The Eddy Recensione – Lo spirito trascinante e instancabile del Jazz

Netflix

The Eddy Recensione | La musica riveste un ruolo importante nella vita di ognuno: è capace di ispirare, di dare supporto, di allietare i momenti più bui e sofferenti della nostra esistenza. In particolare, Damien Chazelle, giovane e talentuoso cineasta americano, ne ha fatto la sua filosofia e con due suoi noti lungometraggi, Whiplash (2014) e La La Land (2016), ha voluto tributare la jazz music e il musical, con due prodotti diversi tra loro, ma accomunati dall’amore passionale e viscerale nei confronti delle sinfonie, dei suoni e delle note. Se nel primo titolo citato, viene rappresentata la ricerca della perfezione e l’ossessione di un’artista, nel secondo, i brani prendono vita e narrano una storia leggera ed elegante, che omaggia i grandi capolavori del genere filmico di appartenenza.

Dopo First Man – Il primo uomo (2018), l’autore torna al lavoro, questa volta con un prodotto sul piccolo schermo, dirigendo i primi due episodi di The Eddy: una miniserie di 8 puntate, che sarà disponibile su Netflix dal prossimo 8 maggio. L’opera, nonostante non sia curata interamente da Chazelle, è permeata da una scelta musicale e stilistica figlia del filmaker e trova in Jack Thorne (Radioactive, His Dark Materials) uno showrunner capace di sorreggere e accompagnare l’intero impianto filmico con una sceneggiatura straordinaria, che fa della semplicità e del realismo i suoi due più grandi pregi. Seguendo il ritmo instancabile della musica, si entra nel mood della realizzazione che conduce lo spettatore, con un andamento tutto suo, dall’inizio alla fine, trascinandolo vorticosamente e non abbandonandolo mai. Abbiamo avuto modo di vedere le 8 puntate in anteprima e siamo impazienti di raccontarvi le nostre impressioni a caldo.

Elliot Udo (interpretato da un convincente Andrè Holland), musicista di gran talento che ha abbandonato le scene e il suo amico Farid (un brillante Tahar Rahim) sono i proprietari del locale The Eddy di Parigi, dove ogni sera si esibisce una jazz band che è stata scoperta dai due proprietari e che rappresenta la loro punta di diamante. Tra alti e bassi l’attività prosegue, fino a quando una tragedia sconvolge la vita di Udo e lo fa ricominciare da capo. A questo si aggiunge anche la visita della figlia Julie (la giovanissima Amandla Stenberg), con la quale ha un rapporto turbolento e che lo accompagna in questa fase di rinascita, costellata di problemi ed ostacoli sempre più insormontabili. Seguiremo quindi, quasi in chiave documentaristica, le vite di ognuno di questi personaggi, non solo osservando da vicino la loro quotidianità, ma leggendo anche le insicurezze, i pregi e i difetti. Ciò porta, nel corso della storia, allo sviluppo di una forte empatia e connessione che lega il pubblico alle figure televisive, dotate di una tridimensionalità e umanità stupefacente. Tutti i personaggi sono uniti indissolubilmente da un unico e forte legante: la musica, la grande protagonista della miniserie.

 

La musica, infatti, viene vista diversamente da ogni figura del racconto, diventando sia uno strumento preciso di caratterizzazione, ma anche il focus principale della macchina da presa.

 

In tal senso, la colonna sonora (interamente curata da Randy Kerber, che nell’opera interpreta il pianista Randy, e da Randy Kerber) non è un mero accompagnamento tra una scena ed un’altra, ma una significativa componente sia della struttura narrativa che registica di The Eddy. Tutto va letto seguendo questa logica: la musica, infatti, viene vista diversamente da ogni figura del racconto, diventando sia uno strumento preciso di caratterizzazione, ma anche il focus principale della macchina da presa. Per alcuni è una semplice via d’uscita, per altri è l’unico scopo della vita, per altri ancora è la fuga dalle dipendenze: il jazz assume quasi una forma umana, diventando una religione, un culto, una voce nella testa che segue pedissequamente gli artisti e li sprona a diventare migliori. Questa attenzione particolare nei confronti del genere musicale si nota nelle piccole cose: nelle inquadrature serrate sugli strumenti, nella valorizzazione sonora e nell’onesta rappresentazione del sacrificio e del duro lavoro dietro alla composizione e all’esibizione vera e propria. Tutte caratteristiche presenti nel linguaggio filmico di Chazelle che tornano nuovamente in quest’opera, la quale reinventa il ruolo della musica nel piccolo schermo, andando a costruire una sceneggiatura e una regia (di Chazelle, Houda Benyamina, Laïla Marrakchi e Alan Poul) che sono sempre al servizio della colonna sonora e mai il contrario.

