Ancestors The Humankind Odyssey Recensione, quando i nostri nonni camminavano a quattro zampe

Ancestors The Humankind Odyssey | Nella nostra vita incrociamo spesso entità oscure, Grandi Antichi che ci osservano dalle loro reggie nefaste plasmando la nostra vita senza rivelarsi. Uno di questi è Cthulhu. Un’altro è Patrice Désilets. Prince of Persia: The Sands of Time? Era lui il Director. Il leggendario gioco di Paperino per PS2? Lui. Assassin’s Creed? Fino a Brotherood, Lui. Stiamo parlando dell’uomo che ha dato vita a Altaïr e Ezio: nel 2014 fonda Panache Digital Games e si mette a lavoro su un nuovo gioco. Capite perché tutti i vostri amici nerd-geek-gamerhead sono andati in hype quando è stato annunciato Ancestors The Humankind Odyssey? Tra i fan in grande attesa c’eravamo naturalmente anche noi ed ecco qui: la nostra recensione di Ancestors è pronta per  la giungla di 10 milioni di anni fa!

Cominciamo a fare chiarezza: Désilets è fede, Désilets è curiosità. Il canadese ha sempre brillato per intuizioni e originalità: lo stesso Ancestors si è dimostrato già dai primi trailer come un esperimento videoludico in tutto per tutto. C’è intrattenimento e intrattenimento e se approccerete all’opera convinti di trovare birra e patatine.. eh, no. È sempre la stessa storia: c’è il momento per Despacito e quello per Mozart. E non si parla per forza di qualità effettiva, ma di coinvolgimento sensibile, di impegno mentale diverso: il titolo Panache Digital si snoda in un gameplay al limite dello strategico, un survival cerebrale dove non avrete un attimo di respiro, pena la faccia sbranata da un coccodrillo. Ed ecco allora il mondo di 10 milioni di anni fa, che si dimostra da subito ostile e pericoloso: a noi il compito di guidare una tribù di ominidi verso l’evoluzione. Partiremo da una piccola rientranza sotto una cascata fino al fondare dei veri e propri villaggi ante litteram, scoprendo poco a poco come costruire armi, attrezzi e rapporti sociali. Tutto questo a costo di sangue e sudore: il sangue sarà degli ominidi, il sudore dei giocatori. A chi è andata meglio?

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Un capolavoro fatto male

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Da un certo punto di vista, agli ominidi. Ancestors impatta subito sul giocatore, con la sensazione di pericolo costante che incombe in ogni momento sul collo dei nostri parenti Sahelanthropus Tchadensis. Se aggiungiamo anche i fattori survival come freddo, fame, sete, sonno, il coinvolgimento offerto dal gioco è estremo e adrenalinico. Eppure, parliamone: un videogioco un’opera multimediale interattiva ha quest’ultima parola, interattiva, che è importante non poco. In un titolo che punta tutto sull’immedesimazione, il sistema di controllo diventa basilare, su di lui si reggerà metà della sospensione dell’incredulità generale. Désilets qui zoppica: il principale problema di Ancestors è proprio nel sistema di controllo e nell’HUD, ovvero in tutto il sistema di scambio tra opera e fruitore. La gestione dell’ominide ha tre croci perenni. La prima la troviamo nella manualità: gli oggetti tra una mano e l’altra si scambieranno infatti con i tasti dorsali L e R… questo perché si potrà utilizzare attivamente solo ciò che verrà tenuto con la mano destra. E se dovessimo usare l’altro oggetto? Premete L e ve li scambierete. E se volessimo modificare con la mano sinistra ciò che si trova nella destra? Non potete, dovrete premere L per scambiare i due oggetti e poi di nuovo L ma tenuto premuto. E se stessimo correndo inseguiti da una tigre dai denti a sciabola e dovessimo scambiare rapidamente due oggetti per poi modificarli e infine buttarne uno per usare a due mani la mazza appena creata? Ah. In ordine: L, L tenuto premuto, L, L, L per la modifica, poi L e poi R. Se nel frattempo avete sbloccato soldi infiniti su GTA fatecelo sapere: la sensazione di trovarsi davanti ad un capolavoro fatto male è forte.

