Scorn Anteprima – Siamo fatti della stessa sostanza dei nostri incubi

Ebb Software non si è mai arresa in questi tre anni, proseguendo il mastodontico lavoro evidentemente necessario per dare alla luce Scorn, mostrato di nuovo in anteprima all’evento Xbox Series X del 7 maggio 2020. Era il 2016 quando i primi teaser del gioco facevano accapponare la pelle, i muscoli e tutto quello che c’è sotto, a chiunque li guardasse. L’estetica chiaramente ispirata all’opera di Hans Ruedi Giger mescola, intreccia, impasta con una violenza tangibile parti meccaniche, tubi, innesti cibernetici con carne, sangue e fluidi non meglio identificati. Ma in quelle vene pulsanti, in quelle deformità sproporzionate e disgustose che tanti hanno individuato unicamente come un copy-paste del lavoro dell’artista padre di Alien, io ho visto qualcosa di più. Ho sentito, qualcosa di più. Un profondo, inarrestabile disagio che, facendosi strada nelle mie viscere, mi ha fatto sinceramente rabbrividire. Un’emozione, questa, per cui non basta imitare Alien. Altrimenti, ci sarebbero riusciti già tutti, non credete?

Un gameplay “sublime” 

Per parlarvi del gameplay c’è stato bisogno di scavare un po’ a fondo nella mia memoria, e in quella di Youtube, per rintracciare giocati ufficiali rilasciati dalla casa di sviluppo, e altri registrati da fortunati (dipende dai punti di vista) Youtuber che ebbero in prova una versione Alpha di Scorn. Di base, è un FPS. Quale visuale del resto, direte voi, si può adattare meglio alla volontà di immergere il giocatore dalla testa ai piedi nella più bieca forma di terrore? Non crediate però per questo che Scorn, almeno da quanto possiamo evincere dai suddetti filmati, si appiattisca sul facile “BUH! che spaventerebbe chiunque a prescindere dal contesto. Non è sul riflesso di difesa condizionato che Scorn vuole basare il suo senso di orrore, nossignore. Piuttosto, si fa beffe delle nostre menti con il più marcato e moderno esempio di “sublime” dai tempi della filosofia di Edmund Burke ad oggi.

Quella di Scorn è in tutto e per tutto un’estetica che supera la concezione mentale del Bello e la sua aspirazione a definire canoni oggettivi. Di più. Citando Wikipedia, “nell’idea di Burke è sublime “tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore”; il sublime può anche essere definito come “l’orrendo che affascina” (“delightful horror”). La natura, nei suoi aspetti più terrificanti, come mari burrascosi, cime innevate o eruzioni vulcaniche, diventa dunque la fonte del Sublime perché “produce la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire”, un’emozione però negativa, non prodotta dalla contemplazione del fatto in sé, ma dalla consapevolezza della distanza insuperabile che separa il soggetto dall’oggetto.”. Di sublime, dunque, è permeata l’opera di Giger, gli scritti di Lovecraft, Croenenberg. Di Sublime vive, se vogliamo, tutto il settore degli Horror “quelli belli” che costruiscono la paura sulla consapevolezza che “là fuori ci sono cose che le vostre menti non possono concepire“. Oppure no. Ma, per scoprirlo, bisogna rischiare, e avventurarsi nel vasto terreno dello sconosciuto.

Scorn Anteprima

Dunque, abbiamo compreso che Scorn è sublime. Sublime nell’atmosfera che costruisce intorno al giocatore, anche e soprattutto per le sensazioni che evoca non solo visivamente, ma anche attraverso il sound design. Tutti quei suoni raccapriccianti, quei gridolini soffocati degli avversari, che siamo sempre combattuti nell’affrontare per quel misto di timore e pena che evocano strisciando verso di noi a fatica. Quasi chiedendoci “ti prego, abbattimi”, salvo poi rispondere alle nostre offese vomitandoci addosso pallottole di carne putrida. Ma per istinto, al di fuori dalla loro volontà. O almeno, così pare. Quindi sì, in Scorn si esplora, e si spara, anche se non è ben chiaro cosa, a cosa, o perché. Tutto ciò che ci circonda, la nostra arma inclusa, pare possedere, volente o nolente, una scintilla di vita.

