2001: Odissea nello spazio, riflessioni su un classico del futuro

La ristretta filmografia composta da 13 lungometraggi e 3 piccoli documentari del regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense naturalizzato britannico, Stanley Kubrick, è stata sì piccola, ma sicuramente una delle più grandiose del cinema, sia passato che futuro! Parlando proprio del domani, con il suo capolavoro, 2001: Odissea nello spazio (1968), con la sceneggiatura di Sir Arthur Charles Clarke, che gli ha riservato numerosi riconoscimenti tecnici, tra cui un premio per la cinematografia di Geoffrey Gilyard Unsworth dalla British Academy of Film and Television Arts ed il suo unico Oscar ai migliori effetti speciali dagli Academy Awards, l’autore ha creato un’opera cinematografica che va oltre il grande schermo, non per nulla oggi, dopo quasi 52 anni se ne parla ancora.

Questo perché la pellicola è di una grandissima importanza e come per molti altri contemporanei è ricca di messaggi nascosti, simbolismi, immagini spettacolari e materiale infinito su cui teorizzare nelle sue ben quasi 3 ore di durata complessiva. Il lungometraggio è molto significativo anche per il suo genere, infatti per la fantascienza è stato da sempre un caposaldo principale, perché con le sue teorie legate all’evoluzione degli uomini ed il suo destino, esposte nella trama, il regista ha aperto le menti di tantissimi giovani, artisti, letterati, musicisti. In questo ha influenzato parecchi cineasti come Christopher Nolan, celebre autore moderno di film come, Inception (2011), Memento (2000) o la trilogia del cavaliere oscuro (2005 – 2012), che per il suo Interstellar (2014) ha apertamente espresso in diverse interviste quanto sia stato ispirato dalla realizzazione di Kubrick.

2001: Odissea nello spazio

 

Un’altra figura che si è ispirata alla pellicola è sicuramente Hideo Kojima, che con il divisivo videogioco di Kojima Productions Co., Ltd., Death Stranding (2019) ha esplorato anch’esso numerose idee e spunti sull’umanità; Stanley Kubrick attraverso il misterioso monolito nero, mentre l’altro citato con la distruzione. Entrambi sembrano mostrare che a seguito dell’arrivo di un oggetto enigmatico oppure una catastrofe, la vita si evolve nello stato successivo. Per esempio vediamo accadere questa cosa proprio all’inizio della realizzazione con le iconiche scimmie. Come spettatori le seguiamo mentre cercano di sopravvivere ai feroci leopardi, osserviamo come falliscono, ma pian piano si evolvono e all’arrivo della misteriosa lastra di pietra scoprono che possono difendersi usando le ossa prese dalle carcasse lasciate dai predatori. Qui avviene, inoltre, una delle transizioni più famose della storia del cinema, che consiste nella fluida trasformazione dell’osso lanciato in aria, nell’astronave Discovery, in cui è ambientato il resto del lungometraggio.

Da questo punto, dagli animali passiamo agli astronauti, ma in particolare ci spostiamo dal rapporto che coesiste nell’ecosistema naturale a quello che avviene tra l’uomo e la macchina, tra David Bowman interpretato da Keir Dullea ed il supercomputer di bordo della nave spaziale, HAL 9000, incarnato da Douglas Rain.

 

Da questo punto, dagli animali passiamo agli astronauti, ma in particolare ci spostiamo dal rapporto che coesiste nell’ecosistema naturale a quello che avviene tra l’uomo e la macchina, tra David Bowman interpretato da Keir Dullea ed il supercomputer di bordo della nave spaziale, HAL 9000, incarnato da Douglas Rain. Piano piano vediamo come quest’ultimo diventa sempre più cosciente e inizia a diventare pericoloso per il nostro astronauta, il quale riesce a salvarsi solo grazie al monolito che lo porta a raggiungere lo stato superiore dell’essere umano, ossia l’inquietante Bambino delle stelle. Il fatto è molto importante perché guarda caso ancora oggi è presente questo dualismo, ci stiamo avvicinando sempre di più all’iconico robot, l’intelligenza artificiale si evolve rapidamente ed il rischio che possa andarci contro, anche se una fantasia, sta diventando una realtà sempre più vicina.

2001: Odissea nello spazio

Infine concludo dicendo che quello che Stanley Kubrick è riuscito a raggiungere non è per niente da sottovalutare. Tutto ciò che ha creato sia con questo film che con le altre sue opere è stato di una qualità eccezionale, in grado di donare a chi le ha guardate o le guarderà tantissime idee, spunti, teorie ed in generale creatività ed innovazione, ossia proprio ciò che ci serve per proseguire come specie, per fare il prossimo passo, per renderci ancora migliori di quanto non lo siamo già.

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