Lo scorso 27 febbraio, ventitreesimo anniversario della serie Pokémon, sono stati rivelati ufficialmente i primi titoli di ottava generazione per Nintendo Switch: Pokémon Spada e Pokémon Scudo. In attesa di sapere cosa ci riserveranno i due giochi in termini di meccaniche inedite e progressi in generale, andiamo a riscoprire l’intera saga, a partire dalla sua nascita per arrivare alle evoluzioni grafiche e di gameplay che ha subito nel corso degli anni.
Sarebbe difficile (e anche pleonastico) parlare effettivamente di tutto ciò che caratterizza ogni singolo episodio uscito fino ad ora, motivo per il quale ci concentreremo maggiormente sulle novità più importanti apportate alla serie principale da Game Freak dal 1996 ad oggi.
1996, anno in cui un giovane Satoshi Tajiri, aiutato dall’amico Ken Sugimori, diede sfogo alla sua grande passione per gli insetti per ideare un titolo che si adattava perfettamente al Game Boy e al cavo Game Link. Un’opera che permetteva ai fruitori di interagire tra loro in più modi, sfidandosi oppure scambiando creature in modo da completare la propria collezione. È da questa filosofia che nacque il particolare metodo di pubblicazione dei giochi Pokémon (in origine Capsule Monsters) in doppia versione, ognuna con qualche mostriciattolo esclusivo. Ciò spingeva i giocatori a incontrarsi e confrontarsi non solo per catturarli tutti ma anche per evolvere determinate specie. Dal punto di vista della giocabilità, Pokémon Rosso e Verde già creavano la base su cui si sarebbero poggiati i futuri titoli del franchise, con incontri casuali, combattimenti a turni, allenatori e capipalestra da sconfiggere, un titolo di campione da acquisire, un team malvagio da debellare e un unico grande slogan: Gotta catch ‘em all.
Pokémon Giallo, altra versione delle prime iterazioni, già portava alcune novità tra cui spicca la possibilità di farsi seguire da uno dei nostri compagni (in quel caso Pikachu), cosa mai ripetuta fino all’arrivo dei remake Let’s Go Pikachu e Let’s Go Eevee. A portare nuova linfa alla serie sono stati però Oro e Argento, rilasciati in Giappone nel 1999. Rimasti tutt’ora gli unici capitoli, insieme ai loro remake, a permettere di esplorare due regioni (Johto e Kanto), Oro e Argento introdussero feature come la possibilità di far tenere strumenti, l’indicatore dei punti esperienza in battaglia, i Pokémon shiny (o cromatici) e altro. Fu attribuita importanza al passare del tempo, il quale non solo influenzava alcuni eventi ma rendeva catturabili specifici mostriciattoli solo in certi momenti della giornata. Ad arricchire l’offerta era poi la meccanica dell’allevamento, grazie a cui era possibile far nascere e schiudere uova tramite due genitori con lo stesso gruppo uova. Insomma la seconda generazione ha aggiunto tanta carne al fuoco, con un’impostazione di gioco che sarebbe diventata lo standard per tutti gli altri episodi.
La formula risultava già più che vincente e per questo negli anni non venne modificata più di tanto, se non per altre novità comunque molto importanti, che rendevano i combattimenti ancora più strategici e complessi. Stiamo parlando delle abilità, apparse per la prima volta in Pokémon Rubino e Zaffiro, usciti su Game Boy Advance. Ogni Pokémon poteva avere un’abilità passiva, visibile una volta catturata la creatura; gli effetti erano vari e consentivano di approcciare gli scontri in maniera differente, rendendo soprattutto il lato competitivo ancora più profondo. I due titoli di terza generazione non si limitavano però a questo, ma anzi evolvevano il combat system con la presenza delle lotte in doppio, le quali presentavano ancora diverse strategie, e delle nature, che conferivano bonus e malus a determinate statistiche. Fu Pokémon Smeraldo invece ad inserire a Hoenn il Parco Lotta, meta posta a sud della regione di Hoenn che donava al gioco un corposo e gradevole post-game.
