possiede, che sia unificata e non ne modifichi la natura. Accenna anche alla Gamification e al suo grande potenziale, discorso che di sicuro tra i palazzi del governo non era mai passato.

Il problema resta sempre la scarsa risposta alla domanda crescente. E’ qui che la parola passa a Guarini e Bazzoni, chi i videogiochi in Italia li crea davvero e deve districarsi tra le problematiche di un’attenzione mancata da parte delle istituzioni. Guarini dopo esperienze all’estero (Ubisoft, Nintendo, Grasshoppers…) ha deciso di voler tornare in Italia per cercare di cambiare la situazione e portare investimenti e capitale dall’estero, ma resta difficile senza che le istituzioni favoriscano e incentivino lo sviluppo e non approfittarne in tempo di crisi è un atteggiamento semplicemente stupido. Bazzoni fa un esempio concreto con la tassazione agevolata per il Cinema, che dovrebbe andare a toccare il prima possibile anche il mondo dei Videogiochi, poiché le Start Up spesso si trovino a finanziarsi da sole, che si traduce in una falsa crescita, e parla di come sia in corso un nuovo Rinascimento attraverso il digitale visto che con le sole app sono nate circa cento piccole aziende, ma anche quanto sia importante che la produzione cresca fino a sbarcare sulle console casalinghe con titoli dal grande mercato.

Persegati chiude la prima fase del convegno in modo brillante, sottolineando che la maggior parte dei problemi spiegati derivino dalla mancata associazione tra Videogioco e Cultura. “E’ un errore madornale” poiché sottovaluta un mercato già ampiamente remunerativo all’estero e nasconde al grande pubblico tutte le potenzialità che possiede. Peggio ancora, spesso il media viene denigrato, accusato di isolare l’utente e impedirgli di dedicarsi ad attività più utili, mentre dovrebbe invece avvenire un cambio di opinione, visto che il divertimento dei Videogiochi è sempre più socialità, elemento di unione e di grande formazione per l’individuo.

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Da sinistra: Bazzoni, Guarini, D’Alessandro, Dal Pino e Saletta

La seconda fase si concentra sui rischi che possono derivare dall’utilizzo spregiudicato dei Videogiochi, senza che venga esercitata una forma di controllo e moderazione verso i soggetti più sensibili, quali i bambini sotto i dodici anni e più in generale i minori. A parlarne sono persone che hanno già condotto ricerche nel campo:

  • Bruno Quarta, Direttore Generale, Università degli Studi di Milano
  • Jeffrey Goldstein, Professore, University of Utrecht
  • Luigi Galimberti, Psichiatra, Associazione genitori attenti
  • Simon Little, Managing Director, PEGI S.A.
  • MODERATORE: Federico Cella, Corriere della Sera

E’ uno dei temi che più eravamo curiosi di ascoltare, data la grande disinformazione che dobbiamo subire continuamente sugli effetti negativi dei Videogiochi, quasi demonizzati e resi causa di atti criminali. Little introduce la questione su quanto importante sia la classificazione e quanto nel tempo sia diventata strutturata ed efficace nel riuscire a far arrivare a chi acquista (e spesso non conosce cosa sta acquistando) la giusta idea di quale sia la tipologia di prodotto e quanto possa essere pericoloso il contenuto. Gli sforzi in questo ambito sono stati ripagati con l’ente europeo che ha portato il PEGI in quasi tutte le nazioni del continente e nel tempo la classificazione diventa sempre più precisa e diffusa tra gli acquirenti, che hanno uno strumento in più per tutelarsi. Pensate che il volume di prodotti da valutare è aumentato a dismisura negli anni, arrivato a circa 5000 videogiochi all’anno e 10000 app alla settimana. Proteggere i minori è importantissimo, anche noi di VMAG ci teniamo a sottolinearlo, ed infatti il dottor Galimberti illustra quali sono i rischi in un uso sregolato nei bambini. Le recenti ricerche (2013/2014), con campioni di circa 2 mila tra bambini e pre-adolescenti (dai 13 anni in giù) evidenziano come l’uso prolungato di Videogiochi (si intende più di un’ora al giorno) riduca la quantità di dopamina rilasciata nel cervello nel tempo e le ore di sonno notturne, che scendono al di sotto delle otto, quantità minima per un soggetto così giovane. E’ stato provato che tali effetti conducano poi ad una maggiore propensione alle dipendenze da sostanze come droghe leggere e pesanti, e alcool.

