La parola multimediale è ricchissima di diversi significati. Così come, del resto, la parola videogame, che negli ultimi anni è andata parecchio stretta al mondo videoludico, ad ogni livello possibile. Fruitori, developer, giornalisti, tutti si sono accorti o si stanno accorgendo di quanto difficile sia inserire i videogiochi in un contesto mediatico specifico. Questo accade perché i videogame, già di partenza multimediali per definizione, si sono evoluti e modificati al punto da prendere più di uno spunto da altri media d’intrattenimento, come il cinema. Ma non solo: arrivando anche ad essere fonte di ispirazione per gli altri media. L’idea per questo articolo mi è venuta quando, su Youtube, mi sono accorto della nuova campagna pubblicitaria di Nintendo, dedicata a Pikmin 3 Deluxe. Composta, appunto, di brevi short movie di qualità con protagonisti i Pikmin, realizzati per espandere l’universo del titolo oltre il videogioco. Il breve viaggio che vorrei farvi compiere oggi attraversa, perciò, 5 giochi esemplari riguardo, appunto, la multimedialità . La capacità , insomma, di spaziare oltre il controller.
Pokémon: il re del multimediale
Il re indiscusso della multimedialità ai giorni nostri, in ambito videoludico, è probabilmente il franchise Pokémon. Il numero di media ai quali ha lanciato le sue pokéball per catturare l’attenzione dei potenziali fan è smisurato, tanto da abbracciare animazione, produzione di giocattoli, capi di abbigliamento, spin-off videoludici dei più disparati generi, card game e figurine collezionabili. Una tale quantità di prodotti multimediali si è resa necessaria per varie ragioni, non solo per l’indubbio successo commerciale dei mostriciattoli tascabili. La qualità dell’art direction e della cura riposta nel produrre intorno alle singole creature backstory e informazioni credibili (come se fossero davvero animali che potevamo incontrare nel mondo reale) esulava, infatti, dalle possibilità tecniche dei primi titoli, e persino da quelle degli ultimi, in un certo senso. Sappiamo da sempre che i Cleafery si radunano nelle notti di luna piena in cima al Monte Luna per danzare, ma chi, prima della release dell’anime, li aveva mai potuti vedere farlo? La ferrea volontà di mostrare ai fan la tangibilità del mondo Pokémon, quindi, è la prima responsabile dell’espansione al di fuori del videogame del franchise. Ancor prima delle motivazioni puramente commerciali, a mio avviso.
Overwatch: il matrimonio fra mondo e-sport e consumer
Parlando, invece, di Overwatch, è evidente che la presenza di video animati di altissima qualità , fumetti e racconti testuali sia nata dalla precisa volontà di coinvolgere i fan in un’esperienza che si espandesse dal gioco nella vita vera. La differenza con Pokémon, quindi, sta nella direzione degli intenti, oltre che nella realizzazione. Se Pokémon aveva da principio un mondo tanto vasto e stratificato che doveva, prima o dopo, assurgere in altri media, Overwatch è stato sviluppato con in mente l’obiettivo di edificarvi a posteriori una serie di elementi multimediali di supporto. La sua particolarità , però, risiede anche nella sua essenza e-sportiva; che rifiuta, solitamente, velleità di trama, o caratterizzazione. I developer Blizzard, però, avevano e hanno in mente di rendere Overwatch un fenomeno culturale che faccia da ponte tra il mondo e-sportivo e quello puramente consumer. Un obiettivo difficilissimo da raggiungere, forse anacronistico, purtroppo; che solo in futuro troverà la sua massima realizzazione.
Quantum Break: un esperimento sul piccolo schermo
Un esperimento decisamente su più piccola scala è rappresentato dal comunque sorprendente Quantum Break. Sorprendente non tanto come gioco in sé: è innegabile che sia stato “uno dei tanti” action-adventure in terza persona, sotto l’aspetto puramente ludico. Ma dai creatori di Alan Wake, Microsoft, che sovvenzionò il progetto, ha richiesto uno sforzo creativo aggiuntivo notevole. Infatti, Remedy Entertainment confezionò nientemeno che un videogame la cui storia veniva narrata attraverso… una serie tv fatta e finita. E dato che la storia di Quantum Break coinvolge viaggi nel tempo e paradossi, probabilmente la serie non fu una passeggiata da portare a termine con un senso compiuto. Tutto sommato, le recensioni tiepide per il gioco fecero da contraltare ad un’entusiasmo diffuso rispetto all’idea della serie tv, che avrebbe potuto benissimo camminare sulle proprie gambe. Se non è multimedialità questa, non so che dirvi.
