Sono passate ormai quasi due decadi dall’ultimo capitolo principale di uno dei prodotti crossover più apprezzati del palcoscenico RPG mondiale. Sembrava ieri che uscivamo dalle elementari e sgattaiolavamo a casa ansiosi di intraprendere un viaggio tra i mondi fiabeschi di Kingdom Hearts, eppure eccoci qui a discorrere del lato tecnico di uno dei prodotti più attesi. Ogni anno sembrava quello giusto per l’opera di vedere la luce, ma per fortuna ora siamo pronti a dare un giudizio definitivo sull’intenso lavoro di Tetsuya Nomura, che ha dedicato tantissimo tempo a edificare uno dei progetti più ambiziosi di casa Square Enix. Per analizzare un titolo così sontuoso bisogna tuttavia partire dalle giuste premesse, onde evitare fraintendimenti. Kingdom Hearts 3 è stato uno dei giochi dallo sviluppo più travagliato degli ultimi anni anni e non ha mai goduto di una trama facilmente accessibile a tutti, specialmente a causa della talvolta eccessiva frammentarietà di eventi che lo compongono. Le carte sono state scoperte e, completato il titolo in ogni sua forma presentata, siamo qui per fare il punto della situazione, ma tranquilli: non siamo assolutamente in vena di spoiler.
L’epopea forgiata in questi lunghi anni da Nomura aveva il dovere di collegare i punti di trama mancanti e delineare il grande disegno formatosi. Fortunatamente la fame degli appassionati sarà saziata per intero, scongiurando una serie di dubbi che col passare del tempo avevano ramificato il racconto in direzioni impensabili. Ahimè, non è un gioco accessibile a tutti a causa dei continui riferimenti a opere passate, pertanto perdonerete se ci riferiamo direttamente a chi, anche se in modo discontinuo, si è già affacciato nel mondo di Kingdom Hearts. La solida certezza affibbiata alla presenza dei tanto amati mondi Disney non manca neanche in quest’ultimo capitolo. Alcuni di questi offrono sottotrame completamente inedite, con il conseguente ritorno di alcuni dei personaggi più amati dell’animazione. Si avverte tuttavia, in un cerchio ristretto di mondi, un taglio più netto e lineare della micro trama di gioco, la quale si aggancia al filone principale solo con flebili escamotage, tanto da apparire talvolta fuori luogo. Sebbene non sempre il crossover riesca in ogni sua forma, ciascun universo non è relegato ad un circolo narrativo unicum, ma sempre parte di un tessuto narrativo coeso. È difatti sorprendente come i mondi riescano a collidere tra di loro, come se a priori fosse già deciso di trattare di certe tematiche. Ma per i fedelissimi appassionati sarà una sensazione assai familiare, conoscendo uno dei punti di forza dell’intera saga.
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La zampillante follia creativa di Tetsuya Nomura sboccia per semplicità ed efficacia.
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Sebbene da una parte il gioco non riesca ad abbracciare un più ampio parco di utenti, dall’altra il comparto tecnico risulta facilmente intuibile, frutto di un moveset coinvolgente e alla portata letteralmente di chiunque. La semplicità rimane dunque un nobile pregio anche in Kingdom Hearts 3, che riesce a sbocciare proponendosi come uno degli action RPG migliori su piazza. Tale candore emana un’aria di familiarità per i novizi, ma, d’altra parte, risulta essere di gran lunga più semplice rispetto agli standard del brand. Abbiamo riscontrato questo in più occasioni, ma, ciò che ci ha davvero lasciato a bocca aperta, è aver terminato il titolo sotto al livello 40: situazione impensabile nei vecchi Kingdom Hearts. La superlativa qualità tecnica è il tratto maggiormente curato e rende gloria a un rinvigorito pattern di mosse, ognuna colma di colori divampanti. Un’esplosione di sfumature dipinge lo schermo di gioco in mille colori diversi e regala zampillanti eruzioni di creatività. Non mancano esilaranti riferimenti ad altre opere di casa Square Enix, come lampanti riferimenti alla saga di Final Fantasy e non solo.
