Space Force Recensione – All’irriverente conquista dello Spazio profondo

Netflix

Space Force Recensione | Ancora oggi, l’universo è al centro delle mire indagatrici di alcuni paesi del mondo e la corsa allo Spazio continua inesorabilmente anche nei nostri giorni, dopo lo scontro (a cavallo tra il 1957 e il 1975) tra Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica per il dominio delle stelle e pianeti. Non a caso, una recente notizia, datata 21 dicembre 2019, segna ancora una volta l’importanza di questa gloriosa avventura fuori dai confini prestabiliti: il presidente americano Donald J. Trump ha istituito una forza militare, la Space Force, che fa capo all’Air Force e ha il compito principale di proteggere gli asset degli USA nello spazio. Un corpo speciale dal nome evocativo che, nonostante abbia un fine ben definito, rimanda a ben più assurde ed estreme missioni come battaglie sulla Luna, conquiste di avamposti e altri classici cliché provenienti da film di guerra e di fantascienza. Ebbene, per quanto qualcuno si sforzi, l’ironia e la comicità dietro una scelta del genere sono indubbie e lasciano spazio a divertenti ed assurde conclusioni.

Ed è da qui che partiamo per parlarvi di Space Force, la nuova serie Netflix ideata da due capisaldi della comicità quali Steve Carell e Greg Daniels, entrambi coinvolti (per citare un’opera tra le tante) in The Office, anche se con ruoli decisamente diversi. Partendo dall’idea un po’ discutibile di Trump, i due hanno sviluppato un concept televisivo diviso in 10 episodi brevi che interpreta in chiave umoristica l’istituzione e i compiti dell’aeronautica spaziale, non sfociando mai nell’irrealistico, ma descrivendo situazioni verosimili, portandole alle estreme (ed esilaranti) conseguenze. Un prodotto dalle infinite potenzialità che, messo in mano a figure chiave così importanti del settore, risulta divertente e piacevolmente leggero, ma che purtroppo non riesce a concretizzare appieno gli sbocchi offerti dal particolare contesto narrativo. Grazie alla famosa piattaforma streaming americana, abbiamo visto in anteprima tutta la prima stagione nella sua interezza e, tra un lancio orbitale ed un altro, cogliamo l’occasione per parlarvi più nel dettaglio della realizzazione.

Il generale pluridecorato dell’Air Force, Mark R. Naird (interpretato da un magistrale Steve Carell) è a capo della Space Force, un gruppo eterogeneo e variegato tra scienziati, militari, biologi e astronauti improvvisati. Assistito dal fido Dott. Adrian Mallory (un’inedito John Malkovich), che coordina la divisione scientifica, Naird ha il difficile compito di gestire al meglio la squadra e le sue operazioni e contemporaneamente tenere in equilibrio la sua complicata vita familiare e il rapporto con la figlia Erin (Diana Silvers). Tutte le vicende, i fallimenti, le vittorie e le sorprese inaspettate, sono viste dal punto di vista del generale, un uomo complicato e sfaccettato, dotato di un forte senso dell’onore, di giustizia e cooperazione. Queste caratteristiche lo faranno inquadrare facilmente come il protagonista della storia, anche se un ruolo importante (chi più chi meno) lo hanno anche tutti i collaboratori che rispondono alle sue direttive. In particolar modo, Mallory spicca tra gli altri personaggi, non solo per la sua costante presenza come fedele aiutante del capo, ma anche per il suo indomito e curioso carattere, che il pubblico imparerà a conoscere nel corso delle puntate. Il compito di dirigere e guidare il cast è affidato a Carell e Malkovich, due grandissimi interpreti, che durante la loro carriera hanno dimostrato una duttilità attoriale notevole, riuscendo a incarnare sia ruoli drammatici che comici con estrema abilità.

 

Un copione quindi, che lavora bene sui personaggi, ma che lascia alcuni lati dei comprimari un pochino troppo anonimi.

 

Se il primo riesce ad alternare con efficacia momenti esilaranti ad altri più sentimentali, portando sul piccolo schermo un personaggio in balìa delle sue emozioni e della sua sfera privata; il secondo confeziona efficacemente una figura peculiare, inizialmente antagonista di Naird e spesso in disaccordo con il suo superiore, ma che successivamente lo comprende fino alla fine, diventando non solo un collega, ma anche un amico prezioso. Tutti gli altri, a partire dalla figlia del generale, fino ad arrivare al peculiare social manager F. Tony Scarapiducci e il comandante Angela Ali (e altri ancora) hanno una loro importanza, ma sono coperti dai due, rimanendo nell’ombra. Questo accade non solo perché l’impatto di Mark e Adrian all’interno della storia è decisamente più corposo e presente, ma anche perché la scrittura  della coppia protagonista è più approfondita, sottile e dettagliata. Un copione quindi che lavora bene sui personaggi, ma che lascia alcuni lati dei comprimari un pochino troppo anonimi, relegandoli troppo sullo sfondo in alcune situazioni nello specifico.