Ed è quel “volente o nolente” a fare più paura, a ricordarci che, come nel Prometeus della saga di Alien, l’esistenza è un mistero che spaventa più di qualunque “BUH!” fatto di fronte all’inquadratura in prima persona. Inquadratura che, comunque, Scorn sfrutta magistralmente, ma con lentezza, senza fugaci spasmi o movimenti improvvisi. Proprio per mettere al meglio in mostra gli orrori “Croenenbergriani” posti sul nostro cammino. Perciò, niente urla, niente volume sparato a palla per farci esplodere i timpani. Semplicemente, quando veniamo catturati da un mostro, un alieno, o qualunque cosa siano quei cosi, veniamo divorati lentamente dalla sua cavità orale, spalancata a liberare disgustosi filamenti, tentacoli e denti inaspettati. Avete presente le fatality degli ultimi Mortal Kombat? Ecco, la sensazione è esattamente la stessa, ma allungata, diluita quanto basta per diventare, da pochi secondi di cutscene, un’intera run di un videogioco horror. Disgustosamente da brivido.

Incertezze e dubbi

Tuttavia, come il nostro ambiguo personaggio all’interno del gioco, anche lui parte, pur se maggiormente senziente, delle creazioni di questa fabbrica macilenta di carne, anche noi qui fuori ad attendere la release del titolo siamo divorati… dal dubbio. Ricordate Agony? Come Scorn anche il titolo rilasciato nel 2019 aveva del potenziale esprimibile nel campo dell’orrore sublime, un’atmosfera dettagliata e decadente, violenta e sanguinosa… fin troppo. Spingendo sull’acceleratore in seguito ai responsi positivi, gli sviluppatori di Agony non hanno saputo porre un giusto e sacrosanto limite alle velleità artistiche dell’art direction. Senza quel piccolo, ma importantissimo freno, Agony è passato in volata dal raccapricciante allo scontato, rendendo le sue atmosfere un tempo (nell’alpha e nella beta) evocative e disgustose, solo gratuitamente eccessive. Lo stesso rischio, purtroppo, che anche Scorn corre, se Ebb Software non avrà l’accortezza di gestire al meglio gli elementi dello scenario, i puzzle o il gameplay vero e proprio. Che deve essere, e per ora lo è, una diretta estensione dell’atmosfera fetida che si respira nei corridoi bui, nelle sale sconfinate ed altissime, terrificanti e ultraterrene come le cattedrali gotiche, illuminate da una luce bianca e inumana proveniente da chissà dove.

Scorn

Scorn ha avviato da pochissimo un Kickstarter che sta raggiungendo molto in fretta gli obiettivi preposti. E che consentirà ai developer di produrre la prima parte dell’avventura (o, se superassero di molto l’obiettivo, speriamo anche la seconda direttamente). Ecco allora che il secondo, terribile dubbio si fa strada in noi. Nei tre anni di sviluppo, a cui seguirà la release definitiva, quanto dello sforzo di una piccola casa indipendente può essere rivolto contemporaneamente a durata dell’esperienza, qualità del level design e del gameplay, e ispirazione, progettazione, realizzazione dell’art direction? Con l’aiuto di Microsoft, si spera, e sfruttando a modo i proventi del kickstarter, Ebb Software dovrà riuscire a coniugare queste tre anime del videogioco moderno in un connubio perfetto; se vuole giustificare la violenza, la carnalità della sua esperienza senza scadere nel banale. Per non precipitare in fretta il concetto di sublime, e divenendo solo “molto splatter”. E quindi, ancora una volta “già visto”.

Lasciamo da parte l’aspetto meramente tecnico, che comunque già nelle Alpha metteva in mostra la qualità del lavoro di Ebb Software. Ci sarà tempo e luogo per discutere della potenza di calcolo di Xbox Series X confrontata a PS5 e PC. Siamo certi che almeno sotto quel punto di vista, Scorn saprà confermare quanto abbiamo visto nei vari trailer e nei gameplay su YouTube.

I presupposti ci sono, il tempo c’è stato e ci sarà. Scorn è una produzione che da subito, tre anni fa, seppe catturare l’attenzione dei fan dell’horror, disabituati da anni di orrori facili alla paura di un’esperienza nettamente più fisica di qualunque altra mai prodotta. Scorn spaventa perché disgusta, e disgusta quel tanto che basta per ricordarci che “siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i nostri incubi“. Cioè, carne e sangue. Solo “meglio assemblata” di quanto avrebbe potuto essere se a progettarci fosse stato qualcuno come Giger. Che poi, Shakespeare in realtà aveva detto “della stessa sostanza dei sogni“. Ma poi ha scritto Machbet e l’Amleto. Chissà come se la sarebbe cavata con il genere fantascientifico allora. Temo non lo sapremo mai. “Il resto, è silenzio.”

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