Quante volte sentiamo dire che “l’uso dei videogiochi rende violenti i ragazzi” e ci passano davanti le carrellate di immagini di GTA e altri giochi dove “più ammazzi e più sale il punteggio”? Tante, troppe volte dobbiamo fare i conti con televisione e giornali che marciano sopra notizie di cronaca nera, dove anche solo per qualche istante viene segnalato che l’autore del reato giocava ai videogiochi e che siano stati questi la deviazione che lo ha portato a compiere il gesto criminale. Il professor Goldstein fa finalmente chiarezza e spiega come non sia mai stato dimostrato, e forse sia impossibile da dimostrare, che i videogiochi che effettivamente contengano scene di violenza portino poi l’utente a compiere gesti simili. “Non è possibile studiare l’utilizzo dei videogiochi in laboratorio replicando tutte le condizioni” dice, e fa l’esempio di come le cause che portano ad un uso smodato siano da ricercare negli ambienti e nelle condizioni in cui il soggetto vive. Le ricerche effettuate hanno evidenziato come il comportamento più aggressivo in chi gioca scene violente (il campione ha giocato per 56 ore in un mese ad uno sparatutto) svanisce dopo soli pochi minuti. Al contrario è stato dimostrato come gli effetti positivi siano molteplici: migliore coordinazione pensiero-mani, l’istruzione dei videogiocatori più alta della media, la presenza di giochi educativi e come diventi più facile acquisire le skill per arrivare ad un obiettivo.

I videogiochi possono essere una leva fondamentale nell’attrarre studenti nel campo delle nuove tecnologie. E’ quanto afferma Bruno Quarta, che spiega come abbiano utilizzato il media per portare i ragazzi ad essere maggiormente interessati ad un mercato in cui rivestiamo il ruolo di semplici consumatori, visto che su circa 4000 mila laureati nell’ateneo quasi nessuno riesca poi ad entrare nell’industria dell’intrattenimento. E’ partita da qui l’idea di introdurre lo studio del mercato videoludico nei corsi dell’Università di Milano, ritenuto ormai cruciale per destare interesse ed aprire alle nuove possibilità di impieghi che si palesano all’orizzonte. Anche in questo caso l’impegno delle istituzioni è chiamato ad essere più presente e a porre in rilievo corsi di questo tipo.

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Da sinistra: Little, Goldstein, Cella, Galimberti, Quarta

Dopo la discussione degli esperti è la volta dei rappresentati della Camera, coloro che hanno deciso di portare maggiore attenzione alla regolamentazione della nostra passione preferita. Vogliamo dare lode a tali personalità, poiché è per loro merito che i Videogiochi sono entrati all’interno dei “palazzi del potere”, anche se con grande ritardo rispetto a quanto avremmo voluto, e anche solo per un convegno riassuntivo della situazione. Sono tutti membri della VII Commissione, che ricordiamo si occupa di Cultura:

  • On. Francesco D’Uva (M5S)
  • On. Bruno Molea (Scelta Civica)
  • On. Antonio Palmieri (Forza Italia)
  • On. Roberto Rampi (PD)
  • On. Milena Santerini (Scelta Civica)
  • On. Ilaria Di Capua (Scelta Civica)
  • MODERATORE: Luca Tremolada (Il Sole 24 Ore)