Esempio dell’effetto Fear: la schermata diventa confusa e illeggibile, per quanto di impatto e coerente con le sensazioni dell’ominide

E non è finita: se queste meccaniche col tempo vengono comunque levigate con bonus legati all’evoluzione velocizzando il tutto, ciò che non varia mai è proprio l’HUD e il sistema di Fear. L’intera opera si basa infatti su idee solide e coerenti con ambiente e personaggi, ma non per questo funzionali. Un HUD minimale, fin troppo minimale, per quanto adattissimo al genere di gioco, rischia di essere mortalmente pericoloso. Basterà perdere d’occhio per un momento l’alert del pericolo imminente, nascosto in basso a sinistra, per finire in bocca a un coccodrillo. Stesso discorso per il Fear: sicuramente interessante, si basa sulla paura degli ominidi una volta arrivati in un territorio sconosciuto. La schermata perde i colori, i rumori si moltiplicano, anche quelli inesistenti, e facce tridimensionali di immaginari predatori cominciano a riempire l’ambiente intorno a noi. Bellissimo, davvero. Un impatto emotivo unico, una reale sensazione di terrore. Ma la giocabilità in quei frangenti, sapendo per di più di trovarsi in una prova a tempo che se non risolta in fretta condurrà alla follia il nostro ominide, infastidisce non poco. Basterà un effetto visivo a coprire un predatore reale, facendovi così perdere un personaggio a cui magari tenete moltissimo. Per quanto poetico e in grado di riprodurre fedelmente l’aspetto emotivo del tutto, dopo una ventina di ore comincerete a domandarvi se la cosa non poteva essere pensata meglio. E non parliamo della corsa e del salto, gestiti con lo stesso tasto, A. Unica differenza, il tempo di pressione: premendo A si salta, tenendolo premuto si corre. E nonostante tutto, il salto sarà comunque automatico una volta rilasciato il tasto al termine di una corsa: sapete quanti Sahelanthropus abbiamo visto schiantati al suolo per un A premuto un mezzo secondo di troppo? Perché? Perché?

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Vi troverete così a spulciare un ominide fino a sceglierlo come vostro partner sessuale, per poi pensare ai piccoli, magari portandoli con voi per insegnarli quali cibi mangiare e come sollevare pietre

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A riprenderci, ecco in nostro soccorso il sistema evolutivo, vera chicca del titolo: ogni evento che ci accadrà, anzi, che faremo accadere, collegherà o meno le sinapsi dei nostri ominidi, permettendoci di “salire di livello” in ambiti come la motiricità o la comunicazione. È per questo che utilizzare i vostri sensi, tra olfatto e udito, o cercare di rapportarvi con i vostri simili, come combattere o mangiare nuovi tipi di alimenti, ogni cosa vi porterà uno scalino in su verso l’evoluzione suprema. Vi troverete così a spulciare un ominide fino a sceglierlo come vostro partner sessuale, per poi pensare ai piccoli, magari portandoli con voi per insegnarli quali cibi mangiare e come sollevare pietre, elementi che così verranno trasmessi alla generazione successiva di Sahelanthropus. Fantastico no? E allora cos’è questa amarezza?

La differenza tra un bar e una redazione di giornale è nel caffè. Nel bar, prima si prende il caffè, poi si va al lavoro. Nella redazione, prima si lavora, si scrive, poi si beve il caffè, si scrive, si continua a bere il caffè, si riflette, si oggettifica, si beve di nuovo il caffè. I giornalisti, sopratutto quando c’è da scrivere una recensione, corrono sulla sottilissima linea dell’opinione. Per quanto di valore, quella tua recensione dovrà essere utile, avere un senso, magari dovrai anche dire la tua, ma la critica dovrà comunque essere sensata, solida. Non siamo al bar. Al bar diremmo che questo gioco va vissuto, una perla nell’evoluzione del panorama videoludico simulativo. Un 10. Ma non siamo al bar. I pregi di Ancestors sono tanti, i difetti anche, addirittura avremmo voluto menzionarvi del sistema di combattimento, davvero troppo spoglio e minimale, con un solo tasto – ancora A – a gestire eventi quick time. Ma non serviva, avete capito: questo gioco è testa, è cuore, non molta pancia. Che voto gli dareste voi?