Pathologic – Il morbo in scena

Oggi vi vorrei parlare di un gioco particolare, un gioco difficile da capire di primo acchito. Si chiama Pathologic e ha un messaggio intrinseco molto interessante, ma difficile da cogliere. Prima di cominciare a parlarvene, vorrei darvi alcuni riferimenti, storici e culturali, che potrebbero esservi utili qualora desideraste approfondire un vecchio gioco russo del 2006 passato, per molti versi, dalla porta sul retro dell’industria, ma che tuttavia si è meritato l’attenzione di molte voci autorevoli e il lustro di premi meritati. Inizialmente commercializzato solo nei paesi russofoni con il nome di Мор. Утопия (Mohr. utopia) nel 2005, ha poi subito una limitata diffusione nel mondo occidentale in seguito ad una localizzazione affrettata e scadente l’anno seguente. In Italia è arrivato negli scaffali in sparute copie fisiche il 18 agosto 2006. Allora avevo da poco compiuto sette anni, ed ero ancora un mero iniziato al medium videoludico, avendo da poco tempo scoperto il computer fisso di mio padre.

Non conobbi Pathologic fino al 2017, quando un mio amico di nome Alessio non me ne parlò brevemente suscitando la mia curiosità. Colgo l’occasione ovviamente per ringraziarlo e salutarlo. Fin dal poco materiale promozionale che sono riuscito a reperire, questo titolo ha catturato non poco la mia attenzione; e devo dire che non avevo colto correttamente le premesse della trama del gioco. Pensavo fosse tutt’altra, difatti, ma vi spiegherò nel dettaglio nelle prossime righe. Ora ci terrei a darvi alcuni spunti sul retroterra artistico e culturale del gioco, elementi che agli occhi inesperti potrebbero apparire secondari se non marginali; tuttavia essenziali per comprendere un’opera come quella in esame oggi.

Pathologic copia fisica
La copertina dell’edizione fisica del gioco: le mani sono quelle dei tre protagonisti.

La cultura della Russia è ricca di collegamenti con la steppa: questo bioma è molto diffuso nell’ampio territorio di questa nazione, e permea non solo la topologia del terreno ma anche lo spirito di chi la abita – un po’ come lo spirito delle Alpi che permea gli abitanti di quelle terre dando luogo all’ideale dell’alpino e alla vera e propria cultura alpina. C’è qualcosa nei luoghi che occupano le comunità umane che li cambia nella loro stessa essenza; non parlo solo da un punto di vista antropologico o culturale, ma anche di cambiamenti a livello genico o fisico. Per tornare alla steppa, un facile accostamento potrebbe essere quello con Gengis Khan, tuttavia vi garantisco che non è il solo, e neanche quello più interessante. Come sempre quando si parla di costrutti umani, il folklore è una miniera ricca di tropi variegati e in grado di fornire spunti di riflessione interessanti in ambito culturale. In questo senso, quello russo è ricco di riferimenti peculiari degni di essere approfonditi. Pathologic prende spunti diretti da questi elementi, che per ovvie ragioni possono sembrare alieni all’audience occidentale. Una chiave di lettura particolare che vi chiedo di tenere a mente per un momento successivo è il concetto del simbolismo russo, basato sulla ricerca di quella verità alla quale l’uomo aspira, ma non riesce ad arrivare a causa della sua materialità. Senza indugi concludo questa introduzione e vi lascio con il video introduttivo di Pathologic prima di gettare le basi di quanto seguirà.

