Close to the Sun Recensione

Close to the Sun è il nuovo videogioco sviluppato da Storm in a Teacup, team italiano con sede a Roma, che ha creato una storia horror in un XIX secolo alternativo, in cui Tesla è diventato un uomo ricco e potente. Dopo aver lavorato a Lantern, Enki e N.E.R.O., è arrivato il momento di una nuova sfida, mettendo il giocatore al centro di un’esperienza inquietante, che in circa 8-10 ore permette di vivere un’avventura dai tratti steampunk e con l’occasione di scoprire qualcosa in più sulle ricerche di Nikola Tesla. Il lavoro di Storm in a Teacup è ancora più ammirevole se teniamo in conto che è stato doppiato in 5 lingue diverse (italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco) e sottotitolato in ulteriori idiomi: polacco, russo, cinese, coreano e giapponese. Non solo, perché l’esperienza è fruibile anche per persone che non possono contare su un PC particolarmente performante, senza avere perdersi nulla di fondamentale, se non in qualche caso in cui ci servirà una qualità della texture alta per risolvere gli enigmi. Certo, ridurre i dettagli non rende giustizia al grande lavoro del team, ma permette di immergersi nel mondo di gioco senza troppi problemi. Parleremo di ogni aspetto di Close to the Sun nei prossimi paragrafi, ricordandovi che nel corso dell’anno arriverà anche su console, mentre per ora è disponibile solo la versione PC, in esclusiva su Epic Games Store.

In Close to the Sun vestiremo i panni di Rose, una giornalista che, dopo aver ricevuto l’invito della sorella Ada, si appresta a salire sull’Helios, una nave di proprietà di Nikola Tesla, tecnologica, inquietante e pericolosa a causa degli esperimenti che si svolgono su di essa. Nonostante la richiesta, però, non saremo accolti calorosamente, venendo addirittura creduti una spia mandata da Edison, storico rivale dello scienziato che, in ogni trasposizione videoludica e non, viene indicato come l’antagonista. Dopo un prologo in cui praticamente scopriamo più o meno il contesto in cui ci troviamo, iniziamo col capitolo 1, dove saliamo effettivamente a bordo dell’Helios, rendendoci conto che è in stato di quarantena a causa di un esperimento andato male. Nel corso della nostra avventura potremo usare un auricolare per comunicare con qualcuno dei sopravvissuti, come Ada e, più tardi, Aubrey, che ci guideranno e ci daranno indizi su cosa fare. Anche Nikola Tesla sarà uno dei nostri interlocutori. Non vi riveliamo altro della storia, anche perché è narrative-driven, ma sappiate che sarete soli per buona parte dell’avventura e che la compagnia sarà (quasi) solo via auricolare. Oltre al nome della nave, Helios, ci saranno anche altri riferimenti alla mitologia e, praticamente ognuno dei capitoli include una divinità.

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 Non siamo davanti a un walking simulator né a un survival horror, e neanche uno sparatutto.

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Close to the Sun è tutto in prima persona, e fa immedesimare molto l’utente, riuscendo nel suo scopo, dal momento che giocarlo dà veramente i brividi: ogni corridoio mette paura, complice anche il setting futuristico e il buio che spesso nasconde l’ambiente. I comandi su PC sono più o meno i soliti (WASD per muoversi e il mouse per girarsi), intuitivi, ma mancano le istruzioni in-game, se non come andare avanti e indietro nel menu (rispettivamente tasto sinistro e destro). L’utilizzo del joystick è supportato e, nonostante ci sia una guida scaricabile dal sito stesso, anche in questo caso è abbastanza intuibile cosa cliccare. Graficamente si può notare qualche similitudine con Bioshock, ma viene messo in chiaro che è un prodotto totalmente diverso e che, soprattutto, non siamo davanti a un walking simulator né a un survival horror. Non è neanche uno sparatutto, e non abbiamo praticamente possibilità di attaccare nessuno: nei suggerimenti in-game viene specificato che se vediamo qualcosa di pericoloso dobbiamo scappare senza pensarci troppo.