The Eddy
Tutta la band al completo: Randy (Randy Kerber), Jude (Damian Nueva), Maja (Joanna Kulig), Katarina (Lada Obradovic), Ludo (Ludovic Louis) e Jowee (Jowee Omicil).

Dal punto di vista strutturale e tematico, la realizzazione adotta delle scelte classiche ma efficaci: ogni puntata della realizzazione è dedicata ad un personaggio in particolare, anche se, a questa impronta verticale di narrazione, viene affiancata una trama orizzontale che prosegue di puntata in puntata. In questo modo lo spettatore ha la possibilità di conoscere più da vicino i vari componenti della band, Udo e altri, e al tempo stesso continuare a seguire lo svolgimento narrativo vero e proprio. Il copione, come già accennato prima, non è particolarmente complesso a livello di dialoghi o di vicende vere e proprie, ma racconta la semplicità e la quotidianità con realismo ed intensità, mostrando, con un taglio documentaristico, alcuni aspetti particolari di Parigi. Una dignitosa cura, ad esempio, è riservata al racconto della comunità musulmana della città, che viene approfondita dal punto di vista culturale e sociale: dagli abiti, fino a riti religiosi, passando per la lingua e le abitudini famigliari.

 

 L’andamento della realizzazione, che risulta riflessivo e cadenzato, non invita il pubblico ad un binge watching irrefrenabile, ma ad una visione pacata e ponderata degli episodi.

 

La miniserie è, quindi, un prodotto di pregevole valore che riesce a distinguersi dagli altri titoli della piattaforma streaming grazie al suo suggestivo ritmo. L’andamento della realizzazione, infatti, che risulta riflessivo e cadenzato, non invita il pubblico ad un binge watching irrefrenabile, ma ad una visione pacata e ponderata degli episodi. Le puntate, inoltre, hanno una durata media di circa un’ora, a riprova che un viaggio troppo serrato dell’intera realizzazione non è supportato nemmeno da un timing snello, ma anzi, tutto il contrario. Visto da un’altra ottica, questa eccessiva dilatazione temporale strutturale potrebbe scoraggiare alcuni fruitori dell’opera, che preferiscono un’intrattenimento più “d’assalto”. È inutile girarci, intorno, infatti: la creatura di Chazelle e Thorne è un titolo di nicchia, che difficilmente farà breccia nel cuore del pubblico di massa, ma che invece regalerà emozioni sincere e indimenticabili a coloro che presteranno l’orecchio e seguiranno il richiamo del jazz.

The Eddy è stata una piacevole sorpresa: un viaggio suggestivo e malinconico nel mondo della musica, vera e propria guida dell’intera produzione. Tra un rullata, un assolo di sassofono e un virtuosismo al piano, i personaggi vengono messi in luce grazie alla potenza comunicativa della colonna sonora, che, oltre a giostrare degnamente i passaggi tra una scena e un’altra, assume una vita propria, assurgendosi a dedicataria assoluta dello show. Il copione e la regia, sempre al servizio degli strumenti e delle composizioni jazz, ricercano continuamente la delicatezza e l’eleganza, espressa in particolare nella rappresentazione della nuda e pura normalità e nell’approccio quasi documentaristico della macchina da presa. Damien Chazelle, anche se presente solo in veste di produttore e, brevemente, come regista del primo e del secondo episodio, ha saputo lanciare, insieme a Jack Thorne, un prodotto inedito, fresco e personale, dove confluisce tutta la sua passione immensa e ossessiva nei confronti di una delle arti più antiche del mondo, che accompagna ogni fase della nostra vita. Certo, probabilmente non tutti capiranno o comprenderanno appieno l’enorme e immenso tributo che la serie rivolge alla musica, ma anche se pochi riusciranno a seguire la scia lasciata dallo spartito, sarà comunque una commuovente e importante vittoria.

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