The Last of Us, uno di quei titoli che potremmo dire di aver trasceso il termine e di averne raggiunto un altro. Una di quelle opere che, se giocata una volta ti cambia e, se finita la seconda, ti garantisce altre sorprese. Come un bel film dovrebbe permettere, con una visione multipla per essere compreso appieno. Definito gioco del decennio, ha insegnato tanto alla generazione scorsa e a quella odierna. Ed ora il suo seguito sta per fare la sua comparsa sullo scaffale dove riponiamo questa nostra prima avventura. The Last of Us Parte II è in dirittura d’arrivo e si spera senza ulteriori rinvii. Vittima di ben 3 date di lancio, ora sembra essere giunto alla fine del proprio viaggio, permettendoci di iniziare il nostro. Ma siamo certi che ci piacerà quanto il primo? Per ora non ci è dato saperlo, e diciamocelo francamente: la community non è mai stata così divisa. Cosa è successo ai fan? E come, questo secondo titolo, potrebbe aver inciso così negativamente sull’immaginario comune da attizzare tutte le accuse, minacce e diffamazioni che Naughty Dog sta patendo soprattutto in questi giorni?
Partendo dal principio, non è The Last of Us la causa di queste malelingue ma ne è anzi il rivelatore per eccellenza. Naughty Dog ha sempre ricevuto lamentele, da parte dei propri colleghi videoludici e da un pubblico propenso ad altri generi. Partendo dalle avventure grafiche per PC, passando al genere platform su PS1 e PS2, siamo arrivati al classico blockbuster americano tutti action che è Uncharted, simbolo di un periodo dove Lara Croft preferiva farsi vedere nei film che su console. Non dimentichiamoci anche che questo titolo è stato uno dei motori che ha trainato il rientro in gioco proprio di Tomb Raider 2013. Ma molti parlavano ancora di quanto Naughty Dog fosse sopravvalutata, poi cadde il silenzio. Il 14 giugno 2013 aprì le porte di una nuova storia che avrebbe cambiato il modo di scrivere sia trama che caratterizzazione dei personaggi, assistendo anche il rapporto di un futuro Kratos e figlioletto nel 2018. Avendo già avuto modo di studiare la psicologia del loro Nathan Drake e di evolverla durante i capitoli della saga, era giunto il momento di rischiare il tutto per tutto e fare qualcosa di nuovo. The Last of Us sarebbe potuto essere l’ultimo gioco di Naughty Dog se fosse stato un flop, ma una critica colpita dalla stesura dei copioni, dalle doti attoriali, da una trama semplice ma fuori dalle righe e da un gameplay seguace di molti altri e pioniere di novità, alla fine ha trionfato. Basti pensare alla differenza di grafica e ambientazione tra The Last of Us (2013) ed Uncharted 3 (2011). Un abisso di fondi perduti e speranze ancora accese.
Una fievole fiamma che ora divampa in un incendio di rabbia sul web.
Con il passare del tempo sono nati dibattiti, speculazioni e teorie su un secondo capitolo. Nel 2014 arrivò il DLC per antonomasia, quello che avrebbe cambiato per sempre l’idea che parte della community si era fatta su Naughty Dog. Il coming out di Ellie, paradossalmente, avvenne il 14 febbraio 2014: San Valentino ricordato, nel cinema, per una Ellen Page che si rivela al mondo. Nonostante si potrebbe parlare molto di questo episodio e dei vari problemi antecedenti di cui Ellie e la Page sono state protagoniste, questa non è la sezione adatta. Quel fatidico giorno, però, qualcosa si è incrinato nel gruppo di appassionati e la fiamma che già polemizzava una Naughty Dog troppo sopravvalutata è diventata l’incendio che conosciamo noi oggi. Ellie, quindi, era diventata per molti un simbolo, non solo una ragazzina forte, una figura femminile che, accanto ad altre del periodo, lottava per un’inclusione maggiore del gentil sesso nell’ambito videoludico, sia di personaggi fittizi che di professioniste del settore. No, all’epoca Ellie era uno dei pochi simboli ad aver mostrato la propria sessualità, con le consecutive lamentele di alcuni, indignazioni di altri e applausi di una piccola fetta, ora più ampia, di pubblico che acclama ciecamente The Last of Us Parte II senza alcuna esitazione.
Un altro episodio, fonte di dibattito e di ulteriori polemiche, è stato il bacio fra Ellie e Dina all’E3 2018. Un timido e passionale sfioramento di labbra avvenuto, pensate un po’, fra due donne. Ebbene, nel 2018 si erano già avuti ulteriori passi avanti nel medium videoludico per quanto riguarda l’inclusione social,e anche dell’ambito LGBTQ. Ma, nonostante questo piccolo avvenimento che esprimeva solo l’inizio di una storia, l’incipit per comprendere l’isolamento successivo di una Ellie in cerca di vendetta, il pubblico si è soffermato su quel momento. Eppure di passi avanti a livello di gameplay ne avevamo visti così tanti quella volta che molti, i più acuti, hanno persino accusato Naughty Dog di star mostrando sequenze fittizie e che mai sarebbero poi accadute in game. Una bugia che è stata smentita varie volte dal team, raccontando dell’impegno impiegato nella creazione di molteplici algoritmi atti a permettere un’esperienza diversa per ogni tipo si giocatore. Ma la questione non è terminata con quelle parole.
Naughty Dog riceve tante accuse nell’ambito lavorativo, quante nei temi riportati in The Last of Us Parte II.