La spettacolarità è lo strumento artistico preferito da Nomura in questo capitolo, regalando sequenze di puro godimento visivo. Il miglioramento più significativo di Kingdom Hearts 3 è in primis il rinnovato coinvolgimento degli alleati in battaglia: scordatevi compagni utili solo per distrarre il nemico o un Paperino mai puntale nel darvi una mano nelle situazioni critiche. Nei capitoli precedenti, i protagonisti dei vari mondi hanno sempre avuto un ruolo piuttosto marginale, ma questa volta i comandi di squadra rendono il tutto molto più interattivo e gradevole. Le folgoranti magie di Paperino e gli impetuosi assalti di Pippo offrono prima di tutto un allegro numero di interazioni in battaglia, grazie all’accesso di mosse spettacolari e dal potenziale devastante. In ogni mondo Disney, i personaggi che lo abitano e che decideranno di aiutare il nostro Sora, sbloccheranno una mossa di squadra mozzafiato ciascuno in grado di infliggere ingenti danni. Poter contare su formidabili alleati è uno degli ingredienti vincenti oltre al già lusinghiero comparto tecnico, che trasforma i protagonisti delle storie che tanto amiamo in impavidi eroi. Magistrale inoltre il potere sopito in ogni Keyblade ottenibile nel titolo, di varie forme e ispirati al mondo d’origine, aventi una trasformazione radicale durante la battaglia e un epilogo di puro godimento.
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La struggente parola fine alla saga di Xehanort chiude un cerchio rimasto troppo tempo aperto.
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Dopo aver accontentato l’occhio, è divenuta una priorità la ricerca della profondità ludica: non è difatti sufficiente l’impatto visivo ma, specialmente dopo 13 anni, ci si aspetta perlomeno una sfida ad armi pari con i due prequel. Completato in ogni sua parte l’esperienza di Kingdom Hearts 3, e compreso il post game, abbiamo provato a rispondere alla fatidica domanda: la saga di Xehanort ha raggiunto la conclusione tanto attesa? Qualitativamente il prodotto è uno dei migliori action RPG su piazza, specialmente dal punto di vista visivo e tecnico, tuttavia non è il titolo che i fan di una vita meritano. Sebbene vi sia stata un’eccelente ricostruzione ambientale, che ha reso l’opera la traghettatrice della magia Disney nel panorama videoludico, i contenuti risultano, in diverse sfaccettature, ora superficiali e talvolta svenduti a un fan service troppo marcato, ora troppo distaccati dalla trama generale. Laddove il gioco presenta degli enormi passi in avanti, emotivamente non sorpassa i primi due grandi capitoli, i quali, sebbene non eccellenti come questo dal punto di vista tecnico, non lasciavano al caso i retroscena narrativi. L’eccellente level design rende senza dubbio Kingdom Hearts 3 un’opera di facile comprensione, accessibile a tutti e capace di farvi sorridere con intramontabili figure nostalgiche.
Un peccato, dunque, il mancato spessore contenutistico, ma si sa: segregare storici mondi a semplici minigiochi o tagliare alcune tra le tradizioni vincenti della saga non può giovare. Si sente moltissimo la mancanza dei tornei al Monte Olimpo, che per anni hanno regalato ore e ore di qualità al post game della saga. A farci piangere il cuore vi sono anche due universi smarriti: il mondo in bianco e nero delle avventure di Topolino, ora ridotto a una serie di minigiochi con la tipica schermata delle console portatili di un tempo, e il Bosco dei 100 acri, brutalmente rinchiuso in una serie di tre passatempi molto simili allo stile di Candy Crush e di poco differenti tra loro. Per concludere, ci è sembrato doveroso citare la freschissima modalità di cucina appena introdotta con il celebre protagonista della pellicola Ratatouille, il quale prenderà il controllo di Sora e lo istruirà sul cucinare delle prelibate leccornie. Un’idea interessante, che aveva il potenziale per offrire un coinvolgente sipario atto a spezzare il ritmo frenetico del titolo. Tuttavia, sebbene gli ingredienti da trovare per il ristorante siano ben diversificati e il menù diligentemente disegnato, i comandi che variano da ricetta a ricetta sono solamente tre e si ripetono per tutte le pietanze. Insomma, uno spreco per dei personaggi e mondi che avrebbero potuto dire ancora la loro, ma chissà, forse ci sono piani futuri in arrivo.
