Vagrant Story: L’Astro Più Lucente della Galassia Squaresoft?

2000 – Non fosse che per il prezioso supporto riservatogli negli anni da un coriaceo stuolo di accesi cultori, Vagrant Story sarebbe praticamente scomparso dalla memoria collettiva: un destino senz’altro difficile da spiegare, visto il singolare clamore con cui venne accolto all’epoca del suo debutto sul mercato…

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La trama di Vagrant Story ci avrebbe trasportato alla volta dei fascinosi orizzonti del regno Valendia: un immaginifico universo lacerato dalla guerra civile legato alla sorte dell’antichissima città di Leà Monde. Una decaduta capitale storica in rovine, sede intrighi politici e contorti labiriinti millenari…

Volendo azzardare un’ipotesi tesa a sbrogliare l’enigma, si potrebbe in ogni caso ricondurre questa deriva mediatica ad un’ impostazione fin troppo sui generis che, andando ad infrangere molti dei dogmi strutturali propri del culto JRPG, avrebbe finito col trasformarlo in un curioso  reperto di nicchia, piuttosto che in un’epica avventura degna di essere ricordata per tutti i secoli dei secoli.

Frutto della precisa scelta di rimpiazzare la classica storyline progressiva con un semplice antefatto di background, ma anche della volontaria decisione di lasciare il minimo spazio possibile a molti dei più collaudati cliché di categoria quali la presenza di aree neutrali in cui intrattenersi con PNG, il sistema di accumulo dei punti esperienza e la massiccia presenza di filmati in CGI, l’opera  prodotta e diretta daYasumi Matsuno sarebbe in tal senso vissuta degli equilibri del suo gameplay, trasformando elementi generalmente contestuali come esplorazione dei dungeon e combattimenti nel proprio centro di gravità.

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Sempre in rottura con i dogmi concettuali della categoria JRPG della sua epoca, Vagrant Story rendeva possibile vedere i nemici sparsi per i dungeon in tempo reale, offrendo così ai giocatori la possibilità di sottrarsi ai famosi combattimenti casuali.
 Benché sarebbe lecito immaginare il contrario, Vagrant Story non si limitava tuttavia a vestire panni da mero esperimento tattico: che ci si creda o meno il mondo di gioco, come pure il suo ideale avatar, Ashley Riot, trasudavano  un’intensità tale da non temere alcun confronto con i più celebrati colossi del settore… E non soltanto in virtù degli encomiabili risultati ottenuti dai ragazzi della Squaresoft in termini di Character Design e cura per l’ambientazione.

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Per diverso tempo, il personaggio di Ashley Riot è stato al centro di uno dei più insoliti equivoci della storia moderna dei videogame, nonché fulcro di polemiche più o meno marcate circa la sua effettiva identità sessuale. A fronte di un nome proprio dichiaratamente femminile e di un abbigliamento non esattamente convenzionale, il giovane Riskbreaker era tuttavia un uomo tutto d’un pezzo. Almeno a livello biologico, come sostengono i più maliziosi.

A conti fatti, era più una questione di atmosfera, forse anima. Roba che, come ben sapete, non si può certo “comprare” con qualche texture in più e che, al giorno d’oggi, non potreste mai sperare di ritrovare altrove. Si trattasse persino del superfluo remake di questo o quell’episodio di Final Fantasy.

V MENSILE
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V008 Mensile
Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.