Underwater Recensione

Underwater Recensione | L’acqua…è conosciuta come la principale fonte di vita, ma può anche trasformarsi nel nostro peggior incubo. Underwater mostra quanto possa essere opprimente e scoraggiante restare fuori dal mondo, lontano dalla propria casa e senza alcuna chance di sopravvivenza. Vivendo isolati per troppo tempo, si perde qualsiasi tipo di contatto con la realtà e, a lungo andare, si può impazzire. Prendendo spunto da due pilastri dello sci-fi, Alien e The Abiss, la pellicola di William Eubank cerca di trovare il proprio posto in mezzo a vari generi. Lo spettatore si ritroverà a bordo della stazione mineraria Kepler, dove accadranno fatti davvero inspiegabili. C’era qualcosa che i nostri protagonisti non avrebbero mai dovuto scoprire, o meglio, risvegliare. Nel profondo dell’oceano, in un luogo così ostile, dominato da eventi naturali e misteriose apparizioni, l’equipaggio superstite dovrà trovare una via per tornare in superficie. Riusciranno i nostri eroi a cavarsela?

Essendo un titolo che prende spunto da un genere che, nel corso di decenni, ha mostrato al pubblico ogni tipo di scenario e di mostruosità, aliene e paranormali, c’è poco da aspettarsi. La trama è semplice ed abbastanza irrisoria, il punto focale è sopravvivere. Uno dei temi principali su cui ruotano le decisioni, alquanto discutibili, dei personaggi è: quanto si è disposti a sacrificare e, sopratutto, quanto può valere una vita? Nulla di nuovo, giusto? Questi film girano sempre intorno a domande, primordiali si può dire, che svelano un nostro lato, tutto tranne che “umano”. Scelte difficili in situazioni critiche porteranno alla perdita di vari membri del team, di cui non si sentirà molto la mancanza. Non c’è tempo per affezionarsi nonostante le continue battutine e chiacchierate che, tra un mostro e l’altro, salteranno fuori. Lo sviluppo dei personaggi, sebbene inesistente, li porterà a cambiare repentinamente e ad agire in modi contraddittori.

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Quando resti per troppo tempo al buio, perdi la percezione del tempo…

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Non si sa bene a che tipo di pubblico si possa riferire Underwater, perché nei suoi 95 minuti, cerca di unire troppi generi non riuscendo a centrarne nemmeno uno. Ci sono delle scene umoristiche poco incisive in momenti così delicati, dove solitamente si dovrebbe tacere, che impediscono di empatizzare. Le parti fantascientifiche vengono analizzate poco e per tutto il tempo, non si saprà nemmeno quale sia la destinazione finale. Jump scare scontati faranno la loro comparsa, di volta in volta, senza mai riuscire a spaventare davvero. Volendosi approcciare anche ad un target più giovane e forse “ribelle”, con parolacce tranquillamente evitabili, musiche totalmente fuori tema ed un product placement abbastanza bizzarro, il film scaccia gran parte dell’audience. Se si fosse lavorato meglio su quest’aspetto, l’intera storia ne avrebbe giovato.

Underwater
Un vero peccato non aver potuto conoscere meglio ogni membro del team ed il loro legame che, troppo velocemente, si sfalda sotto la pressione marina.

La trama poco originale farà storcere il naso a chi, sebbene le poche premesse, sperasse ancora di vivere un qualche tipo di esperienza sott’acqua. Essendo a 8000 km di distanza dalla terraferma, ci si aspetterebbe di vedere qualcosa di interessante… ma la verità è che a quella profondità c’è ben poco! Sfortunatamente non riesce a garantire la stessa suspense del trailer, che sfuma dopo i primi 10 minuti interamente dedicati ad inarrestabili esplosioni, scene in slow motion e musiche spaccatimpani. Le varie scene girate al di fuori delle stazioni, mentre la troupe corre lentamente verso la salvezza, sono molto scure e poco suggestive. Le minacce che pullulano nell’ambiente circostante faranno capolino da qualche detrito e ruberanno membri del team da sotto il naso, sia del pubblico che dei protagonisti stessi! Nulla da dire invece agli effetti sonori, unici elementi in grado emozionare e creare quell’ottima sensazione di malessere, adatta all’intera situazione. Nonostante ricordino molto l’astronave Nostromo, i corridoi che si distruggono dietro le spalle di Norah e degli altri, riescono a costruire un’escalation di ansia e pericolo, più spaventose delle creature mostruose al di fuori dell’area sicura.

