Rez Infinite: la Recensione di VR Gamer

Rez è un titolo che non ha certo bisogno di presentazioni: nato dalla mente del geniale Tetsuya Mizuguchi, è stato pubblicato nel lontano 2001 in Giappone (arrivò in Europa all’inizio dell’anno successivo) su Dreamcast e PlayStation 2, rappresentando fin da quel momento un punto di rottura pressoché totale all’interno dei generi ai quali era riconducibile, senza riprendere troppi elementi da titoli preesistenti, ma facendo delle sue personali idee, originali e a tratti bizzarre, la chiave del proprio successo. Il peculiare rail shooter con elementi da rhythm game, rimasto pressoché immutato nel corso degli anni, è stato portato anche su Xbox 360 nel 2008, in una versione HD, ed è infine giunto nella sua forma definitiva su PlayStation 4, trovando un fido alleato in PlayStation VR, che ha permesso di rivalutare l’opera di Mizuguchi sotto una luce completamente nuova. Rez Infinite sarà riuscito a meritare il premio di miglior gioco VR appena ricevuto ai Games Awards 2016?


La storia, in questo caso, non è che un pretesto per giustificare il bizzarro aspetto del titolo, ma è comunque interessante approfondirla quel tanto che basta per essere sufficientemente consci di quel che ci troviamo davanti agli occhi. In un imprecisato futuro, gli esseri umani hanno programmato un’intelligenza artificiale che li aiutasse a gestire le risorse del pianeta Terra in seguito al suo eccessivo sovraffollamento. Eden, questo il nome dato alla IA, ha però iniziato lentamente a spegnersi in seguito a non meglio precisati conflitti e paradossi interni, credendosi non capace di portare a termine il compito per il quale era stata progettata. Nei panni di un hacker, il cui alter ego virtuale è un omino formato da poligoni di colore bianco, il giocatore deve infiltrarsi all’interno dei sistemi e dei sottosistemi di Eden, superando le sue difese, per cercare di risvegliarla e farla tornare pienamente operativa. L’idea alla base del titolo sta tutta qui: muovendo il nostro eroe all’interno del cyberspazio che lo circonda, nostro compito è far fuori il più velocemente possibile tutte le strane creature che ci si parano davanti agli occhi, stando attenti alle unità di sicurezza, i cui proiettili, se non distrutti celermente, causano l’immediato game over.

Una componente fortemente iconica e caratterizzante dell’opera di Mizuguchi è la splendida colonna sonora, che include diversi brani elettro dai toni asciutti e freddi.

Fortunatamente, è possibile affrontare quattro dei cinque livelli che compongono l’avventura in modalità viaggio, senza alcun reale pericolo ed essendo quindi impossibilitati a morire. Forse è proprio così che Rez va giocato la prima volta, per potersi calare senza alcun limite in un vero e proprio trip mentale ed ammirare le forme, le luci e i colori del gioco, confrontandosi soltanto in seguito con la maggiore sfida offerta dalla modalità arcade. Già, perché il punto cardine che rende il titolo immediatamente riconoscibile è il suo stile visivo, diventato iconico nel corso degli anni e lontanamente ispirato, nei tratti semplici e nelle linee minimaliste, ad un progetto sperimentale e un po’ fuori di testa, apparso due anni prima di Rez sulla PlayStation originale: Vib Ribbon. Un’altra componente fortemente iconica e caratterizzante è la splendida colonna sonora, che include brani composti da diversi artisti di talento, tra cui il DJ giapponese Ken Ishii e il gruppo ambient-techno Oval, che, con i loro toni asciutti e freddi, rimandano alle sonorità elettroniche e alle sperimentazioni dei gruppi musicali che furono pionieri nel genere, come ad esempio i teutonici Kraftwerk. Gli effetti sonori, tra l’altro, sono dinamici, e si integrano perfettamente con le azioni del giocatore, dando un’impronta ancor più intima e personale ad ogni sessione di gioco.

A volte la telecamera, specie negli scontri contro i boss, può cambiare piano o essere ruotata a piacimento, ma diventa completamente libera soltanto in VR.
A volte la telecamera, specie negli scontri contro i boss, può cambiare piano o essere ruotata a piacimento, ma diventa completamente libera soltanto in VR.

