Returnal Recensione | Nel corso dei secoli, la filosofia ha affrontato gli argomenti più disparati, tentando di rispondere ad alcune delle domande più assolute e fondanti per la condizione umana. Una serie di interrogativi significativi e rilevanti non solo per il significato, ma anche per le ripercussioni e i fondamenti della nostra esistenza come esseri umani. Ed ecco che gemma una serie di teorie complesse ed affascinanti che sono poi uno dei cardini veri e propri della dottrina filosofica, delle teorie che puntano a darci una giustificazione oppure una rassicurazione circa la nostra mortalità , ad esempio, o ancora, a spiegare la dissonanza fra la natura e la dimensione umana, fra la fisica e la metafisica, e ancora si potrebbe elencare. Il titolo che andremo ad analizzare quest’oggi, Returnal, parte proprio da una teoria, una delle più discusse dell’intero campo di studi filosofico, ovvero, quella dell’Eterno Ritorno.
Ipotesi formulata dal fortunato filosofo Friedrich Nietzsche durante una permanenza nelle campagne svizzere; la riflessione si basa circa l’idea che l’universo rinasce e rimuore in un loop apparentemente infinito e senza possibilità di interruzione. Returnal, esclusiva di primo ordine Sony PlayStation 5 sviluppata da Housemarque, trae ispirazione proprio dal ciclo senza fine dell’Eterno Ritorno per proporci un’ambientazione originale e ricca di spazi di riflessione. Senza ogni indugio, immergiamoci nelle sventure di Selene con questa recensione.
Una condanna senza fine
Returnal inizia col botto, con un’avaria della navetta e con uno schianto su un pianeta alieno sconosciuto. Facile domandarsi quale potrebbe essere la causa di tutto questo, e a detta della strumentazione danneggiata dall’incidente è un’entità nota come Pallida Ombra, di cui nulla ci è dato a sapere. I primi momento di disperazione e timore legati alla consapevolezza di trovarsi probabilmente in solitudine in un pianeta ignoto ed inesplorato sono tante, e le sensazioni di pericolo e incertezza vengono rese piuttosto bene dalla sequenza introduttiva e i primi momenti di gameplay, in cui la nostra protagonista esprime eloquentemente sensazioni comprensibili e condivisibili da tutti noi.
Con orrore infatti Selene scoprirà che in Atropo, pianeta dal nome eloquente dove è piombata, non c’è via di fuga. Come la chera da cui prende il nome questo corpo celeste, la nostra beniamina sarà costretta a rivivere un ciclo infinito di morte e rinascita: è in trappola. Questo dispositivo narrativo giustifica bene il twist fondamentale dell’intera esperienza: ovvero l’idea che non è possibile salvare il proprio progresso e ricominciare dall’inizio. Come la nostra protagonista, siamo anche noi prigionieri di questo cerchio che impone di ricominciare dall’inizio ad ogni sconfitta o chisura del gioco. Una condanna senza fine, e la consapevolezza che arriverà lenta nella nostra esploratrice di dover affrontare un viaggio verso la verità che travalichi le barriere della vita. Una trama accattivante, capace di ingolosire i giocatori spingendoli a ricercare maggiori elementi di lore. Purtroppo, però, la storia finisce per rivelarsi troppo incompleta e mancante, ed è chiaro come sia asservita al gameplay.
Un roguelike mirato all’azione
Ecco dunque spiegato con questo espediente narrativo ciò su cui pone il focus l’esperienza roguelike di Returnal. Non si tratta di un gioco di ruolo sul modello Souls, ma piuttosto, di un’esperienza che vuole tingersi di sapori action ed esplorazione. Infatti, le zone di Atropo cambieranno continuamente dopo ogni ciclo, proprio come ci spiega Selene stessa fra le lacrime, consapevole di registrazione in registrazione che ritroveremo sui suoi precedenti cadaveri di che incubo sta vivendo. Ad ogni run incontreremo ostacoli e nemici sempre nuovi, che dovranno essere affrontati in modi creativi sfruttando le risorse e le scoperte che faremo di volta in volta.
Il punto focale dell’esperienza, che viene reso con una certa abilità e possibilità di creare build ben approfondite è proprio il lato d’azione del gioco che ci provone un vero e proprio Bullet Hell a pieno titolo. In questo senso, la meccanica più interessante è forse quella della carica della tuta e delle armi, che a livelli differenti ci offre effetti e possibilità differenti. Sovraccaricando la tuta o prendendo maggiori danni aumenteremo ad esempio l’adrenalina, che ci permetterà di muoverci più velocemente e colpire con maggiore accuratezza. Sovraccaricare le armi al contrario permetterà di sbloccare devastanti attacchi, come quelli shock o esplosivi. Una meccanica che si sposa egregiamente con l’intero impianto ludico e che fa riflette sul grado di cura riposto da Housemarque.
