Durante l’intervista con i ragazzi di Coatsink Software, questi hanno preso una posizione piuttosto netta per quanto riguarda i titoli in VR con visuale in prima persona, sostenendo che bisogna stare attenti e considerare ogni problematica che può insorgere durante lo sviluppo. Evitare il motion sickness è sicuramente il grattacapo che più assilla gli sviluppatori, e che li costringe spesso ad adottare soluzioni drastiche, tagliando elementi del gioco che in VR potrebbero causare problemi. Lavorare ad un titolo in realtà virtuale significa necessariamente considerare una priorità l’eliminazione, o quantomeno l’attenuazione, di questo problema, al quale, certo, non tutti vanno incontro, ma se il gioco stesso fa poco o nulla per aiutare in tal senso, tutto può trasformarsi in un vero e proprio incubo. Questo, senza troppi giri di parole, è quanto successo nella mia prova di Red Bull Air Race: The Game, titolo sviluppato dal team WingRacers, sponsorizzato e pubblicato, appunto, da Red Bull. Si tratta, nel dettaglio, della trasposizione videoludica ufficiale della omonima competizione aeronautica di velocità , nata nel 2003. Giunto allo stand con la prospettiva di un’intervista, purtroppo non ho avuto modo di incontrare un componente del team di sviluppo, bensì una gentilissima PR, che, sebbene disponibile ad aiutarci al meglio delle sue capacità , non è stata purtroppo in grado di rispondere alla maggior parte delle domande, molto tecniche. Presa la decisione di buttare alle ortiche la possibilità di sapere preventivamente qualcosa sul titolo, mi sono lanciato a capofitto nella prova, Oculus Rift in testa e pad in mano. Il titolo è identificabile, sulla carta, come una sorta di simulatore di volo nel quale pilotare aerei bimotore attraverso tracciati prestabiliti, un checkpoint dopo l’altro, in diverse località  sparse per il mondo. All’atto pratico, però, tutto viene completamente stravolto: il gioco diventa un goffo arcade dalla difficoltà praticamente inesistente, e l’unica cosa che si deve fare è combattere furiosamente con la telecamera e cercare di non sentirsi male. Ed ora capirete il perché.
Il più grande problema di Red Bull Air Race: The Game è rappresentato, neanche a dirlo, dalla sua caratteristica chiave: il movimento. Spero fortemente che il titolo fosse impostato sulla difficoltà aeroplanino di carta o qualcosa del genere per consentire ai giornalisti di provare il tutto senza sbagliare mai, perché se è davvero così non ci siamo proprio. In buona sostanza, è quasi sempre l’aereo a decidere dove andare, e il pilota non ha alcun controllo effettivo sul movimento, limitandosi a spostare la visuale per cercare di seguire in maniera quantomeno decente il percorso del velivolo stesso. E, tra giravolte, giri della morte, piroette in sequenza, fare ciò diventa un assoluto inferno dopo neanche trenta secondi. Insomma, mal di testa garantito, come del resto avviene nel 99% dei videogiochi in VR nei quali il controllo del giocatore sulle proprie azioni è praticamente inesistente. E dire che l’idea di base non era neanche male, e lo scopo che il titolo si prefiggeva, quello di simulare l’adrenalina provata nel trovarsi a volteggiare a centinaia di metri di quota, poteva dar vita a qualcosa di divertente e spettacolare, anche per poche ore. Invece ci troviamo di fronte ad un ottovolante impazzito, dove poco o nulla funziona come dovrebbe. Nemmeno cambiare location nella seconda delle mie due gare è servito a qualcosa: i problemi gravissimi che affliggono il sistema di controllo rimangono, ed anche riuscendo miracolosamente a tenere l’aereo un minimo stabile si avverte un persistente senso di nausea. Certo, si potrebbe obiettare che il tutto sia dovuto alla mia esperienza soggettiva, e che altre persone potrebbero non essere afflitte dai miei stessi problemi. Verissimo, ma, onestamente parlando, dato che il titolo fa così poco per evitare di farvi assumere un diffuso colorito verde, non si può non bocciarlo sotto questo aspetto.
Anche l’eccessiva velocità rappresenta un’altra debolezza: invece di provare l’ebbrezza di volare a centinaia di chilometri orari, ci si ritrova a guidare (beh, guidare è un parolone, in realtà ) un aereo che sembra una scheggia impazzita e che effettua curve in maniera troppo repentina, dando la sensazione di lasciarsi alle spalle più di una legge fisica durante il suo pirotecnico itinerario. Un ritmo più lento avrebbe forse risolto gran parte dei problemi del titolo, che, per quanto estremamente guidato, a quel punto sarebbe stato certamente più godibile, pur non presentando chissà quale difficoltà . Perlomeno, una cosa positiva l’ho trovata, ed è rappresentata dalla realizzazione tecnica, sulla quale si possono fare davvero poche obiezioni: gli ambienti sono decisamente ben realizzati e sufficientemente dettagliati, e riescono a restituire un senso di realismo più che buono. D’altro canto, però, l’estremo grado di immersione conferito dal buon livello tecnico non fa altro che enfatizzare ulteriormente i problemi di motion sickness. Se queste sono le premesse, devo dirlo, non ci siamo proprio. Speriamo che il tempo che ancora separa Red Bull Air Race: The Game dal lancio possa aiutare il team di sviluppo a risolvere parte dei problemi che lo affliggono, e ci auguriamo davvero che possano riuscirci. Una cosa importantissima va però sottolineata assolutamente: anche Red Bull ha deciso di investire nella sempre più crescente onda della VR, con un prodotto che, sicuramente, al momento, ci ha convinto davvero poco ludicamente parlando, e rappresenta l’esempio perfetto di come non andrebbe sviluppato un titolo in VR dal punto di vista tecnico, ma che, sotto un diverso punto di vista, non può che far piacere a tutti: la realtà virtuale offre opportunità a tutti quelli che la sanno cogliere. C’è chi dai primi tentativi già ne esce a testa alta, e chi, invece, deve lavorarci di più, ma lasciatecelo la costante rimane la stessa: la VR non è più il futuro, è oggi.