La Templanza Recensione| Dramma e romanticismo ritornano ancora una volta sugli schermi degli spettatori, grazie alla nuova serie La Templanza. Per adesso, solo una stagione è disponibile per i fan del genere, tramite Amazon Prime Video. Il continuo delle vicende narrate potrebbe ancora diventare realtà, sebbene purtroppo non si possa escludere la possibilità di un rinvio o di una cancellazione di quei progetti, stando alle ultime dichiarazioni.
Prodotta più o meno allo stesso tempo di Bridgerton, La Templanza condivide il suo genere con la serie più famosa, ma fallisce nell’ottenere lo stesso successo o la stessa qualità, cadendo non solo nei clichè tipici di questo tipo di spettacoli, ma eseguendo il tutto con pochi colpi di scena e con una trama fin troppo disparata e vaga per essere narrata in maniera efficace in una singola stagione. Nel nostro giudizio più ottimista, un maggior numero di puntate avrebbe potuto permettere di narrare le vicende in maniera effettiva e salvare qualcosa, ma sebbene non orribile per chi già è appassionato di questo tipo di soap opera, secondo il nostro giudizio La Templanza fallirebbe in entrambi i casi.
Basata sugli eventi narrati nell’omonimo libro della scrittrice spagnola María Dueñas, pubblicato nel 2015, la serie è un perfetto esempio per il più grande rischio del genere: nulla è più detrimentale per il dramma e il romanticismo dell’incapacità di applicare i suoi tipici colpi di scena senza una vena di originalità al loro interno.
Un racconto avvincente… Che non viene narrato
Di cosa parla esattamente La Templanza e perchè siamo così critici nei suoi confronti? Ebbene la sua trama è in effetti uno dei difetti principali dell’avventura. Non perché, al contrario di quanto si potrebbe pensare, sia una cattiva idea (certo non è qualcosa in grado di appassionare tutti gli spettatori ma questo vale per qualsiasi plotline del genere in questione) ma perché la stessa narrativa non riesce a focalizzarsi sui suoi eventi. Protagonisti della vicenda sono Mauro Larrea e Soledad Montalvo, giovani innamorati destinati ad impiegare due decadi e viaggiare attraverso metà del mondo prima di poter coronare il loro sogno d’amore, tra difficoltà e doveri familiari della società dell’epoca.
La più antica soap opera del mondo, l’Odissea, propone temi molto simili e sebbene un confronto tra le due sia impossibile da fare, possiamo far notare che queste tematiche sono sempre estremamenti interessanti da seguire e possono attirare l’attenzione anche degli spettatori meno appassionati. La colpa quindi non è nell’idea, ma nell’esecuzione: La Templanza si rende colpevole di ignoranza o eccessiva ambizione, a seconda di quanto si voglia essere caritatevoli verso la regia, cercando di raccontare non solo una storia d’amore, ma anche la storia di una società di fine secolo classista e crudele, tematiche storiche che sfociano nell’attualità e intrecci secondari tutti allo stesso tempo.
Cercando di narrare tutto, si finisce per non spiegare nulla e per quanto ampio sia il quadro dipinto agli occhi dello spettatore la sua qualità viene abbassata dalla fretta, laddove un focus più ristretto ma profondo avrebbe potuto salvare alcuni dei punti migliori della serie. Il tutto porta ad indirizzare lo spettatore verso un messaggio vuoto (specialmente toccando tematiche delicate come la tratta degli schiavi) che finisce per annoiare chi si trova dall’altro lato dello schermo.
L’amore è all’orizzonte e rimarrà lì
Un difetto ulteriore della serie è la sua incapacità di suscitare le emozioni tipiche del suo genere. Questa frase potrebbe sembrare sorprendente, poiché anche nei suoi momenti peggiori non si può negare come La Templanza sia una tipica soap opera, con drammatici eventi e due innamorati pronti a combattere il destino. Esiste tuttavia una differenza fondamentale tra il genere che una trama esprime e i sentimenti che lo spettatore riceve attraverso lo schermo del proprio televisore o PC: anche una serie di bassa qualità può trasmettere sentimenti in maniera efficace. La Templanza, purtroppo, fallisce nel passare tali sensazioni.
Il pathos provato, nel senso più rosa del termine, è quasi assente nonostante le grandi dimensioni della serie, con un cast che supera il centinaio. Possiamo assistere al dramma tra Mauro e la sua desiderata Soledad e alle loro incertezze, ma non le sentiamo come nostre. Il dipinto che ci viene mostrato è ricco nei costumi e nelle atmosfere della fine del secolo, ma vuoto. Sebbene gli attori impiegati siano familiari con il genere e presentino una prestazione abbastanza soddisfacente (Henry Pettigrew si rivela uno dei migliori nel suo ruolo di antagonista assetato di potere e denaro. Un classico che sfiora il banale, ma la cui interpretazione mostra carattere) c’è solo così tanto che il cast possa fare per salvare la serie, specialmente se rema da solo contro una marea di errori.
L’abito fa il monaco e il realismo
Oltre al cast, esiste tuttavia un lato dove La Templanza brilla, battendo persino la contemporanea e meglio riuscita serie Bridgerton: il reparto costumi. Estremamente realistici e accurati dal punto di vista storico, gli abiti indossati da eroi romantici ed avidi antagonisti nella maggior parte delle scene non solo coincidono con quanto indossato dagli abitanti dell’epoca, ma riflettono in maniera corretta anche la classe sociale, la nazionalità e le circostanze di ogni personaggio.
A dispetto delle necessarie critiche verso un prodotto ricco di buchi e mantenendo la metafora già impiegata in precedenza, il quadro che ci viene dipinto davanti potrà essere vuoto e vago, ma la pittura usata è quantomeno di ottima qualità. Un pregio che mette (sebbene soltanto per quanto riguarda il reparto costumi) La Templanza tra le migliori serie drammatiche recentemente uscite.
Alla fine dei conti, ci dispiace giudicare la nuova serie di Amazon come un fallimento, ma La Templanza si rivela una buona idea applicata nel peggiore dei modi, a prescindere dalle opinioni dello spettatore sulle particolarità del genere. Con una trama che cerca di raccontare tutto senza concentrarsi su nulla, una completa incapacità di trasmettere alcun senso drammatico o di passione e l’ambizione di toccare tematiche sociali come la tratta degli schiavi e l’ineguaglianza sociale nella società benestante di fine secolo, La Templanza riesce a salvarsi soltanto nella sua fedeltà al realismo scenico e in un cast che fa di tutto per garantire la migliore performance che le circostanze possono offrire. Sebbene sia possibile per chi è più appassionato verso questo tipo di sceneggiature godersi comunque una decina di puntate di tensione romantica, non ci aspettiamo una particolare impressione verso questo particolare prodotto neppure dai più appassionati.