Arriva il fatidico State of Play di settembre 2019, con l’annuncio della data d’uscita. Una Ellie in cerca di vendetta, ferita e senza più Dina, permette ai fan di continuare con le più disparate teorie, lasciando l’amaro in bocca a chi ha sentenziato immediatamente la prima scena come politicamente di “sinistra“. Dibattiti accesi per una “sigaretta” fumata in compagnia, hanno subito fatto speculare su un potenziale ed opprimente comunismo che The Last of Us aveva sempre tenuto a bada, con un Joel schierato dalla parte di sé stesso ed esente dalla destra della FEDRA o dalla sinistra delle Luci. La politica era presenta anche lì, perché fonte di caratterizzazione dell’ambiente socio-economico in cui si troverebbe un mondo dopo un’apocalisse di quelle dimensioni. Quindi, perché qui ha fatto tanto scalpore? Così tanto che sono arrivati ulteriori licenziamenti, casi di mobbing, accuse di stupri e altre maledizioni ad infangare una Naughty Dog alle prese con la fase gold di The Last of Us Parte II. È persino iniziata una guerra invisibile sui social per spoilerare un finale trapelato in rete che ha diviso ancora di più il pubblico, rovinando l’esperienza a molti appassionati e garantendo un’arma a chi vuole solo diffamare il titolo. Sono nate accuse mirate al pensiero politico e religioso di alcuni lavoratori di Naughty Dog e articoli e interviste a chi è voluto rimanere anonimo rivelando questi scottanti elementi. Se poi tutte queste voci siano vere o no per ora è un mistero.
Oltre all’ambito LGBTQ e simil politico verso cui sembra dirigersi una Naughty Dog sempre più propensa all’inclusione sociale, arma a doppio taglio che garantisce maggiore pubblico e maggiori lamentele, parliamo adesso del 6 maggio 2020. Lo Story Trailer di The Last of Us Parte II è uscito da meno di un giorno e in meno di qualche ora i social ufficiali di Neil Druckmann e altri “dogs” sono stati investiti di minacce, per non parlare poi dei commenti disabilitati su Youtube per limitare ulteriori spoiler. Lo stile registico a cui eravamo stati abituati con The Last of Us cambia ed abbraccia quello della newentry Halley Wegryn Gross (Westworld) prendendo il posto di Bruce Straley (Co-direttore di Naughty Dog). Cambiando le carte in tavola sia a livello di scrittura dalla trama, di decisione delle inquadrature e di caratterizzazione dei personaggi, l’ambito narrativo si evolve inevitabilmente verso nuovi orizzonti. Bisognerà attendere il 19 giugno per capire se questi possano ricordarci The Last of Us o allontanarci solo da quella nostalgia che ci perseguita dal 2013.
Il cambiamento getta le basi per questo seguito, svelando differenze registiche, grafiche e di gameplay.
Altro aspetto che susciterà divisione sarà proprio quello di vedere parti di storia scollegati dalla trama principale e che forse tramite i fantomatici flashback, di cui Neil Druckmann parlava in un’intervista su un gioco all’epoca senza nome, potremmo apprezzare o detestare. Ripudiarli non perché sia sbagliato lucrare sull’opera scorsa e accontentare anche i fan di vecchia data, ma perché il salto generazionale di engine si è fatto sentire e anche troppo. A causa di ciò non troviamo solo le illuminazioni ad essere cambiate, ma anche il colore della pelle dei nostri protagonisti e soprattutto i volti. Se Joel deve solo temere una pelle più arancione durante i tramonti e qualche ruga troppo pronunciata in alcune scene, Ellie invece si ritrova ad avere un volto diverso in ogni sequenza. Questa parte è stata fonte di dibattito sin dall’E3 2018 dove molti si erano soffermati sì sul bacio, ma anche sul character design di Ellie. La ragazzina vestita di rosso ora era diventata più alta, mascolina, con un tatuaggio lungo l’avambraccio e vestiva di blu. Aver urlato allo stereotipo non bastava, il pubblico doveva soffermarsi anche sul volto. E qui la nota dolente si fa sentire di più: ci sono stati molti forse troppi cambiamenti.
Queste modifiche si sentono e gravano sul riconoscimento di quello che nel 2013 era il volto della purezza, della forza interiore e di una nuova bandiera che stava pian piano iniziando a sventolare anche nell’ambito videoludico. Una Ellie più paffuta in viso fa la sua comparsa nello story trailer spiazzando e confondendo chi sapeva perché fosse così magrolina e piccola durante gli avvenimenti del primo. Ma tutti questi dettagli potrebbero trovare come risposta proprio il balzo temporale dovuto dai flashback e avvenimenti scollegati, perciò servirà attendere l’uscita del gioco per svelare l’arcano del volto di Ellie. Se la parte registica e grafica non bastassero, ad aggiungersi c’è anche il gameplay. Evolutosi dal 2013 lo troviamo più adrenalinico e violento che mai, con nuove esecuzioni, nuove feature per lo stealth e nuove meccaniche ma anche… nuovi crossover. Gli onnipresenti inseguimenti alla Uncharted sono sbarcati anche qui, in un mondo dove il cibo scarseggia, l’elettricità è un lusso di pochi e la benzina e le auto funzionanti sono direttamente proporzionali ai sopravvissuti in america. Vedremo, quindi, se la nostra Ellie sarà più l’erede di un Joel silenzioso e micidiale o di un Drake rumoroso e scoppiettante.
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