 

“Una luce e il suo sipario”

 

Fin dalla sequenza iniziale viene impostato in modo peculiare il tono del gioco, decisamente simbolico e alquanto drammatico. Dei bambini stanno mettendo in scena un corteo funebre per quella che sembra una bambola di pezza. I giochi dei bambini molto spesso appaiono bizzarri se non assurdi agli occhi degli adulti: dopotutto è piuttosto strano, ma non avete mai giocato alla guerra da bambini? I giochi possono innocenti, ma altre volte ci rivelano più di quello che vorremmo sapere su noi stessi. Si tratta sicuramente di una scelta peculiare, quella di cominciare con un funerale, ma alla luce degli sviluppi successivi, vedremo tale decisione come appropriata. Segue dopo l’introduzione iniziale, la prima apparizione dei tre protagonisti nonché personaggi giocanti di Pathologic: stiamo parlando del Laureato (Daniil Dankovsky), dell’Aruspice (Artemy Burakh) e della Devota (Clara). Questi tre personaggi rappresentano tre dimensioni separate ma collegate l’una all’altra, oltre a tre modi di stare al mondo. All’inizio di ogni partita ci verrà chiesto di scegliere uno solo di questi personaggi, e per tutta la durata del gioco non potremo cambiarlo. Ciascun personaggio vedrà un aspetto esclusivo e particolare del luogo dove si svolge la storia, e vivrà in modo unico le vicende narrate nel gioco.

Pathologic Laureato
Razionale e basato sull’osservazione, il Laureato crede fermamente nella sua dottrina e tenterà di affrontare la pandemia con un approccio fermo e convinto.

Il Laureato, difatti, si troverà in città per fini di ricerca: in lotta contro la morte, il dottor Dankovsky ha fondato una nuova branca della medicina, la “Thanatica”, che si ripromette di sconfiggere il peggior nemico dell’umanità. Le Autorità hanno deciso di tagliare i fondi per le sue ricerche, a meno che non riesca a trovare un uomo immortale. Quell’uomo, a detta degli abitanti della cittadina, è proprio Simon Kain, il vecchio patriarca del villaggio che sembra esser riuscito, con la sua saggezza, a sconfiggere la morte.

L’Aruspice conosce già la Peste della Sabbia: già una volta suo padre riuscì a sconfiggerlo. Ci riuscirà anche lui?

L’Aruspice comincia la sua storia in città in maniera decisamente diversa, e sicuramente più movimentata. Lui è un chirurgo: dopo aver studiato nella Capitale, ritorna al villaggio di origine in seguito alla lettera del padre, Isidor Burakh, ove il genitore lamenta un pericolo imminente per tutti quanti, urgendo al figlio di far ritorno quanto presto possibile. Il suo ritorno coinciderà con degli omicidi non meglio precisati che gli verranno ingiustamente attribuiti.

Pathologic Clara
La misteriosa Clara. La gente della steppa dice che sia in grado di compiere miracoli… sarà vero?

Per quanto riguarda Clara, non ci sono molti riferimenti su di lei: si risveglia il primo giorno di gioco in un fosso scavato nel terreno; una tomba. La giovane è decisamente la figura più fiabesca e mistica del cast. Non ricorda molto, se non un sogno con protagonista un uomo agonizzante. Un personaggio, quest’ultimo, molto misterioso e che si ricollega con la sequenza iniziale. Cosa potrebbe significare? Successivamente, il giocatore, in una clamorosa rottura del quarto muro, si ritrova magicamente in un teatro: sul palco ci sono i tre protagonisti intenti a mettere in scena una vera e propria pantomima. L’elemento teatrale sarà ricorrente nel corso di tutta l’esperienza di Pathologic, ponendoci degli indizi più o meno simbolici, ma decisamente criptici e difficili da interpretare se non alla fine del gioco.