E’ vero che nel tempo l’incapacità dei nostri esponenti nel trattare il tema o la completa ignoranza di questo ci hanno portato ad avere un giudizio completamente negativo verso di loro, da appassionati e difensori del media quali siamo. Ieri potrebbe trattarsi di un giorno storico ho detto, poiché era chiara l’intenzione di volerlo porre sotto una luce diversa, sicuramente migliore. L’iniziativa di portare a compimento la proposta di legge per la tutela di chi acquista un Videogioco (come il PEGI obbligatorio) e dare il giusto incentivo ad un mercato che in Italia è ancora irrilevante è stata chiara e trasversale: “non siamo qui a rappresentare un partito politico” è stato affermato più volte ed infatti, seppur di diversa appartenenza politica, gli esponenti si sono mostrati tutti sulla stessa linea di pensiero. La palma di miglior intervento la diamo sicuramente all’Onorevole D’Uva: appena ventottenne, ha fatto presente come sia a tutti gli effetti un assiduo videogiocatore, anche se gli impegni di governo glielo consentano sempre meno, ed abbia conosciuto molte delle generazioni di console. E’ l’unico a citare titoli presenti sul mercato di massa e a riconoscerne gli effetti positivi, come quando riconosce capacità di leadership in chi guida un team in Counter Strike o la logica necessaria a vincere una partita in Company of Heroes. Si dice pienamente convinto che, con la giusta attenzione, pur avendo usufruito di giochi violenti questo non abbia mai condizionato la sua coscienza e anzi abbia contribuito alla sua formazione. Alla conclusione con la frase “i videogiochi possono essere considerati l’ottava arte” il nostro applauso è partito spontaneamente. I suoi colleghi ribadiscono quanto ormai appurato durante tutto il convegno: è necessario che la produzione di Videogiochi venga incentivata e l’acquisto dei prodotti venga tutelato attraverso l’informazione. “Non basta solo fornire le scuole di computer e LIM, ma istruire chi istruisce alle loro funzionalità, affinché i nuovi media vengano visti per le proprie potenzialità e non solo per i rischi” è il succo del discorso, e non possiamo dirci che d’accordo. Applausi meritati anche da Rampi, che ci tiene a sottolineare che i Videogiochi vengano considerati come parte integrante dei mezzi culturali a disposizione del cittadino e che non vengano visti inferiori ai libri o al cinema: “Non sono solo un passatempo, ma un vero e proprio linguaggio d’espressione, come negli anni ’70/’80 la musica, e va imparato a comprendere tale linguaggio”. Nota di demerito all’Onorevole Santerini, che nell’evidenziare il porre attenzione nell’acquisto del prodotto, si perde nell’invitare chi sviluppa a “creare meno giochi violenti, perché altrimenti ci si desensibilizza alla violenza”, quando invece durante per l’intera durata del convegno si era affermato tutt’altro.

Da sinistra:
Da sinistra: D’Uva, Palmieri, Tremolada, Di Capua, Rampi

Nonostante l’infelice uscita, l’intero convegno può essere definito un vero successo da parte di noi appassionati. Per essere una delle prime volte che i Videogiochi riescano ad attirare l’attenzione dei nostri rappresentanti alla Camera, la questione è stata affrontata sotto l’ottica più corretta. Trovo che sia stato giusto dividere i tre aspetti cruciali dell’industria e che sia stata la modalità più efficace per dare una dimensione quanto più reale ed utile per i politici presenti. Bisogna tener conto dell’opportunità economica del mercato in espansione ma non sottovalutare i rischi per la salute in cui si può incorrere, e finalmente è parso chiaro che il Videogioco è Cultura e i suoi valori devono essere difesi e incentivata la sua diffusione. Si è parlato di Gamification, di Serious Gaming, di giocatori e giocatrici, di rischi veri supportati da ricerche e addirittura di ottava arte. Tutto questo può rappresentare una scintilla che può dare inizio ad un grande cambiamento. Per la prima volta ho visto con i miei occhi che il Videogioco non è stato sottovalutato e denigrato, bensì valorizzato e in comune accordo visto come elemento prezioso di arricchimento nella vita di un cittadino italiano. Questo risultato è figlio dei tempi in cui viviamo e che corrono veloci, ma anche di appassionati veri che per anni hanno cercato di far comprendere quanto ciò che amiamo possa rappresentare una opportunità concreta. Anche in Italia.

Per rivedere l’intero convegno, potete cliccare su questo link.

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