Nel 2006 la serie si sposta sulle console della famiglia Nintendo DS, potendo sfruttare il caratteristico doppio schermo della console e la sua maggior potenza per rendere il titolo graficamente ancora migliore. In Diamante, Perla e Platino, episodi ambientati nella regione di Sinnoh, si passa infatti ad una grafica 3D, la quale si sarebbe sviluppata poi ancora di più con la Unima di Bianco/Nero e Bianco 2/Nero 2. Questi ultimi hanno infatti segnato un buon (anche se piccolo) passo avanti, con Pokémon e allenatori che in combattimento possiedono sprite animati e con la presenza di città come Austropoli, la quale presentava diverse tipologie di visuale. Vengono poi introdotte le lotte triple e quelle a rotazione, nuove e particolari tipologie di scontri. Bianco e Nero sono inoltre ancora oggi considerati come i capitoli aventi una delle trame più interessanti, grazie soprattutto a personaggi più carismatici e intriganti, che portano spesso il giocatore alla riflessione.
Anni dopo viene compiuto un ulteriore salto generazionale, che porta il franchise a vedere le sue prime iterazioni per Nintendo 3DS, Pokémon X e Y. Col passaggio alla portatile 3D della casa di Kyoto, appare fin da subito chiara l’evoluzione grafica e stilistica dei due titoli, con ambienti, personaggi e pokémon completamente in tre dimensioni e lotte che appaiono sempre più realistiche. Il protagonista può ora muoversi in otto direzioni e, utilizzando i pattini, è in grado di spostarsi più liberamente per i percorsi. Degna di nota è poi l’aggiunta di creature cavalcabili, le quali aiutano il giocatore a superare determinati ostacoli. Ciò che però ha scosso maggiormente il mondo Pokémon sono state le Megaevoluzioni, potenti forme alternative risvegliate dall’uso di una Megapietra e utilizzabili solo una volta a battaglia. Questa nuova meccanica da un lato approfondisce il combat system rendendo la parte competitiva ancora più interessante, dall’altro semplifica decisamente l’avventura principale. A facilitare il tutto interviene anche una diversa gestione del Condividi Esperienza, strumento che a partire dalla sesta generazione, se attivo, distribuisce metà dei punti esperienza ottenuti dal Pokémon in campo al resto della squadra. La sesta generazione è inoltre l’unica a non aver avuto uno o più seguiti, ma solo i remake Rubino Omega e Zaffiro Alpha che, con il loro post-game incentrato sul personaggio di Lyris, hanno introdotto per la prima volta il concetto di multiverso.
Altra grande novità legata agli incontri sono le mosse Z, speciali attacchi che vedono Pokémon e allenatore legare le loro volontà per mettere a segno un potente colpo. Esse sono apparse nei recenti Sole/Luna e Ultrasole/Ultraluna, i quali stravolgono la struttura classica a cui tutti erano abituati. Vengono eliminate la palestre e sostituite col “giro delle isole”, un rito che prevede l’esplorazione delle quattro isole della nuova regione Alola e il superamento di particolari prove. Queste ultime culminano nella sfida contro un Pokémon dominante, che gode sia di potenziamenti alle statistiche che di rinforzi in combattimento. L’idea di multiverso accennata in precedenza trova poi qui maggiore rilevanza, grazie all’esistenza degli Ultravarchi e delle Ultracreature, esseri provenienti da mondi paralleli rispetto a quello del protagonista, per una lore che si infittisce sempre di più.
Infine si arriva al recentissimo Pokémon Let’s Go Pikachu e Let’s Go Eevee, remake di Giallo per Nintendo Switch, importante sia perché rappresenta il primo capitolo principale ad essere uscito su console casalinga che per aver modificato decisamente il metodo di spawn e di cattura dei mostriciattoli tascabili. Sono infatti caratterizzati dall’assenza di incontri casuali e di scontri con creature selvatiche, a favore della sola cattura in uno stile molto simile a quello del gioco mobile Pokémon GO. Si tratta però di elementi che, almeno per ora, rimangono esclusiva dei due titoli, dato che gli ultimi arrivati, Spada e Scudo, sembrano proprio essere tornati alla classica formula del brand. Se ciò è un bene o un male, lo scopriremo con certezza solo dalla fine di quest’anno.