“Una città e le sue premesse”

 

La storia narrata dall’opera si svolge nella Cittadina, un luogo non meglio precisato che viene anche denominato “La cittadina sul Gorkhon” dal nome del fiume che la attraversa dividendola in tre parti. C’è la Città Alta, la Città Media e la Città Bassa: ciascun distretto ha un edificio di riferimento ed una particolarità che la caratterizza assieme ai suoi abitanti. Per la Città Alta è il Poliedro, una costruzione irrazionale e impossibile fatta dai propri progetti architettonici: qui vive un gruppo di bambini capitanati dal più giovane della famiglia Kain: Kaspar Kain. Per la Città Media è la Stazione, l’unico mezzo di comunicazione con il mondo esterno gestito dalla famiglia Olgimsky, capitanata dall’industriale Vlad Olgimsky. Gli stessi Olgimsky controllano l’edificio di riferimento della Città Bassa: il Termitaio e il Macello, il colossale complesso architettonico visibile da tutta la città. L’economia della cittadina sul Gorkhon si basa infatti sull’industria della carne: la steppa attorno all’insediamento viene utilizzata per allevare il bestiame, poi indirizzato al Macello e ai Lavori (il complesso industriale del luogo) per essere convertito in carne, esportata in tutto il paese.

Mappa di Pathologic
La mappa completa del mondo di gioco di Pathologic.

Inoltre, ci sono altri edifici fondamentali per lo svolgimento della storia, luoghi dove la trama del gioco si approfondisce e si complica in modi drastici e profondi. Il primo è la Cattedrale: a differenza di quanto suggerisce il nome, non si tratta di un luogo di culto. Furono i Kain a volerla, a detta loro sarebbe stata costruita per sondare la connessione tra lo spazio e il tempo. Simbolo fondamentale di questo luogo è l’unico, enorme orologio della città sul frontone della costruzione. Per la Città Media c’è il Teatro: non si sa molto di questa costruzione, gli abitanti dicono che comparve in città dal nulla, nell’arco di una singola notte. Da allora, è stata popolata dagli attori e dal loro capitano, Mark Immortell, una figura quasi spettrale. Per quanto riguarda la Città Bassa, i luoghi di interesse sono diversificati: la casa dei Suburov, la terza famiglia del gioco, è sicuramente un luogo degno di nota. Ma il più importante di questo distretto, per le vicende narrate, sarà sicuramente la “Casa Silente“, il soprannome che verrà affidato alla dimora di Isidor Burakh.

L’architettura della città è un elemento peculiare dell’esperienza di gioco. Tutti gli edifici sono il frutto del lavoro di tre professionisti: i fratelli Stamatin (Andrey Stamatin e Peter Stamatin) e di Farkhad, una figura di cui si sa poco e pare fosse avversario dei due fratelli. Difatti i primi preferivano l’architettura verticale, mentre lui era più per quella orizzontale. Della sua morte si sa poco, ma il capostipite dei Suburov afferma che sia stato Peter Stamatin ad uccidere il collega durante dei lavori. Per quanto riguarda lo stile e la cromaticità dell’universo di gioco, siamo di fronte ad un mondo grigio, i colori che spiccano sono pochi e di solito non si discostano dal grigio o dal beige: sembra quasi una dimensione costantemente nebbiosa, torturata dal clima fiaccante della steppa. Ora che abbiamo ben delineato i contorni del mondo di gioco, andiamo ad approfondire la storia che ci viene presentata dal titolo.

Screenshot di Pathologic
La cromaticità del mondo di Pathologic è fatta di colori scialbi e monotoni che contribuiscono a dare un senso quasi onirico all’intera esperienza: la sensazione è amplificata dalla particolare colonna sonora.

“Una storia e il suo messaggio”

Qualunque sia il personaggio che avremo scelto, si troverà a fronteggiare un nemico invisibile. All’inizio sembra possa esserci un assassino in città: tanto che diversi abitanti vengono ritrovati morti in circostanze misteriose. Nessuno sa quale sia la vera causa della loro dipartita, ma le voci cominciano a circolare incontrollate in città. La gente pensa sia stata una strega della steppa, la shebnak-adyr, come la chiama la gente da queste parti.

