Radial-G: la VR che funge da antidolorifico

Abbiamo sentito spesso la retorica portata avanti da scettici e malfidati in materia: X ti rimbambisce il cervello! Queste parole, che immagino avrete udito più o meno tutti nella vostra vita, sono state pronunciate per quasi ogni media nato e cresciuto nel corso dei decenni. Che sia una canzone o un videogioco, non è infatti il tipo di intrattenimento a causare effetti negativi sulla persona, ma è il soggetto stesso a farlo, tramite un utilizzo esagerato e non appropriato. Eppure è proprio sulla VR che vedremo quei discorsi prendere vita nella forma più violenta possibile. Non perchè la realtà virtuale in sé porta gli utenti a diventare degli zombie, ma per il semplice fatto che il visore estranea in maniera assoluta e diretta il consumatore, portando spesso a discussioni accese sugli effetti psicologici che una cosa simile può causare. In questo caso, però, uno studio pubblicato nella prestigiosa Royal Society ha portato la realtà virtuale su un piedistallo piuttosto sicuro, nonostante le critiche che già sono partite da pessimisti e dubbiosi.

Sarah Jonhnson e Matthew Coxon hanno utilizzato Radial-G per testare le possibili finalità della VR, ottenendo risultati sorprendenti ed incoraggianti.
Sarah Jonhnson e Matthew Coxon hanno utilizzato Radial-G per testare le possibili finalità della VR, ottenendo risultati sorprendenti ed incoraggianti.

Il saggio in sé è piuttosto lungo e vi consigliamo, in caso di una lettura dettagliata, di di prendere visione del testo per intero, assimilandone così anche le più piccole sfaccettature che hanno portato gli esperimenti all’esito sperato. Compreso ciò, vi riportiamo quella che consideriamo la parte più peculiare del trattato:

La tecnologia fornita dalla realtà virtuale offre dei mezzi non-farmacologici efficaci per ridurre dolori acuti e traumatici dovuti ad incidenti. Questa tecnica richiede tipicamente dei partecipanti volenterosi di provare un ambiente virtuale, attraverso la combinazione di periferiche computerizzate. Queste possono essere un visore, cuffie che possono produrre del suono e/o riduzione del suono e dispositivi come il controller. I partecipanti utilizzano la tecnologia loro fornita per immergersi in un’esperienza VR, spesso un gioco interattivo, nel mentre vengono esposti a qualche forma di dolore. Questi sistemi si sono rivelati efficaci nel minimizzare la percezione del dolore in una gamma di contesti clinici includendo: cura di vittime di ustioni, cura pediatrica legata al cancro e dolore dentale. Questi sistemi hanno palesato la loro validità anche nei test di laboratorio con adulti in perfetta salute. In ogni caso, la relativa efficacia del progetto dipende dalla qualità tecnologica disposta per il sistema.

Nonostante gli studi assolutamente positivi e promettenti sulla VR, che vanno a moltiplicarsi quotidianamente, bisogna comunque tenere presenti tutte quelle persone che considerano a priori dannoso l’utilizzo di questa tecnologia; non a caso il videogioco viene attaccato tutt’ora per il solo fatto che s’interagisce direttamente negli atti violenti compiuti all’interno di un’esperienza interattiva. Se le opere multimediali interattive non sono ancora riuscite a cancellare definitivamente questa nomea, pensate che la realtà virtuale ce la farà, nonostante uno stigma che si è già capito essere più forte rispetto alle altre forme di intrattenimento?