Star Trek Bridge Crew: l’hands-on di VR Gamer dalla Gamescom di Colonia


Quello di Star Trek è un franchise praticamente sconfinato, con un universo vastissimo e decine e decine di personaggi ormai diventati vere e proprie icone del cinema di fantascienza. Un classico, insomma, che nel corso del tempo è riuscito ad esplorare con successo diversi medium anche piuttosto diversi tra loro, e ad essere secondo probabilmente soltanto a Star Wars per quanto riguarda la diffusione del brand nell’immaginario collettivo. L’idea di produrre una serie televisiva con protagonisti uomini del futuro alla guida di navi spaziali venne a Gene Roddenberry nel lontano 1966, e fu così che ebbe inizio una delle saghe fantascientifiche più famose al mondo. La serie si concluse dopo tre anni e 79 episodi, se si esclude uno spin-off a cartoni animati nel 1973/74, e le vicende di Star Trek si trasferirono anche sul grande schermo: dal 1979 al 2016 sono stati infatti prodotti ben tredici film che hanno espanso a dismisura la sua già sconfinata mitologia. Sono stati poi prodotti decine e decine di videogiochi ispirati alla saga intergalattica, anche se con alti e bassi, ma, in linea di massima, sempre con un discreto richiamo. Proprio come il cugino nato dalla mente di George Lucas, anche Star Trek è un franchise che ben si presta alla realizzazione di opere interattive, data l’enorme mole di contenuti realizzati negli anni e la forte componente fantascientifica, per certi aspetti quasi mitologica. Il sogno di decine e decine di appassionati è sempre stato quello di poter seguire da vicino le vicende dei capitani Kirk e Picard, del signor Spock, e via via di tutti gli altri personaggi. Di questo fatto gli addetti ai lavori sono sempre stati consapevoli. La vena creativa degli sviluppatori si è andata però esaurendo negli anni, tanto che i titoli ispirati a Star Trek che più si ricordano con piacere appartengono ormai ad un’epoca passata nella storia dei videogiochi. L’avvento della VR, si, proprio del nostro amato medium, che sembra destinato a scombinare un po’ dappertutto le carte in tavola, potrebbe davvero cambiare qualcosa e regalare ai videogiochi startrekkiani nuova, inaspettata linfa vitale. Almeno, questo è quel che speriamo tutti. Finalmente, infatti, qualcuno tra i nomi importanti dell’industria è sceso in campo.


Dite la verità, non vi fa nessun effetto questa scena?
Dite la verità, veramente non vi fa nessun effetto questa scena?

Ubisoft è un publisher che fino ad oggi non aveva ancora portato nel mondo della VR un progetto importante (ad esclusione di Eagle Flight), con la determinazione e la prepotenza concessi dai propri mezzi finanziari, ben superiori rispetto alla media delle software house fino ad ora al lavoro sulla realtà virtuale. Il colosso francese, come del resto molti tra gli autori dei più noti titoli tripla A in uscita ogni anno, ha preferito per diverso tempo mantenere un atteggiamento attendista, aspettando l’occasione buona per inserirsi nel modo e con i tempi giusti nel settore. L’occasione, di quelle ghiottissime, è arrivata proprio da Star Trek, per lunghissime decadi accostato ad un’idea più tradizionale di videogioco ed ora, per la prima volta in asssoluto, associato alla VR. Lo scorso giugno, infatti, è stato svelato al mondo Star Trek: Bridge Crew, titolo che raccoglie l’eredità di un franchise immenso, durato interi decenni, per condurla nell’angusto spazio tra i nostri occhi e le lenti di un HTC Vive, di un Oculus Rift o di un PlayStation VR. Accompagnato dal buon Alessandro Sion Senes nella preziosa veste di anchorman, mi sono recato allo stand Ubisoft per provare uno dei videogiochi in VR che più attendevo nell’intera fiera. Le mie aspettative, da buon conoscitore della serie (ammetto però candidamente che esistono esperti ben più esperti di me), erano piuttosto alte. Il rischio di provare qualcosa di poco convincente, però, era elevato, per diversi motivi: il primo? Il timore che il publisher francese avesse deciso di snobbare la VR realizzando un prodotto qualitativamente non all’altezza. Invece, almeno stando a quel che sono riuscito a percepire dalla mia prova, da questo punto di vista ci siamo, eccome. Star Trek Bridge Crew è uno dei primi titoli in VR ad avere un budget veramente elevato, e si vede. Soprattutto per quanto riguarda il lato tecnico. Ma ci arriveremo in seguito. Introdotti in una piccola saletta dell’enorme business stand di Ubisoft e fatti i dovuti convenevoli, mi sono preparato a provare il titolo. Bridge Crew porta nella VR quello che è forse l’aspetto di Star Trek più adatto ad una iterazione virtuale: la cooperazione tra i vari membri dell’equipaggio della nave in plancia di comando. Non ero da solo a giocare, con me c’erano infatti altre tre persone: il membro del team di sviluppo incaricato di spiegarci il gioco vestiva il ruolo del capitano, mentre due colleghi, giornalisti tedeschi di altre testate ma presenti alla prova insieme a noi, in quanto esperienza di gruppo, hanno ricoperto altre mansioni diverse dalla mia, quelle di timoniere ed ufficiale tattico. A me, invece, è toccato calarmi nel ruolo dell’ingegnere.