Resident Evil: la serie di film più longeva
Ho appositamente evitato di citare i casi dei numerosi film che stanno venendo prodotti prendendo spunto da videogiochi più o meno famosi. Se da un lato è vero che in passato i film videoludici sono stati per lo più buchi nell’acqua, è anche vero che oggi i produttori stanno investendo più risorse e tempo nel confezionare pellicole più che all’altezza (non sempre in realtà ) del prodotto di partenza. Pensate, che so, a Detective Pikachu. Eppure, a detenere il record per la serie di film più longeva ispirata ad un videogioco è la saga di RE. Resident Evil, film diretto da Paul W. S. Anderson, ha avuto ben 5 seguiti: Resident Evil: Apocalypse, uscito il 10 settembre 2004, Resident Evil: Extinction, uscito il 12 ottobre 2007, Resident Evil: Afterlife, uscito nelle sale italiane il 10 settembre 2010 e Resident Evil: Retribution, uscito il 28 settembre 2012. Il capitolo conclusivo della saga, Resident Evil: The Final Chapter è uscito nelle sale italiane il 16 febbraio 2017, quindi nemmeno troppo tempo fa. Non possiamo, in tutta coscienza, promuovere nessuno dei film della saga, nemmeno prendendoli singolarmente. Se non, è chiaro, come fenomeni trash destinati a fare notizia per via dell’altisonante nome che portano. Ma faremmo un torto al buon Anderson se non lo citassimo come un vero campione della multimedialità videoludica. Che ha tentato, e tenterà presto ancora quando uscirà il film su Monster Hunter, di trasformare e reinterpretare a suo modo un universo narrativo videoludico.
Warcraft: il videogame nel videogame del videogame
Infine, un esempio di multimedialità particolare, dato che l’universo narrativo di Warcraft non è mai davvero uscito, se non attraverso un discutibile film, dai reami del videogioco. Eppure, in quello che potremmo definire un esempio virtuoso di “monomedialità ”, Warcraft ha generato ben due titoli completamente differenti da quello di partenza: World of Warcraft, un MMORPG, e Hearthstone; quest’ultimo è nato dalle costole di un gioco di carte stampate, però, solo per brevissimo tempo. Perciò, se citiamo Warcraft in questa lista, nonostante siano molti i giochi che si sono ramificati in spin-off vari ed eventuali, è proprio grazie alla trasformazione repentina da fisico a digitale del gioco di carte Hearthstone. L’esempio del card game, di lì a poco, avrebbe rivoluzionato l’industria delle carte collezionabili, portando tutti i concorrenti a proporre la loro versione digitale del gioco, i loro tornei, le loro app. E ancora oggi, a distanza di anni, l’eco di Hearthstone, e con lui quello di Warcraft, risuonano forti in titoli come Legends of Runeterra, Magic Arena, Gwent. GGWP.
Chiaramente, non abbiamo potuto citare ogni titolo multimediale sorto nella storia dei videogiochi, limitandoci a 5 esemplari iconici. Come dimenticare l’assenza di Yo-kai Watch, ad esempio, che in Giappone ormai è valido quanto e più di Pokémon (il che la dice lunga, commercialmente parlando). O casi inversi di trasformazione di un media fisico in una serie di successo, come per i videogiochi LEGO. Impossibile non riconoscere lo stile unico di un titolo basato sui mattoncini colorati oggigiorno, no? Quel che è certo, è che la multimedialità è il segreto di Pulcinella, l’elefante nella stanza, il motivo evidente, quindi, per cui i videogiochi ci piacciono tanto, e sono diventati sempre più fondamentali nel mondo dell’intrattenimento: perché non hanno limiti. L’adattabilità delle storie, dei personaggi, del concetto stesso di “interazione” con essi e con la storia che vivono, è la pietra angolare su cui i videogiochi esistono e si moltiplicano nel mercato. Ed oggi, dopo tanto tempo, finalmente, il mondo sta iniziando ad accorgersene. Ma i limiti dei videogiochi, noi lo sappiamo bene, sono ancora lontani dal mostrarsi…
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