Space Force
Gli scontri tra Mark R. Naird (Steve Carell) e Kick Grabaston (Noah Emmerich) saranno frequenti nel corso della serie.

Tornando alla scrittura, i tempi comici sono rispettati, le gag sono esilaranti e mai banali, gli spunti di riflessione ci sono e funzionano. Si ironizza su tutto in maniera intelligente e studiata, mettendo in luce soprattutto alcune falle del sistema americano, che emergono in svariati avvenimenti. Esemplificativo di questo è una puntata in particolare in cui il generale e il suo aiutante si trovano di fronte ad una riunione di bilancio al Campidoglio, in cui emergono sottilmente alcune criticità del governo e della mentalità politica statunitense. Il tutto è reso ancora più lapalissiano dai vari incontri di Naird con le altre cariche militari USA, dove non solo emerge la rivalità con il tronfio e superbo Kick Grabaston (Noah Emmerich), capo dell’Air Force, ma sono palesate anche le varie istanze degli altri corpi bellici, volutamente esasperate ed esagerate, allo scopo di mettere in evidenza le assurdità di alcune richieste e decisioni. Come ci insegna un film apparentemente scollegato dalla serie, ovvero District 9 di Blomkamp, usare elementi fantascientifici o esterni alla critica, permette un ampio spazio di manovra. E così la Space Force incarna tutte le contraddizioni dell’era Trump, dall’uso smodato delle armi, fino alla mancanza di fondi, dall’imposizione dei piani alti di una condotta militare aggressiva, alla nascita stessa di un corpo militare totalmente privo di un senso compiuto, che sembra avere compiti piuttosto modesti, nonostante l’investimento in un’entità governativa bellica.

 

 Tra alti e bassi, quindi, l’idea alla base del concept iniziale viene presentata agli spettatori, rimanendo introduttiva senza essere sviluppata appieno.

 

L’opera, nonostante abbia innumerevoli pregi, non riesce però ad esprimere interamente le potenzialità evocate dalle prime battute della storia contenute nei primissimi episodi, soffermandosi su alcuni elementi che sono sicuramente validi ai fini del racconto, ma che non forniscono una vera e propria evoluzione nell’economia della trama orizzontale. In altre parole, anche se vengono forniti diversi spunti di carattere critico (come vi abbiamo già menzionato) ed altri più associabili alla composizione e agli obiettivi della Space Force, il resto rimane un po’ troppo fine a sé stesso, risultando solamente un orpello o un dettaglio ai fini della trama principale. Tra alti e bassi, quindi, l’idea alla base del concept iniziale viene presentata agli spettatori, rimanendo  introduttiva senza essere sviluppata appieno. La risultante è una materia narrativa non ancora sufficientemente plasmata dagli autori, che ha bisogno di qualche aggiustamento per diventare solida ed organica.

Space Force
La Space Force deve essere pronta anche a combattere nello spazio profondo…

Space Force è quindi una serie televisiva ben realizzata, che fatica però a trovare un posto esclusivo nel panorama dei prodotti televisivi di Netflix. Partendo da delle ottime premesse contenutistiche, il prodotto si perde nella rappresentazione del tema principale, ovvero la costruzione e il funzionamento del corpo militare spaziale, che è sicuramente un focus centrale, ma che non viene analizzato in tutte le sue componenti. Puntata dopo puntata, veniamo a conoscenza di personaggi, obiettivi e situazioni che se alcune volte sono direttamente collegati alla storia, in altri casi prendono una deriva indipendente andando ad inficiare sul background presentato. Tutta la prima stagione risulta, in conclusione, ancora troppo acerba nei suoi elementi strutturali, ponendo delle basi per il futuro, quando verranno sicuramente espresse appieno tutte le componenti che attualmente appaiono troppo abbozzate. Un’opera sicuramente da recuperare per le brillanti battute critiche e per la scrittura dei personaggi principali, che nonostante parta con il piede giusto, non ha ancora trovato un’identità ben delineata.

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