A livello di meccaniche c’è relativamente poco da raccontare, e le uniche vere azioni che possiamo fare sono le interazioni con i vari macchinari. A volte si tratta semplicemente di accendere una luce o tirare una leva, altre è necessario risolvere dei rompicapi non complicati. In ogni caso, c’è un tasto solo da premere, e quando ci troviamo davanti un puzzle da decifrare allora dovremo muovere il cursore sul singolo meccanismo. La mancanza di ulteriori azioni comunque è ben giustificata dal contesto: siamo una giornalista che sale sulla nave senza avere particolari skill combattive, di conseguenza l’unico modo per farci strada sulla Helios è azionare marchingegni. C’è inoltre la possibilità di raccogliere i collezionabili in giro per i corridoi, che danno qualche info in più sul contesto. Essi vanno ad approfondire alcune invenzioni dello stesso Tesla, tipo il raggio della morte, o sviscerano dettagli riguardanti la vita degli scienziati della Helios negli istanti successivi alla quarantena, anche se quest’ultimi non sono tutti catalogati come collezionabili. Non mancheranno comunque i momenti adrenalinici e che faranno venire i brividi, anche se andranno un po’ a scemare nel corso dei capitoli.

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Quello che non possiamo vedere con i nostri occhi ci viene raccontato a voce dai nostri interlocutori, spiegando un po’ più nel dettaglio perché siamo lì e quali minacce ci troveremo davanti.

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Nei paragrafi precedenti avevamo parlato a grandi linee della storia di Close to the Sun, ma questa volta entriamo un po’ più nel dettaglio, per dare anche un giudizio. Trattandosi di un prodotto narrative-driven, è normale che debba essere messa al centro la trama e che tutto sia legato ad essa. Il risultato è ottimo  anche perché il gioco non è mai frustrante e si capisce bene o male sempre cosa fare. Quello che non possiamo vedere con i nostri occhi ci viene raccontato a voce dai nostri interlocutori, spiegando un po’ più nel dettaglio perché siamo lì e quali minacce ci troveremo davanti. La storia è divisa in 10 parti, più un prologo iniziale, e, mentre i primissimi capitoli mettono un’ansia incredibile, fino a farci credere che in ogni angolo si possa nascondere qualche essere mostruoso, successivamente i momenti di paura caleranno drasticamente, sia dal punto di vista dell’intensità che come numero. Appena saliti a bordo dell’Helios sembrava di trovarsi in un contesto molto peggiore di quello che poi abbiamo realmente vissuto: le scritte col sangue e i corpi squartati lasciavano presagire a qualcosa in stile Resident Evil, con orde di zombie pronte a inseguirci, ma più andiamo avanti e più capiremo quali saranno le minacce effettive. L’unico problema, è che dopo un paio di incontri non avremo più paura perché è tutto un po’ telefonato: non che sappiamo come andrà a finire la storia, anzi, ma l’ambiente è costruito per dirci “ehi, appena azioni quella leva, qui apparirà qualcuno”. Non succede sempre eh, ma è sicuramente molto intuibile, a differenza dei jumpscare, che sono improvvisi e inaspettati.

Il gioco comincia come un horror, ma piano piano, imparando a conoscere le minacce, avremo sempre meno paura. Se i momenti iniziali lasciavano presagire a un continuo stato di terrore, andando avanti sarà tutto più tranquillo. Non mi riferisco solo ai nemici, perché anche le inquadrature, le ombre e le luci contribuivano a rendere la scena inquietante. La nostra unica arma in Close to the Sun è sempre e comunque la fuga, e dare le spalle alle minacce contribuisce a levarci di dosso l’ansia e la tensione che invece dovremmo sempre avere: sentiremo i rumori di chi ci insegue, ma non ci sono cutscene che ci fanno trovare faccia a faccia con chi vuole ucciderci, se non quando falliamo, in cui veniamo catturati e brutalmente squartati. Paradossalmente, se saremo bravi non vedremo mai il volto dei nostri nemici, anche se in fin dei conti non è che ci sia chissà quanta varietà fra uno e l’altro. Il fatto di limitare le meccaniche al minimo non è un problema, e come dicevo è anche giustificato da quello che è il tipo di gioco ma, seppur in maniera indiretta, essendo noi i protagonisti avremmo voluto magari sconfiggere qualcuno, azionando qualche macchinario o spostando qualche oggetto ed essere gli eroi della storia. Non abbiamo superpoteri e non abbiamo abilità particolarmente adatte a mettere KO i nemici (siamo giornalisti), ma in questo modo siamo rimasti un po’ troppo passivi anche nei momenti chiave.