Come diversi altri titoli di lancio di PlayStation VR, Rez Infinite non richiede forzatamente il PlayStation VR per poter essere goduto appieno, ma il visore di Sony è in grado di trasformare completamente il titolo, donandogli una dimensione e una profondità nuove e del tutto inattese. In questo modo, l’idea alla base del gioco riesce a realizzarsi appieno, immergendo completamente il giocatore in un mondo virtuale che, con un minimo di immaginazione, può davvero configurarsi come una realtà alternativa e parallela. Il visore permette di avere un controllo pressoché totale sulla telecamera: è possibile, infatti, muovere la testa per osservare il mondo di gioco a 360 gradi, ed osservare da vicino le forme bizzarre che volteggiano intorno al protagonista. La vera e propria sublimazione di questo concetto è l’Area X, una zona sperimentale, sbloccabile dopo aver giocato almeno un’ora, che libera Rez dai suoi vincoli di sparatutto su binari per consegnare le chiavi del gameplay al giocatore stesso, il quale può muoversi liberamente nell’ambiente, accelerando, decelerando o potendo tornare addirittura indietro, fino al classico boss finale. Questa modalità è giocabile come si preferisce, ma in VR funziona talmente bene che decidere di non affrontarla in questo modo è una vera e propria blasfemia e addirittura un’offesa al concept originale pensato da Mizuguchi-san.

L’Arena X, novità di Rez Infinite, è giocabile come si preferisce, ma in VR funziona talmente bene che decidere di non affrontarla in questo modo è una vera e propria blasfemia.

Anche soltanto guardando Rez Infinite, con i suoi effetti particellari, le esplosioni di colore e la quantità di forme e luci in movimento, il tutto sparato ad una velocità degna della scena sulle moto di Tron e soprattutto del suo remake, molti potrebbero pensare che il titolo sia un disastro se giocato in VR, per quanto riguarda la motion sickness. Noi, in realtà, possiamo dirvi che non è proprio così. Certo, lo stile visivo di Rez è molto particolare, e dopo un’oretta trascorsa indossando il visore la vista comincia ad affaticarsi un po’, obbligando giocoforza a qualche pausa (non a caso, è presente anche un evidentissimo disclaimer prima del menù principale). Ma, considerato il tipo di gioco che ci troviamo davanti, gli sviluppatori hanno fatto un ottimo lavoro nella gestione della telecamera, riuscendo in questo modo a minimizzare il più possibile ogni problema. A ciò va aggiunta la graditissima presenza di due impostazioni differenti per la gestione del movimento, una riservata ai neofiti della VR, l’altra agli utenti un po’ più esperti: è consigliabile iniziare a giocare con la prima, e passare alla seconda soltanto dopo qualche ora, superato lo scoglio iniziale.

Non esageriamo dicendo che l'Area X rappresenta un vero e proprio tocco di genio all'interno del gioco.
Non esageriamo dicendo che l’Area X rappresenta un vero e proprio tocco di genio all’interno del gioco.

Questa edizione definitiva, insomma, rende nuovamente attuale un’idea di gioco che, pur avendo qualche annetto sulle spalle, si fonda su un gameplay invecchiato benissimo. Rez, dunque, torna su PlayStation 4 in forma smagliante grazie ad un lavoro di riadattamento davvero certosino, ma è l’aggiunta del supporto totale a PlayStation VR a donare nuova linfa vitale all’opera che fu di Q Entertainment, ed anzi a realizzarne pienamente il concept originale, tramite un sistema di controllo che si adatta perfettamente alla VR. L’inserimento di una nuova, riuscitissima modalità, Area X, è la ciliegina finale sulla torta, che, dopo ben quindici anni dalla release originale, permette di riscoprire un videogioco capace ancora una volta di innovare e di innovarsi, senza alcuna limitazione dettata dalla realtà virtuale, che anzi, in questo caso, rappresenta il suo più grande punto di forza. Rez Infinite non è forse il miglior titolo per PlayStation VR del 2016 in senso assoluto, ma è sicuramente quello che guadagna maggiormente dall’essere giocato con l’headset di Sony, con il quale sembra di vivere un’esperienza completamente diversa.

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