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Ma quindi… quello dovrebbe essere Alien?

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Ci sono davvero troppi rimandi all’opera di Ridley Scott. Si susseguono varie scene che sembrano essere state prese direttamente da Alien, riaggiustate sì, ma senza troppe modifiche. C’è addirittura una piccola e, stavolta, apprezzabile citazione ad uno dei personaggi più iconici del primo capitolo: Parker. La sua fascia blu sarà infatti sempre presente grazie a Liam Smith, membro dell’equipaggio che, per la maggior parte del tempo, sarà solo d’intralcio. Un altro problema subentra quando si mettono di mezzo le ferite dei nostri protagonisti. Essendo un survival movie, ogni azione porta ad un dispendio di energie e, ogni colpo subito, rende la morte sempre più certa. Sembra invece che, scena dopo scena, queste fantomatiche contusioni e graffi svaniscano, proprio come le fasciature utilizzate per curarsi. Ulteriore domanda che chi è più vigile potrebbe porsi è: dopo vari mesi passati in un fondale marino, c’è ancora la possibilità di truccarsi? Nonostante l’acqua ed i vari “colpi di scena”, la nostra protagonista Norah (Kristen Stewart) avrà un make-up onnipresente, sicuramente più resistente dell’intera stazione di comando. E per finire, la parte più importante dell’intero film: il mostro. Questa creatura misteriosa, che si aggira nelle profondità e che si manifesta in modo così impetuoso da far spaventare persino la telecamera che la sta riprendendo, non sembra avere una forma davvero intrigante. Facile da uccidere ma impossibile da sterminare, la minaccia accompagnerà i nostri eroi fino alla battaglia decisiva dove, senza troppi spoiler, accadrà qualcosa di davvero inspiegabile. Seppur inizialmente sembrasse che il titolo volesse comunicare un certo tipo di messaggio, cambierà idea all’ultimo minuto e lascerà lo spettatore, molto probabilmente, con l’amaro in bocca. Ricorda, ovviamente in modo meno commuovente, la fine del Titanic, dove la famosa e tanto condannata “zattera” avrebbe potuto contenere una persona in più.

La battaglia per la sopravvivenza porterà a delle scelte difficili e soprattutto a degli inevitabili sacrifici.

Underwater non riesce a scegliere il posto dove voler approdare e, cercando di spingersi più in là degli altri, alla fine non fa nessun passo avanti. Restando nell’ombra dei due must-see degli anni ‘80, da cui avrebbe dovuto “solo prendere spunto”, impedisce al cast di esprimere tutto il proprio potenziale. Cercando di accontentare un po’ tutti i gusti, si perde in dialoghi scarni e privi di contesto. Il mostro, anche nella sua forma più temibile, invece di creare terrore, sembra sempre essere fuori dalla storia e solo un contorno di questa disavventura vissuta dai superstiti dell’equipaggio. Nonostante possa vantare di una spettacolarità davvero interessante, per fotografia ed ambientazione interna, queste non risaltano nel trambusto in cui si deve passare per andare avanti nella visione. La cura dei dettagli si nota soprattutto all’inizio e durante la preparazione del team, dove li vediamo indossare vere e proprie armature, anziché semplici mute, per contrastare la pressione subacquea. Avrebbe potuto davvero portare qualcosa di nuovo nelle sale cinematografiche, se solo non si fosse focalizzato troppo nel citare altre opere. Rendere omaggio è un gesto davvero ammirevole che però va dosato con cura, altrimenti si rischia di rimanere ancorati al passato.

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