Mission: Impossible – Rogue Nation: la recensione di VMAG

Tom Cruise non è solo il protagonista del nuovo Mission: Impossible. Tom Cruise è egli stesso l’essenza di Mission: Impossible. E nonostante i 53 anni di età, la carriera di Maverick sembra essere decollata nuovamente in maniera inarrestabile e irrefrenabile. Mission Impossible – Rogue Nation, ennesimo capitolo ispirato sull’omonima serie TV degli anni ’60 e ’70, è infatti una conferma assoluta che il buon Tommaso Crociera non ha alcuna intenzione di fermarsi. Anche quando sarebbe il caso che a una certa età ciò accada.

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Dopo gli strepitosi primi due capitoli di Brian De Palma e John Woo (a parere di chi scrive, due dei migliori film d’azione e spionaggio di tutti i tempi), la serie di Mission: Impossible aveva abbracciato la serialità fine a se stessa coi blandi episodi di J.J Abrams e Brad Bird, capitoli in cui la saga ha preferito proporre uno stile blando e non autoriale, confezionato per essere venduto al grande pubblico nonostante proprio col terzo episodio la carriera di Cruise ha subito una rischiosa frenata di arresto, salvo poi riprendersi proprio col quarto episodio della saga di Mission: Impossible.

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Rogue Nation è una conferma che il buon Tommaso Crociera non ha intenzione di fermarsi

 

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Oggi, Mission: Impossible – Rogue Nation di Christopher McQuarrie in copione e regia è esattamente la stessa cosa, a partire da una trama che puzza di pretesto: il direttore della CIA ha tutta l’intezione di chiudere la Impossible Mission Force, sebbene il suo membro più attivo Ethan Hunt sia sulle tracce di una misteriosa associazione a delinquere, il “Sindacato”. Cruise, senza controfigure o aiuti di sorta, è protagonista assoluto di scene d’azione al limite dell’umano. Ethan Hunt attaccato alla portiera di un aereo in decollo ha la stessa portata iconica della sequenza della scalata del Burj Khalifa in Protocollo Fantasma, non negandosi neppure qualche parentesi motociclistica che fa il verso ai memorabili inseguimenti di M:I 2. Un’esaltrazione della spettacolarità fine a se stessa in perfetto stile Fast & Furious. I personaggi di contorno come Benji Dunn (Simon Pegg) ed il resto della squadra spariscono, se non per una manciata di sequenze di intermezzo, in attesa della prossima prodezza del cinquantenne Tom. E poi di un’altra, e di un’altra ancora. E no, a conti fatti Mission: Impossible – Rogue Nation non è etichettabile come un omaggio al cinema action anni ’80, poiché non ne ha né le velleità, né lo stile, né tantomeno l’ironia.

 

Ma è davvero tutto da buttare? Non proprio. Mission: Impossible – Rogue Nation è comunque puro intrattenimento, ripetitivo ma con consapevolezza, una corsa sulle montagne russe più alte di Hollywood che si ripete senza sosta per due ore e undici minuti. Aggrapparsi a questo benedetto aereo rappresenta l’unica cosa da fare se si vuole godere di una pellicola totalmente impersonale, ma che manderà in estasi (di nuovo) gli amanti del piccolo Tommaso. Resistere alla noia per tutta la durata della pellicola, sarà comunque la vera Missione Impossibile.