Purtroppo non potevamo fare foto al maxi schermo davanti a noi, ma l’esperienza di collaborazione è stata ulteriormente, e simpaticamente, amplificata anche grazie alla disposizione delle piattaforme di gioco, che richiamavano le stesse posizioni all’interno della nave spaziale.

Indossato l’Oculus Rift di turno ed avviata la demo, non ho potuto fare a meno di sgranare gli occhi, e qualcuno mi scuserà se ne parlo come prima cosa invece di lasciare le mie impressioni sul lato tecnico alla fine. Per iniziare, ognuno di noi ha compiuto a mo’ di caricamento una sorta di fly-by esterno della nave di cui poi avremmo preso i comandi. La ricostruzione tecnica del tutto è di enorme impatto, con una mole poligonale notevole per un titolo in VR. Ogni oggetto è interamente tridimensionale, ed è possibile osservarlo da diversi punti di vista. Più volte, essendo la mia postazione in plancia di comando un legermente defilata dalle altre, mi sono trovato ad allungare il collo per vedere meglio cosa stava succedendo all’esterno della nave. Sembra un elemento sciocco e superfluo, ma vi posso garantire che questo semplice gesto, da solo, aumenta parecchio l’immersività nel titolo. E non è poco. Ovviamente, anche i modelli poligonali dei giocatori sono tridimensionali e con le braccia controllate mediante i due Oulus Touch. Ognuno può vedere, in gioco, i movimenti che gli altri compiono, e la precisione del body tracking mi ha veramente stupito. Sul momento, i due piccoli motion controller mi sono addirittura sembrati al livello di quelli di HTC Vive, ma su questo aspetto saranno necessarie prove più approfondite. Il lavoro artistico fatto sull’interno della nave, la U.S.S. Aegis, è quasi maniacale, e tutto è esattamente dove i fan ricordano. Vero, non si tratta della celeberrima Enterprise, ma l’impatto devastante che il titolo è in grado di offrire fa dimenticare questa mancanza in pochissimo tempo. Un fan-service notevole, ma del resto l’intero titolo ne è pieno in ogni suo aspetto. Ma torniamo a parlare della cooperazione tra i giocatori. Lasciatemelo dire: è un qualcosa di meravigliosamente naturale, e funziona benissimo. Dopo neanche cinque minuti vi troverete a portare uno dei due controller alla testa, per fare un cenno di complicità al capitano che vi sta ordinando qualcosa. E questa non è mancanza di rispetto per il vostro superiore, anzi! La missione che abbiamo svolto richiedeva il completamento di vari obiettivi: un salto nell’iperspazio, deflettere un asteroide, combattere contro una nave nemica. Coordinarsi perfettamente è essenziale per la buona riuscita della missione, e il senso di responsabilità che il gioco riesce a instillare nel giocatore è molto forte. Come ingegnere, le mie mansioni erano quelle di dare più potenza al motore, alzare gli scudi ed altri compiti piuttosto tecnici, ogni volta che il capitano me lo richiedeva, e più volte ho sudato freddo temendo di non aver fatto qualcosa correttamente o nel giusto arco di tempo. La demo, a dire il vero, non è durata tantissimo, anche perché purtroppo, per mancanza di tempo, non abbiamo potuto provarne una parte, ma del resto quanto fatto era importante forse più a livello concettuale che effettivamente visivo. Star Trek Bridge Crew sarà disponibile nel corso di questo autunno, e se la varietà delle situazioni e soprattutto se la vastità del mondo di gioco rispecchieranno effettivamente la scala promessa da Ubisoft, ma soprattutto se il sistema di missioni procedurali, le ongoing missions, saprà regalargli una buona longevità… beh, allora potremmo davvero ritrovarci di fronte al primo, vero gioiellino sviluppato in VR.

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