Meccaniche permanenti e non-permanenti
In Returnal, di run in run diventerà sempre più chiaro e topico il concetto di meccaniche permanenti e non-permanenti. Essendo che questo ciclo infinito permeerà ogni aspetto della nostra esperienza di gioco, dovremo presto imparare a comprendere cosa resterà di noi (e di Selene) fra un tentativo e l’altro. Ed è proprio questa una delle cose su cui gioca con maggiore abilità il titolo, ovvero chiamare noi giocatori a fare compromessi e pensare a lungo termine. Questo ragionamento può partire sulla valuta di Atropo ed articolarsi su tutti i componenti via via più complessi dell’opera, ma restiamo con i piedi per terra: in Returnal esistono due valute, oboliti ed etere; la prima è una moneta temporanea, che perderemo ad ogni morte. Quella più rara è l’etere, che è possibile conservare fra una vita e l’altra. Una certa abilità sta proprio nel bilanciare l’economia di ogni partita in vista della prossima.
Uno dei lati più critici e polarizzanti dell’elemento caratterizzante di Returnal è poi la sua “spietatezza” in termini di difficoltà e persistenza. Apparentemente, si ha l’idea che l’opera non sia indulgente nei confronti dei suoi fruitori, specialmente vista la pratica assenza di una meccanica di salvataggio delle partite. Ci sono poi altri dettagli realizzati egregiamente in questo senso, che rimangono fedeli all’idea di roguelike in senso stretto, ovvero, le aree secondarie, gli artefatti e i parassiti. L’esplorazione in Returnal non è detto che paghi, non siamo in un mondo Eden, ma in un inferno… l’ecosistema alieno è apertamente ostile, e questo giustifica tutti gli elementi negativi che potremmo riscontrare avventurandoci fuori dal selciato. Le aree secondarie potrebbero rivelare trappole o temibili creature, gli artefatti potrebbero essere maligni, e i parassiti ci daranno molto da riflettere circa la loro serie di benefici e svantagi.
Una vera esclusiva next-gen
Senza dubbio, una formula di gamplay così assoluta e criptica farà molto discutere di Returnal, specialmente per la scelta con i salvataggi e il modo di consumare l’esperienza; ma c’è altro che di sicuro farà riflettere i giocatori: ovvero, il fatto che questa esclusiva sia a primo titolo una delle prime grandi produzioni dedicate al nuovo sistema next-gen di Sony. Graficamente ed esteticamente, il gioco c’è eccome, con un’estetica riconoscibile e seducente fatta di orrore cosmico e con richiami a certe filmografie nobili come Alien o 2001: Odissea nello spazio. Un’esperienza dal comparto visivo pulitissimo e a piena ragione di alto livello, che di certo fa un grande lavoro nel facilitarci l’immersione anche grazie al feedback aptico del controller. Passeremo di biomi tetri a luoghi simili per cromaticità ed occupanti a bolge dantesche, passando per sequenze desolanti o terrificanti senza troppe cerimonie.
Siamo decisamente ad un livello cinematografico, o forse più elevato, in quanto tutto, sia dal punto di vista visivo, sia da quello sonoro, si muove in quella direzione. Se sono questi gli standard per tutte le produzioni first e third party di PlayStation 5, di sicuro chi avrà avuto la fortuna di reperire un sistema di gioco così introvabile allo stato di cose attuale ha di certo fatto la scelta giusta e si trova in una botte di ferro. Come non citare le tecnologie di Audio 3D e Dualsense che contribuiscono a farci vivere davvero in prima persona la situazione in cui si trova Selene? Un titolo soddisfacente sotto un gran numero di punti di vista, e paradossalmente, una delle sensazioni migliori che proveremo giocando sarà proprio lo sparare contro gli alieni che ci ritroveremo contro, un gesto dalle caratteristiche primordiali e molto soddisfacente proprio dal punto di vista di feedback fisico e sonoro.
Returnal è un cambiamento rinfrescante nel mondo dei roguelike, che ha necessità di discostarsi dal classico immaginario dark fantasy. Housemarque affronta un’ambientazione fantascientifica in un certo senso canonica, seppur con delle mancanze in termini di trama che lasciano l’amaro in bocca; ciononostante, bisogna apprezzare un titolo solido come questo, specialmente dal punto di vista del gameplay. Sarà una scelta personale di giocatore in giocatore quella di apprezzare la formula unica dei cicli dell’opera, ma solo chi parla in malafede o ignoranza si pronuncerebbe negativamente per questo lavoro. Il futuro si prospetta roseo per i videogiocatori, la next-gen è oramai fra noi e cominciamo a coglierne i primi frutti.
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