Proseguendo nella storia si scopre che il killer è decisamente più subdolo di una strega impazzita: si tratta di una pestilenza, e il suo nome è la Peste della Sabbia. Una malattia incurabile che aggredisce il sangue e abbandona chi la contrae ad una lenta e dolorosa agonia. Le personalità in prima linea nella lotta contro questo terribile morbo saranno il Laureato e l’Aruspice, sebbene in competizione l’un con l’altro. Ad aiutarli, o così sembrerebbe, saranno le tre famiglie reggenti assieme all’aiuto dell’apprendista chirurgo Stanislav Rubin.

La vicenda, della durata di dodici giorni di gioco, prenderà svolgimento in archi giornalieri fatti di missioni principali e secondarie.I personaggi metteranno in piedi una vera e propria lotta per la sopravvivenza nella speranza di sconfiggere il virus divenuto oramai pandemia in tutta la cittadina. Giorno per giorno le cose peggioreranno sempre di più in città: scarsità di medicine, lotte intestine, delinquenza e sabotaggi faranno precipitare la situazione nel peggior caos possibile. La battaglia contro il virus diverrà sempre di più una lotta per la verità: gli NPC difatti mentiranno soventemente ai personaggi a loro non graditi.

Screenshot di Pathologic
Giunti alle fasi conclusive della vicenda la città sarà nella più totale anarchia: infetti che vagano per le strade in cerca di soccorso, delinquenti assetati di sangue e il virus nell’aria pronto ad infettarci.

In base alla nostra scelta, quindi, vedremo solo un frammento della verità e verremo ostacolati dai tentativi di manipolazione. Le meccaniche survival del titolo interverranno a loro modo nella sfida del gioco, costringendoci ad adattarci o perire. Difatti, per riuscire a sopravvivere per ben dodici giorni in una città straniera e aggredita da un morbo mortale, ci toccherà stringere i denti e apprendere l’economia del mondo di gioco. In questa società, oltre al denaro vige infatti il baratto: così ci ritroveremo a frugare per i rifiuti in cerca di oggetti da scambiare con materiali utili per la nostra sopravvivenza. In questa comunità, ad esempio, gli oggetti taglienti sono proibiti, così come desecrare un corpo. Solo una casta sacra di squartatori è autorizzata ad usare un coltello su di un corpo: così gli oggetti taglienti non autorizzati vengono buttati via. Raccogliendoli, potremmo rivenderli alle personalità meno abituate alla legalità per scambiarle con del cibo o delle medicine, ad esempio.

Il concetto di questo loop di gioco viene riassunto da alcuni passi di una canzone indiana molto popolare, che si può udire vagamente distorta durante gli scambi con gli abitanti (Bad Karma): “non continuare a desiderare soldi, le persone ne hanno un sacco e non sono mai felici“. I messaggi di questo titolo sembrano dunque riassumersi in una critica al materialismo e una celebrazione dell’arte e dell’irrazionalità. Per i più curiosi, prima di concludere questo articolo lascio un collegamento al Manifesto Artistico degli sviluppatori.

Screenshot di Pathologic 3
La situazione sarà così disperata che anche i militari verranno messi in campo: con quali risultati?

Pathologic è un titolo profondo e unico nel suo genere, è forse questo il motivo per cui non ha attirato l’attenzione del pubblico mainstream. Dopotutto, sarebbe sbagliato ritenere che il videogioco debba per forza essere solo un mezzo di propagazione artistica: la sua vera forza è la sua adattabilità e la capacità di rinnovarsi continuamente. Tuttavia, sarebbe il caso di cominciare a definirlo degno di veicolare anche messaggi originali e degni di essere condivisi. Vi invito a giocarlo, se ne avrete voglia: è anche disponibile dall’anno scorso Pathologic 2, un sequel moderno nato dall’esperienza dell’originale, ricreato con l’assistenza delle tecnologie di ultima generazione dell’industria. Mi sento anche di ringraziarvi se avrete letto fino alla fine questo articolo, sperando che lo abbiate gradito. Alla prossima!

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