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L’azzardata profondità esplorativa a bordo della Gummiship è uno dei progressi più apprezzati della saga.
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Dove si perdono delle certezze, tuttavia, se ne trovano di nuove, specialmente se ben elaborate. A giungere finalmente al suo stadio evolutivo finale è la tanto adorata Gummiship, il bizzarro mezzo di trasporto spaziale usato da Sora e i suoi amici. Negli anni passati, il viaggio da un mondo a un altro si poteva riassumere in breve sequenze a bordo della navicella spaziale, sparando a ogni cosa ci sbarrasse il cammino. Storicamente, il movimento del mezzo di trasporto era vincolato a due dimensioni, non permettendo al giocatore si seguire una propria rotta o di esplorare lo spazio tra i mondi, ma ora tutto ciò è cambiato in meglio. L’universo che collega i pianeti è ora vivo e ricco di succose attività secondarie, ciascuna ben studiata e soddisfacente, coinvolgendo una serie di nemici totalmente nuovi e spettacolari. Certo, qualche volta i comandi hanno vacillato un po’ negli spazi chiusi, ma siamo lieti di passare sopra a lievi imperfezioni davanti a un lavoro di tale profondità: brava Square Enix.
Numerosi passi in avanti sono stati fatti nell’ambito delle evocazioni da battaglia, che ora più che mai trovano il giusto spazio. Rinunciare a incantesimi preziosi per richiamare un personaggio molto potente ha sempre indispettito gli appassionati, che di rado coglievano l’utilità di questa azione. Grazie a un provvidenziale ritocco dei danni che i personaggi invocati possono ora infliggere, c’è da dire che non saranno più una seconda scelta. La loro forza distruttiva è ora solo pari alla qualità artistica che sfoggiano quando chiamati: brividi e lacrime per le vecchie conoscenze che fanno ritorno, e stupore nello sperimentare la ruggente potenza dei nuovi arrivati. Peccato per un gioco di telecamera talvolta capriccioso, che in qualche situazione ha rovinato la sublime prestazione rappresentata, ma bisogna darne atto: la mole di elementi in ballo durante gli scontri è veramente elevata. Se non altro, il magnetico impatto visivo offerto in Kingdom Hearts 3 riesce ad alleviare la scarsa presenza di volti nemici veramente nuovi, che, sebbene forti di una schiera di boss memorabili, mischiano vecchie pedine con pochi (ma ottimi) avversari creati.
Siamo dunque all’atteso verdetto che ci ha tenuto svegli giorno e notte. Oggettivamente Kingdom Hearts 3 è uno squisito prodotto a livello tecnico, che fa sue semplicità e eleganza artistica per poi dare alla luce un’opera divertente e dall’aspetto memorabile. La melodiosa costruzione del multiverso che fa da casa alla nostra fedele Gummiship è la prova che la saga è maturata qualitativamente ed è in grado di centrare a pieni voti il traguardo dell’intrattenimento. Dall’altra parte tuttavia riteniamo grossolana la rivisitazione di alcuni dei mondi più adorati del panorama Disney, ora perché non trovano un solido punto di contatto con il titolo, ora perché carenti dal punto di vista contenutistico (specialmente se già propositi in passato). Un sorriso amaro dunque per chi ha aspettato oltre 10 anni un titolo che sembrava non arrivare mai e che ora può ritenersi soddisfatto solo in parte. Siamo consci dell’immenso lavoro perseguito nell’utilizzo dell’ultimo engine e apprezziamo che sia un prodotto tecnicamente poliglotta, ma non ci aspettavamo un post game così piatto. Speriamo in futuri DLC che possano riportare magari contenuti di sostanza come la coppa Olimpo e speriamo con tutto il cuore che, prima o poi, molte linee narrative poco accentuate possano farci sognare come hanno fatto le precedenti. Con il puzzle d’eventi ora più chiaro, ci avviciniamo a risvolti sempre più intriganti, il che fa intendere un’altra valanga di contenuti in arrivo. Speriamo che questa serie possa far emozionare altre generazioni con i suoi deliziosi viaggi onirici e confidiamo nella possibilità che sia fatto tesoro dei pregi e dei difetti di questo capitolo, non farci attendere troppo Nomura!